Un inverno a Capri: Neruda e la sua regina di roccia

Versi tratti da 'Cabellera de Capri', Pablo Neruda
"Vi sbarcai in inverno. La veste di zaffiro l'isola custodiva ai suoi piedi, e nuda sorgeva nel suo vapore di cattedrale marina" - Cabellera de Capri, Pablo Neruda

Uomo dalla sensibilità straordinaria, Pablo Neruda era, seppur con il suo Cile sempre nel cuore, un viaggiatore instancabile. Complici i suoi incarichi diplomatici, dalla Birmania alla Spagna, dal Perù a Parigi, il Poeta ha dipinto con passione estrema tutto ciò che lo circondava: un profumo, una donna, il mare in tempesta, un ideale politico, una stella o un carciofo – l’ortaggio “dal tenero cuore [che] si vestì da guerriero”.

E’ passato anche a Capri, Neruda. Espulso dal nostro Paese per il suo ruolo di militante comunista, annullato momentaneamente solo grazie all’intervento di un gruppo di intellettuali e amici, Neruda troverà asilo proprio nella più bella delle isole partenopee. Ad offrigli ospitalità è Edwin Cerio, noto scrittore e naturalista caprese, che gli mette a disposizione il villino di un cugino, la Casa di Arturo. E quella casetta è oggi ancora lì, in via Tragara, lungo la bellissima passeggiata che porta all’omonima Punta, da cui si gode un sublime panorama sui Faraglioni.

Neruda a Capri
Neruda a Capri, 1952 (Archivio Claretta Cerio)

 

 

Capri ha indubbiamente segnato la poetica nerudiana, ma l’isola che ne emerge non è quella macchiata dal turismo di massa; non c’è traccia del passaggio di Neruda nella Piazzetta, nella Grotta Azzurra, nella villa di Tiberio o in quella di Munte. No, non sono i luoghi più turistici quelli che hanno indissolubilmente legato il Poeta a Capri. Quello cantato è l’aspetto meno celebrato dell’isola, il vento sferzante, il mare in tempesta che sbatte sulle rocce che, forse, ricorda un po’ quello cileno. Neruda racconta dei filari di viti, dei boschetti di pini, delle ginestre, dei fiori che nascono tra le fenditure delle rocce.

La vigna sulla roccia, le fenditure del muschio
I muri che avviluppano
I rampicanti, i plinti di fiore e di pietra:
l’isola è la cetra che fu collocata sull’altura sonora

Descrizione di Capri, Amores: Matilde

Amava i ritmi lenti di Anacapri, il Poeta. Penso alla sua vita qui sull’isola, insieme a Matilde, ultimo – e più grande – dei suoi amori. Neruda che dà una festa e, Olivito, la domestica Amelia ‘grigia e piccola come un oliva’, che getta via per errore un suo poema. Neruda che lo va a cercare alla discarica pubblica (senza trovarlo).
Neruda che, ebbro di vino e di gioia torna alla casetta d’Arturo a notte fonda insieme a Matilde, nel gelido inverno dell’isola. La chiave che non si trova da nessuna parte. L’allegra ricerca di un albergo, anche se sono pochissimi quelli aperti in questa stagione. La chiave che rispunta il giorno dopo nella tasca del cappotto. Neruda che sceglie Capri per chiedere alla luna, musa ispiratrice di ogni poeta, di unirlo in matrimonio alla sua amata. Matilde che, per l’occasione, si fa cucire da una sartina del luogo un vestito verde a righe nere, illuminato da fili dorati.

