Quando sono tornata dal Congo, pensavo sarei ripartita in settembre e invece sono andata via che c’era già il panettone senza canditi al supermercato. Sono rimasta in Italia 5 mesi: mio marito in Africa da agosto, in hotel perché la casa non era ancora pronta, la mia richiesta di visto che ci ha messo secoli prima di essere accolta. Erano almeno 10 anni che non vivevo in Piemonte così a lungo… Il letto singolo sotto l’abbaino. La maglia di lana con il coniglio. I Pangoccioli. Canale 5. La mamma con i bigodini in testa. Le caldarroste. Ci avevo (quasi) rifatto l’abitudine.
Poi, di punto in bianco, lunedì si parte. E, ancora una volta, sono lì a schiacciare la mia vita in valigie da 30kg l’una. Dato che l’impresa non è delle più semplici, ho cercato di trovare ispirazione leggendo Solo bagaglio a mano, un titolo tanto accattivante quanto utopico (almeno per me). Sembrava un libriccino da nulla ma, soprattutto alla soglia della partenza per una nazione di nuovo non facile, mi ha fatto riflettere parecchio. L’autore, il giornalista ed expat Gabriele Romagnoli, esordisce citando il suo progetto: visitare nel corso della vita 100 Paesi.
“Al momento in cui scrivo [50anni e qualcosa], sono a quota 73, ma ne aggiungerò almeno 2 entro la fine dell’anno arrivando a 75 e conto di farcela, di arrivare a 100. Non so che cosa ricaverò da questo giro del mondo, ma posso già dire quel che ho ricavato dall’aver visto 73 paesi, abitato in 4 continenti, 8 città e 27 appartamenti”. Questo suo peregrinare lo porta a concludere che il segreto della felicità consista nel viaggiare – che per un expat spesso significa vivere – leggeri, ossia (metaforicamente e non) con il solo bagaglio a mano.
Interessante.
E io? Io che di anni ne ho una ventina in meno, ho visitato decine di Paesi e abitato sotto almeno 8 tetti diversi… cos’ho ricavato? Ci ho riflettuto un po’. Innanzitutto ho ricavato la consapevolezza che una vita vissuta in unico luogo non fa per me. (A meno che questo luogo non sia Londra ma, si sa, Londra è un mondo di per sè). Mi manca l’aria se penso a un’esistenza passata alla scrivania dello stesso ufficio, al pane dello stesso panettiere, all’attesa dello stesso bus ogni mattina. Ciascuno di noi cerca stabilità, vuole certezze. Ma le certezze degne di questo nome, nella vita, sono poche e credo che tanti facciano l’errore di confonderle con un concetto ben diverso: la routine.
E, dalla routine, Dio ci salvi.
Chiariamoci però: per quanto sia contenta di partire, un nuovo espatrio non è una passeggiata. Espatriare significa, se come me viaggi a seguito del marito (brutto a dirsi ma è così), dover cercare una nuova occupazione dopo esserti già lasciata alle spalle tre contratti a tempo indeterminato in altrettanti Paesi. Significa dover ricostruire amicizie, cercare persone di cui fidarti. Trovare un nuovo panettiere (se c’è) e capire quale bus prendere (e se puoi prenderlo senza problemi, il bus). Ripartire per un espatrio significa ricominciare tutto da capo l’ennesima volta.
Te lo spiego così: uno dei giochi preferiti dei miei bimbi dell’asilo di Pointe Noire era costruire una torre altissima con i mattoncini. Non appena finita, la buttavano giù con una sfilza di urletti acuti e, immediatamente, si adoperavano per rimetterla in piedi. Mi faceva sorridere questo affannarsi per costruire e poi non vedere l’ora di distruggere tutto per ricominciare. Ma forse il segreto era proprio quello: a guardare una torre finita non c’è nessun divertimento; il bello è costruirla.
Passare da un espatrio all’altro è esattamente così: quando ormai sai dove prendere il pane, sai a chi affidarti, hai il tuo lavoro etc.… la torre cade e devi ammucchiare i tuoi mattoncini altrove, da capo. Naturalmente ci va un po’ prima che torni bella e alta come prima; spesso vacilla, a volte qualche pezzo cade. Ma rimetterla in piedi è una nuova sfida, difficile e divertente al tempo stesso e, prima o poi, la stabilità la si trova.
