La street art per colorare l’anima grigia di São Paulo

'A cidade é nossa', di Rita Wainer, São Paulo
Il caleidoscopio delle facciate per spezzare la monotonia di una metropoli in declino. Per ridarle dignità, vitalità.

Talvolta, tra un volo e l’altro può capitare di fare uno stopover. Di fermarsi nella città di transito. A volte, lo stopover è una bella sorpresa, altre scatta il colpo di fulmine immediato.
Altre ancora, niente di tutto ciò.

São Paulo è una megalopoli gigantesca, sporca, decadente. Arriviamo di notte, il nostro hotel è in centro, ma per arrivarci giriamo in tondo all’infinito perché molte vie sono chiuse al traffico. La gente è in strada, vestita di colori vivaci: non tardiamo molto a capire che è da poco finito un gay pride, come ci conferma il nostro tassista, utilizzando un termine non esattamente politically correct per esprimere il suo fastidio.

Il giorno seguente abbiamo tutta la mattina a disposizione per fare un giro in città. Il nostro on the road tra Perù e Bolivia è stato piuttosto impegnativo per cui, a São Paulo, decidiamo di prendercela comoda. Per questa ragione e anche perché, come immaginavamo, la città non è delle più sicure, prendiamo parte a un tour organizzato di circa 4 ore (dove comunque ci siamo solo io e mio marito!), che promette di portarci nei punti più belli della città.

Belli. Mah. Certo complice un cielo d’asfalto, bello è l’ultimo aggettivo che userei per descrivere São Paulo. Cinzenta – grigia – è l’attributo giusto. Un colore che è anche uno stato d’animo, una sfumatura dell’umore. A spezzare la scialba monotonia di una metropoli in declino, sono solo i numerosi murales che colorano le facciate dei palazzi, dei cavalcavia. Sempre o quasi di proporzioni gigantesche, monumentali. Perché, a São Paulo, la street art non è uno scherzo. Quelli che qui chiamano semplicemente ‘grafiti’, oltre che veicolo di denuncia sociale, sono anche un modo dichiarato di abbellire la città. Di ridarle dignità, vitalità.

Uno degli artisti più noti, originario proprio di São Paulo, è Eduardo Kobra (che ritroverò a Rio de Janeiro). Inconfondibile il suo stile: colori saturi, ritratti energici, dallo sguardo magnetico. Tra Rua de Consolação e la famosa Avenida Paulista – centro nevralgico della città – abbiamo visto ben tre delle sue opere. La più bella, commovente per quello che ancora rappresenta per i brasiliani, è il murales dedicato ad Ayrton Senna. “A Lenda do Brasil” – questo il nome del lavoro – è alto 41m e largo quasi 18. Lo supera di 10m d’altezza il ritratto di Oscar Niemeyer, architetto carioca di fama mondiale, scomparso a 104 anni.
Impressionante è anche Alta Mira, in cui un piccolo indios sorride ignaro di essere nel centro di un mirino. Il titolo dell’opera è in realtà un gioco di parole che fa riferimento al paese di Altamira, nello stato di Parà. Qui, si sta costruendo un complesso idroelettrico che andrà a distruggere svariate centinaia di km2 di foresta amazzonica, con conseguenze inevitabili per le popolazioni che ci vivono, oltre che per l’ambiente.

Arriviamo nella Praça da Sé, su cui si affaccia la bella cattedrale gotica, la più importante della città. Cercando di fare una battuta e senza riuscirci, Mauricio, la nostra guida, dice che in questa piazza si trovano tutti i problemi di São Paulo. Ci guardiamo attorno e capiamo il perché. Sporcizia, disoccupazione, mancanza di sicurezza urbana, alcolismo, stato sociale pressochè inesistente, vagabondaggio. La quantità di homeless mi aveva già stupita la sera precedente: lunghe distese di materassi gettati sui marciapiedi, dappertutto, senza distinzione di quartiere. Uno dopo l’altro, scavalcati dai passanti: un dormitorio a cielo aperto. Che altro c’è in quella piazza che non vediamo? Corruzione? Furti? Traffico di droga?

La mancanza di istruzione certo è un’altra piaga da cui il Brasile non è esente. E’ questo il soggetto del murales di Apolo Torres, altro grande artista brasiliano che con ‘Nina’, sempre in rua da Consolação, ha preso parte all’iniziativa #EducationIsNotACrime, partita come protesta in Iran ma virtualmente estesa a svariate aree nel mondo.
Sulla facciata di un palazzo – come quelli del Kobra anche questo ha dimensioni gigantesche – Torres ha dipinto una bimba, Nina, con la mano tesa verso un cielo azzurro, dove invece delle nuvole ci sono dei libri. La sua mano li manca di poco: non si accorge di una serpe che si attorciglia intorno al polpaccio, pronta a morderla prima che ne afferri uno. Perché le risorse, i mezzi e le tecnologie non sono sempre alla portata di tutti: l’istruzione, spesso, è ancora un privilegio.

