Il Congo vanta una delle foreste pluviali più estese al mondo. E’ qui che vivono i gorilla: non quelli di montagna, col pelo lungo e folto (loro li trovi in Uganda), ma quelli di pianura, bestioni con il pelo corto e la caratteristica ‘testa rossa’. Come i loro cugini di montagna, anch’essi appartengono a una specie in pericolo: quanto e perché l’ho scoperto durante la mia visita a un ‘sanctuary’, un centro di recupero per gorilla orfani e malati.
Il santuario si trova a Lesio–Louna, una riserva all’interno del parco di Lefini, situato ai margini della foresta pluviale, circa 150 km a nord di Brazzaville. Come ci spiega la guida, sono numerosi i fattori che minacciano la sopravvivenza dei gorilla: in primis, sono molto più vulnerabili dell’uomo al virus ebola che – dagli anni ’90 ad oggi – pare abbia sterminato circa un terzo dei primati esistenti; qui in Congo Brazzaville l’ultima epidemia veramente grave risale al 2004.
Altra grande minaccia è l’uomo (toh!): sul mercato africano un cucciolo di gorilla può valere anche decine di migliaia di dollari, una cifra importante ovunque, ma qui in modo particolare. Inoltre, molto più banalmente, i gorilla vengono cacciati per la loro carne, che sfama i numerosi villaggi adiacenti alla foresta e, non da ultimo, per fabbricare feticci. La zampa del gorilla, così come le sue ossa, è infatti simbolo di forza e, in un paese come il Congo, dove la stregoneria è ancora molto presente, omaggiare qualcuno con un oggetto ‘carico’ della potenza del gorilla è di buon auspicio.
Infine, anche la natura ci mette del suo: i gorilla non raggiungono la maturità sessuale fino ai 10 anni e partoriscono un solo piccolo alla volta, con pause di circa 5 anni tra uno e l’altro. Capite dunque quanto sia complessa la conservazione della specie!
Il santuario di Lesio–Louna
La prima tappa della nostra visita è l’orfanotrofio: qui incontriamo i cuccioli di gorilla abbandonati che, una volta raccolti, vengono nutriti (anche con tanto di biberon!), vaccinati contro una serie di malattie tra cui tetano, epatite e tubercolosi e reintrodotti gradualmente nella foresta. Questi due cuccioli hanno 3 e 5 anni: è stato fantastico vederli giocare, osservare come il più piccolo si batteva istintivamente i pugni sul petto per cercare di incutere timore al maggiore!
La seconda tappa è la nursery, dove troviamo esemplari adulti malati: questo qui sotto è un maschio di circa trent’anni, pesa più o meno 200 kg ed è qui perchè una meningite contratta da piccolo gli ha deformato la mascella, causandogli notevoli problemi alla masticazione. I ranger l’hanno chiamato Cid: è un po’ la mascotte del parco e non rientrerà più in foresta; date le sue condizioni, non riuscirebbe infatti a sopravvivere allo stato brado e verrebbe immediatamente sopraffatto dagli altri maschi.
Mi fa tenerezza ripensare al povero Cid: condannato a una condizione di solitudine perenne, aveva adottato, o per lo meno così mi sembrava, gli stessi atteggiamenti di un umano altrettanto solo e timoroso del mondo. Ci osserva con una calma tristezza negli occhi, stringe le braccia intorno al proprio petto quasi a regalarsi un abbraccio e, dopo avere soddisfatto il primario bisogno di cibo, si sistema quieto accanto al fiume, ad aspettare – forse – la prossima barchetta. Per lui, l’unico contatto con altri esseri viventi.
Fa qualcosa il governo per proteggere i gorilla? – chiediamo alla guida. Ci risponde che un tentativo di sensibilizzazione c’è stato, soprattutto negli ultimi anni, ma il problema di fondo rimane: il Congo è un paese povero, spesso la gente caccia perché ha fame e, in questi casi, non ci sono valori ambientalistici che tengano. Come risolvere allora il problema? Offrendo lavoro: come ammette candidamente il nostro interlocutore, egli stesso prima di diventare ranger era un accanito cacciatore. “Però – conclude con una smorfia – di lavoro per tutti non ce n’è”. Per far sopravvivere realtà come quella di Lesio-Louna, ci si affida dunque alle donazioni e ai contributi provenienti dai visitatori del centro di recupero, con la speranza che non sopravvengano nuovamente disastri come la guerra civile del ’97 a sconvolgere ancora il Congo.