Un po’ di musica? Africa, Toto
In Solo bagaglio a mano c’è un concetto molto interessante, quello delle vite di scorta. Romagnoli dice che ha lasciato sparsi nel mondo tanti sé – quello che viveva a Beirut, quello che passeggiava per Parigi, quello pigiato in un suq del Cairo. Una vita sola, tante di scorta. Vite radicalmente diverse tra loro, vite per forza di cose interrotte, abbandonate, perché ogni ambiente ha le sue caratteristiche e, ogni volta, anche tu sei costretto a mutar pelle. Ma – e qui viene il difficile – per quanto belle siano state, le vite di scorta appesantiscono il nostro bagaglio a mano e per questo vanno lasciate andare: inutile cercare, ad esempio, in Mozambico ciò che eri a New York. In Congo, questo l’ho capito a mie spese.
Da quando ho aperto questo blog, mi è capitato spesso di leggere di persone che dopo una vacanza di 20 giorni si lanciano in ‘questo viaggio mi ha cambiato la vita’. Come se cambiare vita fosse facile quanto cambiare i calzini. Sei tornato una persona diversa? Bravo! Dimmi come però. Mi racconti che hai acquisito un senso di libertà, di pace, di empatia (usi anche dei paroloni!). Ti sei confrontato con stili di vita diversi dal tuo – per ben 20 giorni! – e hai incontrato persone meno fortunate. Ok. Ma vieni al dunque: al di là del bel sermone che propini ai tuoi seguaci, tu, concretamente, cosa fai di diverso da prima?
Non sono i viaggi che cambiano la vita, sono le esperienze. E prendere l’aereo non è sinonimo di esperienza. E’ prendere l’aereo. Punto.
Io so di non essere ancora pronta a viaggiare leggera, troppo attaccata alle mie convinzioni, ai miei libri, al mio frullatore, ai miei pregiudizi (e ne ho tanti), a quel vestitino giallo che metto due volte l’anno ma-lo-metto. E penso sempre con molta – troppa – nostalgia alla mia vita di scorta londinese.
Però le valigie le ho riempite anche stavolta.
Non so se qui troverò un lavoro ma cercherò di tenermi occupata comunque, magari dedicandomi al volontariato, e sicuramente imparando una nuova lingua, il portoghese. Non so se troverò i ritmi lenti e la semplicità a cui mi aveva abituata il Congo. Ma di certo ci sarà lo stesso, gigantesco sole rosso fuoco e l’oceano a pochi chilometri da casa. Ci saranno risate che fan venire voglia di ridere e frutti tropicali profumati. Questa volta sarò ospite di una città con milioni di abitanti, con cinema, palestre, centri commerciali. E, dicono, molta criminalità. A mano armata. Anche per questo non sarò libera di spostarmi senza un autista: non potrò muovermi da sola, non prenderò più quegli amati/odiati taxi che tanto hanno caratterizzato la mia vita a Pointe Noire.
Sono qui da poco più di una settimana e ho già all’attivo un certo numero di scarafaggi in casa (morti), un geco (vivo), due banani sradicati da Namastè (tornato nel suo continente nativo) e due locals sconvolti dalla scena (“a bananeira! a bananeira!”). Ho trovato un canale in TV che fa solo musica anni 80 e, che tu ci creda o no, in questo momento è appena finita Africa dei Toto.
Ora cercherò di mettermi un po’ a posto. Per le vacanze di Natale, la maggior parte degli expat torna a casa, le varie attività sociali e non sono sospese e, quindi, credo che ‘la vita vera’ comincerà con l’anno nuovo. E, mai come nel 2017, sarà il caso di dire anno nuovo vita nuova. L’ennesima. In attesa che la torre venga di nuovo buttata giù.
Ah già, ancora non ti ho detto dove sono finita. Sono a Luanda, in Angola… niente di entusiasmante.
O forse sì.

“Tu per primo non devi essere una zavorra. Quindi controlla di che materiale sei fatto, quanto ingombri, se hai troppe pretese, debiti, aspettative, problemi irrisolti”.
