“Sembra tutto finto”. Continuava a ripetermelo mio marito mentre si sporgeva per guardare meglio quelle rocce troppo modellate, quei colori troppo intensi, quelle stratificazioni troppo marcate, quel parco nazionale troppo… troppo. Situato ad appena 3 ore da Las Vegas e 1 e mezza dal Bryce Canyon, lo Zion Park è una delle tappe del nostro on the road negli USA che ricordo con maggior piacere. Eppure, sebbene sia tra i primi 10 parchi più visitati dagli americani, esso non presenta lo stesso appeal su tutti i turisti che, spesso, non vi dedicano più di mezza giornata.
Il perché è presto detto: è attraversato da un’unica via, percorribile esclusivamente con una navetta che sosta a una serie di belvedere (il round trip dura circa 90 minuti). Tutto lì? Vedi, il fatto è che lo Zion tiene ben nascosti i suoi gioielli più preziosi e ti chiede di fare un po’ di strada per andare a vederli. Lo sanno bene gli sportivi che, varcate le soglie del parco, entrano in un vero paradiso: alpinismo, arrampicata su roccia, torrentismo e, naturalmente, trekking. Ce n’è per tutti i gusti! Ma veniamo a noi, che allo Zion ci abbiamo trascorso 2 notti.
Tra i vari trail disponibili ne abbiamo scelti due indimenticabili: ora te li racconto.
The Narrows
I Narrows richiamano hikers da tutto il mondo e sono tra i trail più famosi degli Stati Uniti. Come ogni canyon, anche lo Zion è stato scavato nel corso dei secoli da un fiume, il Virgin. Percorrere i Narrows significa percorrere il Virgin, ossia, camminare proprio nel suo letto: almeno il 60% del trail lo si fa con i piedi a mollo, calpestando rocce, oltrepassando massi, con l’acqua che, a volte, ti arriva fino al ginocchio. Non c’è una strada vera e propria da seguire ma, allo stesso tempo, perdersi è praticamente impossibile: basta seguire il fiume!
Perché “Narrows”? Proprio qui sta il bello: perché si marcia in mezzo ad altissime pareti di roccia, quelle del Canyon appunto, che poco alla volta si restringono sempre di più, dandoti l’impressione di passare dentro una sorta di corridoio, uno slot naturale. Un effetto assolutamente drammatico e unico al mondo: vedrai da vicino quelle pareti così levigate, sentirai il fruscio del fiume e la sua freschezza… un percorso che davvero ti risveglia i sensi!
Non partire ancora però: oltre alle solite avvertenze per gli hiker, eccoti qualche informazione specifica per questo trail. Prima di cominciare i Narrows è fondamentale controllare le condizioni meteo e quelle del fiume presso il Visitor Centre; temporali improvvisi – molto frequenti in estate – potrebbero scatenare le cosiddette flash flood, inondazioni lampo che rendono il fiume impraticabile e pericoloso: la corrente diventa forte e il livello del Virgin troppo alto per camminarvi all’interno. Se il cielo non minaccia pioggia, allora hai via libera.
Tieni però a mente che i Narrows costituiscono un percorso impegnativo per più ragioni: l’acqua è fredda e l’ipotermia è un problema concreto. E’ buona norma dunque utilizzare scarpe chiuse e, idealmente, anche calze in propilene, nonostante abbia notato che la maggior parte degli hikers (me compresa) utilizzi calze normalissime (ma parlo del mese di agosto, dunque di temperature elevate). Per quanto riguarda l’abbigliamento, indossa abiti sintetici e non in cotone, perché se si bagnano asciugano prima, e portati nello zaino una giacca pesante (non si sa mai), oltre a un ricambio asciutto, cibo, acqua e portafoglio ben protetti in sacche impermeabili. Le rocce bagnate sono scivolose e, camminando nell’acqua, non sempre si vede dove si mettono i piedi: potresti finire in una piccola buca e trovarti con l’acqua fino alla vita!
Anche per questa ragione – per meglio tastare il terreno – il supporto di un bastone è indispensabile: se non hai quello da trekking non c’è problema, all’inizio del trail troverai di sicuro una serie di rami robusti lasciati lì da qualcuno prima di te, che serviranno perfettamente allo scopo. Il cellulare invece puoi chiuderlo in macchina: nel canyon non c’è campo.