Quanto è pericolosa São Paulo? Più di Rio? Chiediamo a Mauricio una volta lasciata la Sé. Non sembra troppo sicuro su cosa rispondere. Certo lui ci abita e quindi sa dove andare e dove no, cosa fare e cosa no. La regola d’oro – che vale un po’ dappertutto e che, vivendo in Angola, ben conosco – è cercare di mantenere un profilo basso, non ostentare cellulari, gioielli, orologi. Gli chiediamo come vivono i più ricchi: vengono mai in centro città? Oh no, loro si spostano in elicottero – risponde. Ehm, non così ricchi – ribattiamo noi, che a questa categoria nemmeno avevamo pensato. Mauricio dice allora che sì, i benestanti in città ci vengono, naturalmente. Ma solo con le auto blindate. Ah ecco.

Rispetto a Rio, la differenza sta nell’ubicazione delle favelas. A Rio gli slum sono proprio in centro città: le abbiamo sentite tutti le agghiaccianti storie di turisti che hanno commesso l’errore – fatale – di sbagliare strada, per poi ritrovarsi in una favela e non uscirne più. Non sono leggende metropolitane: nelle favelas non vige la legge dello stato, vige la legge della favela.  A São Paulo, i quartieri più poveri si trovano invece nella cintura della città, in periferia. Il rischio di entrarvi per sbaglio, da parte di un turista, è teoricamente più ridotto rispetto a Rio, ma è inutile girarci intorno: il problema della violenza c’è in tutto Brasile e ignorarlo può avere conseguenze irreversibili.

La città continua a sfilarci accanto lenta, svogliata, senza niente di eccezionale da mostrarci: l’Avenida Paulista con il suo mix di grattacieli ed edifici anni ’30, come la Casa das Rosas. Il parco di Ibirapuera e il monumento Bandeiras (foto in alto, insieme ai murales del Kobra) che, forse solo a me, ricorda il Padrão dos Descobrimentos di Lisbona. Un morso a un pão de queijo caldo e un giro nel quartiere Liberdade, sede della più grande comunità giapponese al mondo (escluso, ovviamente, il Giappone). C’è un murales anche qui e non può che essere un manga, probabilmente un mecha, in questo caso.

La nostra visita giunge al termine lasciandoci un’indefinibile sensazione di un qualcosa che assomiglia al disagio. Di São Paulo vorrei saperne di più, ma allo stesso tempo mi basta questo. Ricordo che, al momento di prenotare il tour ero indecisa se optare per una mattinata monotematica, limitata al solo quartiere trendy della città, Via Madelena che, proprio come Shoreditch a Londra, è una sorta di museo a cielo aperto, interamente dedicato alla Street Art.

Invece sono contenta di avere scelto questo tour: più generico e, se vogliamo, più anonimo, ma sicuramente più vero. Perché São Paulo non è solo street art. Non è colore, non è muri pittati da giovani artisti d’avanguardia. Avendo solo poche ore a disposizione, la Madalena mi avrebbe dato una visione distorta, sicuramente parziale della città. E poi, troppi colori tutti insieme si annullano: dopo un po’ non ci fai più caso. Ben diverso è vedere un arcobaleno che spunta al fondo di una bieca avenida o una facciata azzurra ergersi nel mezzo di una giungla d’asfalto.

Vedere questi colori qui, tra barboni, traffico e problemi, è in un certo senso rincuorante.
Una boccata d’aria fresca da respirare a pieni polmoni.

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3 Comments

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  1. says: Lisa

    Noi le uniche cose che abbiamo visto, senza tour organizzati sono state: Pão de Açúcar e la Escadaria Selarón (raggiunte via Uber, partendo dalla casa di nostri amici a Copacabana). A noi è sembrata comunque più pericolosa Rio di Sao Paulo, soprattutto dopo aver assistito ad uno scippo sulla via di Copacabana. 🙁

  2. says: Lisa

    Ciao,
    avete fatto bene a fare un tour organizzato.
    Io e marito (paulista) ci siamo mossi x la città da soli, ma lui conosce bene dove andare, mentre a Rio abbiamo sempre girato con tour guidati, cercando di tenere, come hai detto nel post un profilo basso. Che ansia però!
    Se hai occasione comunque vai a RJ, consiglio di vederla, almeno una volta nella vita, è una città molto bella, peccato per la criminalità.
    Saluti!

    1. says: Cris

      Ciao Lisa, cavolo! Allora purtroppo non era solo una sensazione la mia :((
      A Rio stiamo pensando di andare, dato che è una delle poche destinazioni che si raggiungono facilmente con un volo diretto dall’Angola: tanti colleghi di mio marito ci sono stati con la famiglia e hanno visitato la città da soli… Sinceramente però, dopo aver visto SP, non so se sia una buona idea, pur essendo Rio più turistica…