G.Romagnoli, Solo bagaglio a mano
Ecco, mi ero persa questo post. Se vuoi una mano con il portoghese fammi sapere. 😉
In bocca al lupo per questa tua nuova vita.
Magari ti veniamo a trovare, l’Angola è tra le nostre future mete anche se non è così facile entrare…
Crepi il lupo! Mi servirebbe sì una mano! Qui ho una prof ma pensa che da quando sono arrivata avrò fatto sì e no 5 lezioni: senza offesa eh, però gli angolani non sono molto… come dire… ‘puntuali’. Per cui me lo sto studiacchiando un po’ da sola ma ovviamente se si vuole apprendere bene una lingua straniera il metodo autodidatta vale fino a un certo punto…
Entrare in Angola difficilissimo! Devi avere invito da parte del governo o di un’azienda con sede qui: pure io in qualità di moglie di un dipendente ci ho messo un sacco di tempo!
Mi riconosco molto in quello che scrivi e a volte mi sono chiesta se la mia volontà di buttarle giù e andarle a ricostruire altrove, le mie torri, non sia diventata un po’ una necessità. Anche io sono anni che non trascorro più di un mese e mezzo di fila nel mio Piemonte natio. Non sono scappata, semplicemente avevo voglia di esplorare un po’ le altre realtà che questo mondo ha da offrire. Come molti, ho cominciato con un erasmus, e dopo è stato difficile rimanere fermi. Mi piaceva troppo andare a conoscere le mie identità temporanee, le vite di scorta che andavo impersonando nelle città dove andavo temporaneamente ad abitare. E queste cose non basta una vacanza per impararle.
Ciao Eva, anch’io mi chiedo se sia un po’ una necessità ormai. Mi sembra tra virgolette uno spreco vivere una vita sempre uguale a se stessa, in un unico posto… il bello è mettersi alla prova, vedere quello che il mondo ti può offrire e se tu se in grado di offrire qualcosa. In bocca al lupo in Svezia, io qui in Angola, per il momento, la mia dimensione o vita di scorta ancora non l’ho trovata: spero salti fuori prima o poi.
Un abbraccio!
Crepi il lupo. Stranamente le mie torri in Svezia si stanno tenendo su bene e la voglia di distruggerle non mi è ancora venuta 😀 Spero che presto incarnerai la tua identità angolana e attraverso essa riuscirai ad apprezzare l’inusuale posto in cui la vita ti ha portata. Ricambio l’abbraccio!
Bellissimo, mia cara… Sei una delle poche blogger degne di questo nome. Amo i tuoi post perché parli di viaggi veri e non di wanderlust (una delle parole che odio di più e che mi sa di viaggi compulsivi). A questo punto, sarei curiosa di capire cosa fa tuo marito in Africa (anche io sono sposata a un viaggiatore, come sai) 🙂
*Aspetta che mi sono commossa un po’ dopo questo commento*
Ti scrivo in pvt perchè mio marito non è troppo amante dei social e quindi gli lascio la sua privacy! 😉
Pure il mio, per cui ti capisco perfettamente 😉 Che pvt sia!
In bocca a lupo!! Bell’articolo e adesso… m’informo sulla città 🙂
Crepi! 😀
Mi è piaciuto moltissimo questo post, molto onesto e sentito, mi ci sono ritrovata molto.
La scena della torre che si costruisce per poi farla cadere è bellissima, quante volte mi sono sentita così! Ed è proprio vero che prendere un aereo di per se non ti cambia la vita, ma è l’esperienza che attende all’arrivo a fare la differenza, eccome.
In bocca al lupo per questa nuova vita!
Tu lo sai bene cosa vuol dire stare all’estero e contare sulle proprie forze 🙂 Per questo mi indispongono un po’ tutti questi ‘mi ha cambiato la vita’, detti con estrema leggerezza da chi altro non fa che una semplice vacanza.
Crepi il lupo, e altrettanto auguro a te!
Un abbraccio
In bocca al lupo Cris.
Sono certa che ricostruirai la torre in fretta e poi magari la ributterai giù altre mille volte ma andrà sempre bene!
Un abbraccio!
Ciao Lucia,
lo spero anch’io! Magari la prossima volta la ricostruirò in un posto migliore però! 😉
P.s. Grazie per aver citato Romagnoli. Come sai io viaggio solo guardando e leggendo, ma “bagaglio a mano” sarà il mio prossimo o libro.