Ricordi, amor mio,
i nostri primi passi nell’isola?
Le pietre grige ci riconobbero,
le raffiche della pioggia,
le grida del vento nell’ ombra.
[…]
O dolce, dolce mia,
mutò la primavera
i muri dell’isola.
Apparve un fiore come una goccia
di sangue color d’arancia,
poi i colori scaricarono
tutto il loro peso puro.
Il mare riconquistò la sua trasparenza,
la notte su nel cielo
mise in mostra i suoi grappoli,
e ormai tutte le cose sussurrarono
il nostro nome d’amore; pietra a pietra
dissero il nostro nome e il nostro bacio.
L’isola di pietra e di muschio
risuonò nel segreto delle sue grotte
come nella tua bocca il canto,
e il fiore che nasceva
tra gli interstizi della pietra
con la sua sillaba segreta
disse mentre passavi il tuo nome
di pianta bruciante,
e la scoscesa roccia innalzata
come il muro del mondo
riconobbe il mio canto.

Epitalamio, Los Versos del Capitan

Neruda, quell’ospite fuori stagione che, grazie alla sua natura amichevole e gioviale, stringe subito un ottimo rapporto con gli isolani. Il Commendatore, lo chiamavano. La sua figura massiccia una presenza che, in poco tempo, diviene riconosciuta e amata in quel di Capri.

E naturalmente Neruda che scrive, scrive, scrive. Dove capitava, con penne colorate, con il prediletto fucsia, col verde, l’azzurro. Nella Casa di Arturo, il Poeta vivrà sei mesi intensi per la sua produzione poetica e per la sua vita privata. E’ nel 1952 che vengono gettati i semi di due delle sue opere maggiori: Las Uvas e il Viento, con una bella sezione dedicata all’Italia e, soprattutto Los Versos del Capitan, scritto per Matilde.

Neruda ha il dono di rendere nei suoi poemi tutta la bellezza intrinseca dell’isola, quella che il viaggiatore odierno tante volte non coglie, perché accecato dal turismo mordi e fuggi, dai pregiudizi che collegano Capri al lusso, alla mondanità, allo shopping, ai VIP. E invece Capri è una regina, una regina di roccia, una cattedrale marina che emerge nell’azzurro. Leggi la poesia qui sotto, la più famosa dedicata all’isola: è di una bellezza sconvolgente.

Capri, regina di roccia,
nella tua veste color giglio e amaranto
vissi sviluppando la gioia e il dolore,
la vigna di grappoli radiosi
che conquistai sulla terra,
il trepido tesoro d’aroma e chioma,
lampada zenitale, rosa espansa,
arnia del mio pianeta.
Vi sbarcai in inverno.
La veste di zaffiro l’isola custodiva ai suoi piedi,
e nuda sorgeva nel suo vapore di cattedrale marina.
In ogni scheggia della sua pelle
rinverdiva la primavera pura
che celava un tesoro tra le sue crepe.
Un lampo rosso e giallo sotto la luce tersa
giaceva sonnolento aspettando di scatenare la sua forza.
Sulla riva di uccelli immobili,
in mezzo al cielo, un grido rauco,
il vento e la schiuma indicibile.
D’argento e pietra è la tua veste,
appena erompe il fiore azzurro
a ricamare il manto irsuto col suo sangue celeste.
Solitaria Capri, vino di chicchi d’argento,
calice d’inverno, pieno di fermento invisibile,
alzai la tua fermezza, la tua luce soave,
le tue forme, e il tuo alcol di stella bevvi
come se adagio nascesse in me la vita.
Isola, dai tuoi muri ho colto il piccolo fiore notturno
e lo serbo sul petto.
E dal mare, girando intorno a te,
ho fatto un anello d’acqua
che è rimasto sulle onde
a cingere le torri orgogliose di pietra fiorita,
le cime spaccate che ressero il mio amore
e serberanno con mani implacabili
l’impronta dei miei baci.

Cabellera de Capri, Las Uvas y el Viento

—-
Se vuoi saperne di più su Neruda e Capri, ti consiglio il bel libro di Teresa Cirillo, Neruda a Capri – Sogno di un’isola, che non potevo che comprare qui. E’ proprio da questo libro che ho tratto la foto del Poeta; le altre, come sempre, sono mie.

Infine, Capri è uno dei posti che più amo al mondo e ci torno spesso. Per questo vi ho dedicato un’intera sezione del blog: la trovi qui.

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