Rumba & Soul: la musica in Congo (e il mio primo lavoro in Africa)

Danze africane, olio su tela - Artista locale
Il Congo è la culla della black music. Vi racconto le sue origini e... di quella volta che sono finita in TV

Che non guido lo sapete. Per questo, per andare al lavoro, mi muovo in taxi (1 corsa costa quanto 1 biglietto della metro di Milano). A parte qualche tamarro che ti spara un rapper incazzato, nella stragrande maggioranza dei casi, quando sali in taxi ti butti dentro una specie di balera, dove la musica è sempre quella: la rumba è parte integrante della vita in Congo. Proprio il taxi che mi ha portata a casa mi ha dato lo spunto per questo post: vi parlerò un po’ di ritmi africani… e del mio primo lavoro qui in Congo, che con la musica ha avuto molto a che fare.

Scommetto che, quando ho detto rumba, vi è venuto in mente un ballo lento. Ecco, no! La rumba africana – a differenza di quella latina – può essere invece molto animata e dare vita a un ballo frenetico che coinvolge tutti i muscoli del corpo, a partire… dall’ombelico!
Non a caso, infatti, una delle possibili origini del nome “rumba” pare essere proprio nkoumba (ombelico in lingua bantù). La nkoumba è nata secoli fa, in quello che allora si chiamava Regno del Congo e comprendeva RDC, Congo Brazzaville e Angola. Con la tratta degli schiavi, la nkoumba è sbarcata a Cuba, dove, per sopprimerne il carattere africano, i colonizzatori spagnoli l’hanno rinominata ‘rumba’. Per centinaia di anni la rumba è stata forse l’unico mezzo di espressione artistica e sociale degli schiavi africani d’oltreoceano e quando, a metà del ‘900, quelle melodie tornano in Africa, sono ancora molte le parole bantù riconoscibili.
La rumba si riappropria in poco tempo della sua identità africana: i testi vengono tradotti e il ritmo accentuato, grazie all’introduzione della batteria e della tromba. Oggi, qui in Congo, oltre ad essere il ‘genere’ nazionale, la rumba è un gran motivo di orgoglio perchè è in essa che si rintracciano le origini della black music più famosa: il jazz e il soul.

Proprio il soul è stato protagonista della mia prima esperienza lavorativa qui in Africa. Lo scorso novembre ho avuto l’occasione di partecipare come interprete inglese/francese a un evento dedicato appunto alla musica soul, in occasione del 40esimo anniversario di Zaire74.  Nel 1974 era stato organizzato nell’allora Zaire – oggi RDC -, il più grande concerto che l’Africa ricordi (una sorta di black Woodstock, se proprio vogliamo trovare un parallelo).
Il concerto, che ha preceduto il Rumble in the jungle, lo storico incontro di boxe tra Muhammad Alì e George Foreman, ha visto la partecipazione di icone della black music quali Miriam Makeba (quella del pata-pata), BB King, Celia Cruz e James Brown. Leader della band di James Brown era il trombonista Fred Wesley, tutt’oggi super attivo, nonostante la sua bella età, ed è proprio di questa leggenda della musica che sono stata l’interprete.


L’esibizione di James Brown nel 1974

Ero arrivata in Congo da pochi mesi. Il mio francese era ancora piuttosto arrugginito dato che non lo parlavo da anni e, per giunta, di soul non so praticamente nulla: non è esattamente il mio genere. Non so se accettare l’incarico ma mi butto: sicuramente sarà un’esperienza interessante e poi mi dicono che l’atmosfera è molto easy. Della serie vai trà che tutto andrà bene.
Come no.
Il primo giorno, la cosa ‘molto easy’ era una conferenza stampa con una cinquantina di persone e due telecamere. E io seduta davanti a tutti a fare un approssimativo chuchotage e poi a tradurre al microfono quello che Wesley diceva. No, ma easy eh. Easyssimo. Credo sia già qualcosa il non essere fuggita via in lacrime urlando ‘non ce la posso fare’.
A casa raggiungo una certa fama: vengo accolta dal guardiano con le parole “Madame, je t’ai vu à la télé!!!” e realizzo con orrore di essere stata trasmessa in Congo-visione. Mio marito rincara la dose dicendo che solo due italiani sono riusciti a finire sulla TV locale: io e l’AD dell’ENI. Che culo, insomma.  E no, il video non c’è. Non l’ho mai visto nemmeno io, per fortuna.

vita in congo Fred Wesley, in Pointe Noire
Fred Wesley a Pointe Noire, Congo Brazzaville

Sempre in occasione di questo festival, sono venuta a contatto per la prima volta con la gente del posto. Una sera abbiamo portato Wesley e la band a un’esibizione della fanfara di Pointe Noire. Siamo andati nella Citè, una parte della città in cui mi spingo raramente: eravamo ancora in macchina ma già si udivano i suoni acuti degli ottoni e le grida dei bambini che, appena scesi, ci hanno accolti festosi. Come ho già detto qui, pare che i piccoli abbiano il ritmo nel sangue, riescono a ballare senza il bisogno della musica, a volte.
Ma qui la musica c’era e dunque si sono scatenati fino a che non abbiamo preso posto tra il pubblico. Quattro bambine si sono sedute intorno a me e hanno cominciato a intrecciarmi i capelli, per loro così chiari e fini. Mi spiace non avere una foto di quella serata: mi avevano detto che la gente locale non ama essere fotografata (e infatti è così), ma in quella sera di allegria, se avessi avuto la macchina, probabilmente nessuno l’avrebbe presa a male.