Ciao
Bellissimo! Tutto! Una splendida analisi della situazione.
E quel “o forse si” finale è semplicemente splendido. Ci sei tu, con il tuo guardare avanti. A tutto quello che il momento, il posto, il tutto possono offrire.
Facci sapere. Un abbraccio e Buone Feste
Grazie Gin!
Buone feste anche a te e buona lettura. Sono un’accanita lettrice in generale, per cui se hai bisogno di qualche consiglio su libri etc. non hai che da chiedere!
Ciao. Ti prendo subito in parola. Tu cosa stai leggendo, adesso? Io leggo di tutto. Grazie
In questo preciso momento sono alle prese (come spesso durante l’anno) con Moravia [La villa del venerdì], che è uno dei miei autori preferiti ed è super super prolifico: decine e decine di romanzi/saggi, che spero prima o poi di leggere tutti. Ho appena finito My generation di Igort (noto fumettista italiano, forse lo conosci) che parla di come è cresciuto negli anni di piombo, la controcultura, il movimento punk etc. Mentre il prossimo sarà probabilmente Hell’s Angels di Hunter S. Thompson, che racconta appunto della sua esperienza insieme allo storico gruppo di motociclisti americani! 🙂
Grazie molte. Manderò la mamma in biblioteca. Ci metterò un po a leggerli. Grazie ancora.
Complimenti e congratulazioni! Brava per il coraggio che hai avuto nel fare questa scelta, e anche per la forza che hai avuto nel portarla avanti! Sono sicura che saranno sicuramente esperienze che ti faranno crescere, e anche se non sarà facile (qualche intoppo c’è sempre) penso che sarà sicuramente un’esperienza fantastica da cui guadagnerai, dal punto di vista personale, moltissimo! 🙂 In bocca al lupo
Grazie Martina! Di sicuro ci saranno parecchi intoppi, già lo so 🙂 Però cercheremo di superarli… in attesa di destinazioni migliori!
Un abbraccio
Ben-Hur la sera di Pasqua e Fantaghirò tutte le sante mattine delle feste di Natale: queste sono certezze!
Quindi sei già in Angola? Finalmente ti sei ricongiunta con tuo marito e c’è Namastè, direi che non ti serve altro! 😉
Tienici aggiornati su bus/taxi/panettieri!
Un grande abbraccio e inboccallupo!
Daniela
Ciao Dani,
ma del piccolo lord fauntleroy ne vogliamo parlare?? 😀
Scherzi a parte, crepi il lupo.. vedremo cosa ci riserverà questo paese! Intanto a Natale resto ovviamente qui dato che sono appena arrivata, quindi mi perdo tutti i filmoni.
Persino la Poltrona per due che rimane, nella sua stupidità, il mio film natalizio preferito 😉
Devo ricordarmi di rileggere questo articolo tra qualche mese. Tre anni fa mi avrebbe aiutata parecchio (anche a sentirmi meno spaesata) e magari con questo “ripasso” al prossimo (sempre più prossimo) trasloco faro’ meno disastri…
Ps io il “mio vestito giallo” non sono mai riuscita a mettermelo, nemmeno un giorno, in tre anni 😉
Ciao Francesca,
In bocca al lupo per il prossimo trasloco allora! Non so se conosci già il sito Amiche di Fuso, se no passa di lì e… scoprirai in quante siamo a essere più o meno nella stessa barca!
Però mettilo il vestito giallo, almeno una volta, su! 🙂
ci passo sicuramente, grazie del consiglio. Quanto al vestito “da signorina” ci ho provato, giuro, ma in un’isola con le strade di terra battuta anche delle normalissime all star attirano sguardi curiosi. Ma è anche per tutte queste piccole cose che viene voglia di cambiare no? …e a proposito, in bocca al lupo, eh!
Che dire… in bocca al lupo per questa tua nuova avventura, che sicuramente portera’ con se’ tante sfide, ma sono sicura che tu saprai trarre il meglio da quanto l’ Angola ha da offrire!
Crepi! Già il fatto di portare delle sfide è una cosa buona… speriamo di non ripiombare nell’iniziale inedia del Congo, aiuto! 🙂