Se il progetto di recupero stia effettivamente funzionando io non lo so, ma vi dico questo: il giorno successivo alla nostra visita al santuario, siamo scesi sul fiume Louna, che passa proprio nel cuore della riserva. Gli ippopotami fortunatamente non hanno ribaltato la nostra barchetta, e così abbiamo potuto raggiungere la meta designata per fare un piccolo trekking. Dall’alto del monte Abio, abbiamo ammirato l’immensità della foresta pluviale e ascoltato i rumori della giungla, urla dei gorilla comprese. Quindi sì, di esemplari ce ne sono; se ne stanno nascosti nel folto della foresta, nelle zone più impenetrabili ed è forse anche per questo motivo che, oggi, è impossibile determinarne il numero esatto. Ma ci sono, ed è questo che conta.
Se ti è piaciuto questo articolo, allora leggi anche questo: sempre in Congo, ti porto a vedere gli scimpanzè!
che tenerezza i gorilla… 🙂
🙂
Questo articolo è davvero super interessante. Non conoscevo quasi nulla di questa specie e hai ragione, quel gorilla adulto ha uno sguardo davvero umano… grazie davvero per aver condiviso con noi questa realtà!
Un abbraccio
Vivere qui ti mette a contatto con realtà che non ti aspetti… almeno qualche lato positivo c’è! 🙂
Grazie a te per essere passata!
I gorilla hanno gli occhi tristi e fanno una tenerezza incredibile…stupendo questo post hai trasmesso un’emozione molto forte e speriamo che in qualche modo ci sia sempre più sensibilizzazione sulla protezione di questi grandi cuccioloni 😉
Ma grazie cara! Il problema è qui talvolta ci si deve ancora sensibilizzare nei confronti delle persone, figuriamoci verso gli animali… Ma qualche passo avanti si sta facendo, mettiamola così!
Sai che uno dei romanzi che più mi è piaciuto è Congo, di Michael Crichton? In copertina ha il faccione di un gorilla e da lì ho sempre sognato di vederli dal vivo nel loro habitat…
Inutile dire che mi sono commossa a leggere? io non posso farci nulla: con gli animali sono tremenda!!
E per l’ “uomo” non ho parole… come sempre!!
ps. bella la nuova veste del blog!
Grazie Eli! cavolo io non l’ho mai letto Congo.. ho solo letto Cuore di Tenebra ma proprio non mi è piaciuto (sarà perchè era uno dei libri di un tostissimo esame di letteratura inglese? mmmh..). Mi raccomando, convincilo sto moroso! ma magari cominciate dal Sudafrica che come primo approccio (anche per strutture etc.) è più easy. Ti dirò poi del Botswana! 🙂
Bell’articolo e soprattutto utile. Quando la smetteremo di maltrattare ogni specie vivente?!
Bella domanda. Purtroppo qui l’attenzione riservata agli animali/natura è ben poca…
Wow Cristina, che articolo interessante..e che foto meravigliose!!
Grazie Antonella! 🙂 Ho anche dei video carini, ma devo ancora imparare a caricarli heheh
Da piccola scrissi un racconto ambientato in Congo – non so perché ma questo paese mi è sempre stato in testa – che parlava di una bambina allevata dai gorilla, una sorta di Tarzan al femminile, e con questo tuo post me lo hai fatto ricordare..
Bellissimo il tuo racconto: spero che i gorilla abbiamo un futuro migliore.
Ma dai, che carina! Io invece da piccola scrivevo dei gialli, e attaccavo sulla copertina del quaderno un foglio -appunto- colorato di giallo (per non lasciare nessun dubbio al lettore)! 😀
In quanto ai gorilla… lo spero anch’io!
L’ha ribloggato su ViaggioSlow.