Una recente esibizione di Fred Wesley con la sua band The New JBs

Oltre ai bambini, questo evento mi ha lasciato il ricordo di un’altra persona. Durante la proiezione di un documentario sul concerto del ’74, ero seduta accanto a un signore che a quel concerto c’era stato (una leggenda già così, insomma). Il video era in inglese, con i sottotitoli in francese: il mio vicino, evidentemente, non sapeva leggere bene. Cercava di stare al passo con le schermate, mormorando ogni parola a fior di labbra, ma non riusciva mai ad arrivare al fondo di quelle due righe: scorrevano troppo in fretta per lui. Eppure, non credo gli importasse più di tanto: sapeva rievocare la line-up meglio di chiunque altro, quella sera.
Ogni tanto, quando sullo schermo apparivano determinati cantanti, interrompeva la faticosa lettura per bisbigliare “Il/Elle est déjà mort(e)”. Aveva gli occhi lucidi, forse perché emozionato nel ricordare quella sera di tanti anni fa, o perché era stato testimone di un’Africa se non migliore, almeno diversa da quella odierna. Forse pensava alla sua vita, a quante ne aveva passate – sicuramente ha vissuto la guerra civile degli anni ’90 – e al fatto che lui è ancora qui, quei cantanti no. O forse gli davano solo fastidio le luci e sono io che, come al solito, penso troppo.


L’esibizione di BB King nel 1974

A fine settimana ero stremata. Uno stress psicologico non da poco, ma tante avventure vissute e un primo, vero, contatto con il Congo. Mio marito è venuto ad assistere allo spettacolo di chiusura e così gli ho presentato Mr. Wesley. Al momento degli addii, Fred gli ha detto, con il suo forte accento americano: “Take care of her, cause she’s goooood!”.

E’ uno dei ricordi più belli che ho, non solo dell’evento, ma del mio soggiorno qui fino ad oggi.

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10 Comments

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  1. Ti dico che mi sono emozionata tantissimo a leggere??
    Che bella questa cosa, una di quelle esperienze che non dimenticherai mai!!
    Sarà deformazione “professionale” da ballerina ma io, guardando il video e senza avere l’audio, avevo voglia di ballare insieme a loro.. voglio venire a trovarti sai? In un Paese dove i bambini ballano senza bisogno di musica voglio esserci!!

    1. says: Cris

      Eh sì, avresti ballato con loro, sicuramente!! 😀 Io invece, da brava appassionata di 60s/70s non mi dimenticherò mai il signore seduto vicino a me, che era stato al concerto… un misto di gioia e malinconia quell’uomo…

  2. says: Stefano

    Wow che esperienza, davvero invidiabile (almeno, per noi che leggiamo, per te che ti sei trovata nel bel mezzo di una conferenza stampa, forse no!).
    Bè, puoi ritenerti al livello dell’AD di Eni, o meglio, se l’AD dell’Eni era Scarioni, sei stata di gran lunga la migliore italiana sull tv del Congo!

  3. says: La Folle

    Mamma mia che ansia la serata davanti a quelle persone, che è pure finita in Tv O_O mi pare di aver capito però che non hai fatto una figura così pessima, no? 🙂
    In ogni caso non so nulla dell’Africa e della sua musica, ho divorato questo post.

    1. says: Cris

      Ansissimaaaaa infatti!!! Diciamo che, alla fine, è andata: poteva riuscire peggio!
      Sono contenta che il post ti sia piaciuto! 🙂

  4. says: giuliacalli

    Mi è piaciuto moltissimo questo post, che magnifica esperienza!
    Alla fine, quando descrivi il signore che a fianco a te leggeva i sottotitoli mentre vedeva il video, mi sono venuti i brividi.

    1. says: Cris

      Grazie! …anche a me ha fatto un certo effetto mettere su ‘carta’ quella sera. Cose che non si dimenticano 🙂

  5. says: giuliamay

    Avrei accompagnato volentieri le tue parole con la musica della rumba. Purtroppo sono in ufficio e ho rubato qualche minuto per la lettura del tuo post, quindi non posso accendere le casse come capirai!! Ma ho iniziato a leggere e non mi sono più fermata, che bella esperienza deve essere stata! Grazie per averla condivisa!
    A presto
    Giulia

    1. says: Cris

      Ciao Giulia, grazie a te! Sì è stata una bellissima esperienza: non sarò certo stata perfetta ma sono contenta di essermi buttata, quando mi ricapita? Buon ascolto a casa allora (dai che è venerdì!!!!!!) 🙂