Il punto di partenza del trail coincide con il capolinea della navetta, lo stop chiamato Temple of Sinawa. Da lì, percorri la Riverside Walk per circa un miglio, dopodiché ti troverai davanti il fiume Virgin; potrai scendervi e cominciare il tuo percorso. L’inizio può essere un po’ scioccante: io che sono un po’ schizzinosa (piedi in acqua e calze bagnate??) appena ho visto concretamente di cosa si trattava volevo tornare indietro ma… non lasciarti scoraggiare! Accaparra un bastone e via: l’acqua sarà fredda ma, probabilmente, se sei in estate, meno di quanto pensi. La cosa bella dei Narrows è che sta a te decidere quanti km percorrere: l’intero hike è di 25km ma solo una parte è aperta al pubblico, dopodichè, se vuoi proseguire, dovrai aver richiesto un permesso speciale in precedenza (ed avere con te il necessario per accamparti una notte).
Senza tale permesso potrai arrivare fino alle fonti di Big Springs, a circa 7km dal Temple of Sinawa (a cui vanno aggiunti naturalmente altri 7 per tornare indietro). Io non ci sono arrivata, perché 14 km con i piedi a bagno mi sembravano davvero tanti. Ne ho marciati però 9 e mi sono spinta oltre il tratto più drammatico del percorso, quello denominato Wall Street, il punto più stretto dei Narrows, dove appena 7 metri separano una parete del canyon dall’altra! Ti consiglio di arrivare almeno fin qui: Wall Street si trova a circa 2,5km dal Temple of Sinawa e va davvero vista. Avrai la sensazione di essere letteralmente inghiottito dal canyon, con pareti di centinaia di metri che torreggiano tutto intorno a te!
La bellezza di questo trail, secondo me, a differenza di altri percorsi il cui scopo è raggiungere un determinato belvedere, è semplicemente… percorrerlo, con serenità e consapevolezza. Cammina senza fretta, goditi il passaggio all’interno della gola, ammira la maestosità delle pareti. Pensa a chi il Virgin lo attraversava a cavallo.
A parte il freddo ai piedi che dopo un po’ si fa inevitabilmente sentire, personalmente ho trovato i Narrows molto estenuanti da un punto di vista più mentale che fisico: non avendo la possibilità di vedere dove mettevo i piedi e con il costante timore di scivolare, mi muovevo con estrema cautela, soppesando ogni passo. Tuttavia, è un’esperienza che consiglio assolutamente: del resto, quando non ce la farai più, nessuno ti chiede di fare il super eroe! Fai dietro front e conserva un bel ricordo di questa avventura! Al ritorno avrai i piedi un po’ cotti ma sarai super contento, te l’assicuro.
Quella notte alloggiamo in ranch, in una rustica cabina in legno. Lungo la strada vediamo alcuni bisonti. Proprio l’atmosfera che ci voleva per concludere una giornata così singolare!
Observation Point (East Rim) Trail
La mattina dopo, il risveglio è prestissimo; ci attende il secondo gioiello dello Zion Park, che ci porterà ad ammirare dall’alto il fiume che ieri abbiamo percorso a piedi. Due sono i trail che offrono ottime vedute: l’Angels Landing (West Rim, 9km) e l’Observation Point (East Rim, 13km). Ho optato per il secondo per due motivi: il primo è che l’Angels Landing – il monolite più famoso del parco – è per i miei gusti un po’ troppo azzardato: il tratto che porta alla sommità, oltre ad essere molto esposto al vuoto, è estremamente ripido, tanto che si sale aggrappandosi a cavi e catene (anche no insomma). Il secondo è che l’Observation Point, sebbene più lungo, prometteva un panorama migliore, dato che arriva ad un promontorio che sovrasta l’intera vallata dello Zion e il monolite dell’Angels Landing stesso.
A decisione presa, partiamo! Quello verso l’Observation Point è un percorso tutto in salita che si snoda su di un dislivello di 650m, un tornante dopo l’altro. Inoltre, è un trail affatto ombreggiato: ecco perché partiamo così presto, affinchè il sole non ci picchi troppo in testa.
Lungo il tragitto incontriamo un signore anziano in solitaria, camicia a quadretti e bastone alla mano che, alle 9 di mattina, sta già scendendo. Gli chiedo se manca molto alla cima e lui, tutto arzillo ci dice di no, circa 45min (!). e ci incita a non mollare (probabilmente vedendo me con la lingua a rotolo stile Fantozzi). Dice che lui, quella strada, la fa tutti i giorni o quasi da anni. Gli domando allora se può dirmi la sua età:“Over 80!” fa e, ridendo, si rimette in marcia. Sarà giù in un batter d’occhio, sicuro. …gli americani. Sono loro ad essere pazzi fino al midollo o i pazzi siamo noi, a essere troppo misurati e timorosi?
Finalmente, un’ora e passa più tardi (mica 45minuti!) ecco l’Observation Point: è proprio come nelle foto. La valle sottostante è verdissima, l’Angels Landing se ne sta lì tronfio e, mi sembra, un po’ infingardo (non mi avrai mai!). Il Virgin vi gira intorno e sembra, da lassù, un fiumiciattolo. Lo guardiamo sorridendo, pensando ai Narrows del giorno prima. Una vista meravigliosa che ci fa capire di aver fatto la scelta giusta. Un’unica nota: ma perché i luoghi più belli sono sempre così difficili da raggiungere?
E tu che ne pensi? Spero di averti convinto o quantomeno incuriosito: magari la prossima volta avrai voglia di fare tappa allo Zion Park anche tu!
Quando riuscirò a tornare negli States per Yellostone, Glacier ecc… un salto anche a Zion dovrò farlo !!!
Ciao ciao
Max
E fai bene!! 😉
Noi purtroppo abbiamo fatto lo Zion Park molto rapidamente. Lo abbiamo incastrato tra due tappe a cui avevamo dato più importanza e quindi non ci abbiamo speso tempo.
Dal tuo racconto, però, ammetto che forse ci siamo persi qualcosa di molto bello.
Meglio così, sappiamo che avremo ancora qualcosa da sperimentare nel prossimo viaggio!
Certo, negli USA c’è sempre più di un buon motivo per tornare! Lo Zion l’ho trovato un parco molto divertente… lo rifarei anch’io di sicuro!
Wall Street me la immaginavo diversa 😀 😀
Meravigliosa quella veduta! Peccato per il canyoning: è vero quello che dici, per guardare costantemente dove mettere i piedi per non scivolare, ci si perde quello spettacolo di pareti!
Ho scoperto che il nonnino sprint con la camicia a quadri lo danno in omaggio in ogni trekking! 😉
proprio perdersi no, se si va con calma e ci si prende il tempo per ammirare il tutto. Però è vero che non puoi camminare con il naso per aria ovviamente… ho visto gente fare dei voli (o tuffi??) 😀 Il nonnino invece io l’ho trovato solo qui!! In quale altro trekking si è manifestato?
A me ne è capitato uno sulle Tre Cime e un altro durante la circumnavigazione del Lago di Braies.
In entrambi i casi l’identikit era simile a quello del tuo nonnetto: bastoni da trekking, camicia a quadri, guanciotti rossi e paffuti e la classica verve da “sai, io vado a fare colazione tutte le mattine sul K2 da 80 anni!”
Non era la stessa persona sulle Tre Cime ma ti giuro che quando lo abbiamo visto al Lago da lontano abbiamo pensato ad un nonno trekker/stalker! 😀
Per carità sono simpaticissimi 😉
Un saluto!
Bravissima. Hai fatto un post meraviglioso con foto magnifiche. Il mio viaggio negli States è qualcosa d’indimenticabile e guardando il tuo post mi sono resa conto che ci dovrei ritornare per vedere tutto ciò che mi sono persa. Hai curiosato tra i miei post per rivivere quest’avventura attraverso gli occhi di Bea? Ciao
Ciao Bea, sono andata a sbirciare! 🙂 Davvero, quante cose ci si perde in un viaggio di qualche settimana: a me ad esempio piacerebbe fermarmi un po’ di più sul lago Powell, come hai fatto tu, l’ho visto davvero poco! baci!