Nella Valle Sacra degli Incas, specchio della Via Lattea

Valle Sacra degli Incas
La fortezza incompiuta di Ollantaytambo, Perù
Cosa resta oggi della più famosa civiltà precolombiana? Tour nei luoghi più significativi del Valle Sagrado, da Cusco a Ollantaytambo

Fu a Cusco, in quella che oggi è la Plaza de Armas, che cadde il bastone magico di Manco Capac, figlio degli dei e primo imperatore Inca. E’ qui che fondò la capitale del regno. Qui, dove scorre il fiume Urubamba, nel cuore del Valle Sagrado, un vallone dalla geografia davvero singolare. Gli inca pensavano fosse il riflesso terrestre della Via Lattea e, in quanto tale, costruirono svariati siti – religiosi e non – a rispecchiare le stelle: se in cielo splendevano le costellazioni della Volpe, del Lama Piccolo, del Lama Grande, della Pernice e così via, sulla terra sarebbero stati realizzati, in corrispondenza di ciascuna, luoghi che ne ricalcavano la forma. Anch’essi lucenti, rivestiti di metalli preziosi.

Forse la più nota tra le civiltà precolombiane, la dinastia Inca durò poco più di un secolo, fino all’arrivo dei conquistadores nel 1500. Come sulle scacchiere che oggi troviamo sulle bancarelle dei mercati (vedi sotto), gli spagnoli hanno eliminato le pedine avversarie una alla volta. Hanno spazzato via tutto o quasi di quel popolo che sapeva costruire palazzi a prova di sisma, perforare crani e leggere le stelle ma che non conosceva la scrittura e che per questo, dietro di sé, ha lasciato una serie di enigmi, tutt’ora irrisolti.

Cosa rimane oggi della civiltà Inca? Diversi siti nei pressi di Cusco, innanzitutto. Il principale è senza dubbio il Coricancha, tempio dedicato al culto di Inti, il dio Sole, anticamente ricoperto di lamine d’oro, così come d’oro erano le statue che brillavano nelle sue nicchie. Distrutto dagli spagnoli, le sue fondamenta divennero la base dell’attuale Convento di Santo Domingo (pratica questa molto diffusa: numerosi edifici coloniali, soprattutto nel quartiere di San Blas, sorgono su basamenti inca).

Ciononostante, alcune aree del Coricancha originale sono visibili ancora oggi, questo perchè, sebbene nei secoli il convento sia stato minato da più terremoti, le sue fondamenta hanno sempre retto magnificamente. E’ merito dell’incredibilearchitettura inca che, per innalzare i muri, non faceva uso di alcun tipo di malta, cemento o simili ma incastrava tra loro giganteschi blocchi di pietra, con una tecnica probabilmente tramandata dalla civiltà preincaica di Tiwanaku, in Bolivia. Le pareti sono qualcosa di sorprendente: ciascuna pietra è tagliata e rifilata per far sì che aderisca perfettamente alle altre, così bene che tra due blocchi adiacenti non è possibile infilare nulla, nemmeno un capello: sembrano saldati insieme! Come riuscivano gli Inca a incidere con tale precisione? Quali strumenti erano in grado di dare risultati così accurati nel 1400? Ancora oggi queste domande non hanno risposta.

Esempio estremo di questa perizia architettonica – quasi maniacale! – lo si ha nella via di Hatun Rumiyoc a Cusco, dove si trova la famosa pietra dai 12 angoli, rifilata in modo da combaciare perfettamente con tutti i blocchi attigui.

A pochi kilometri da Cusco, altre rovine dell’epoca inca: l’anfiteatro di Qenqo, centro di culto dedicato alla Pachamama (Madre Terra); Puka Pukara, la fortezza rossa, luogo di ristoro per i chaski, i messaggeri inca, trasformato in un forte dopo l’invasione spagnola; Tambomachay, tempio legato al culto dell’acqua e noto come “il bagno della principessa” e, soprattutto, Sacsayhuamán, una colossale opera architettonica dedicata ai cerimoniali, con pareti alte fino a 9 metri e pietroni di 350 tonnellate di peso. Se non hai il tempo di visitare tutti questi luoghi, fai in modo di non perderti almeno l’ultimo della lista: ti assicuro che è grandioso!

Spostiamoci ora nel cuore della Valle Sacra: un tempo come oggi, intorno al fiume Urubamba, crescevano copiosi mais, patate, frutta e verdura. Sono pochi i luoghi al mondo che vantano condizioni così favorevoli all’agricoltura! Proprio come nel Valle del Colca, anche qui troviamo le andenes – i terrazzamenti – e quelle di Pisaq sono assolutamente da vedere: verdi, fresche. Bellissime.

Se passi da Pisaq, potresti voler fare un giro al mercato di artigianato: tessuti e maglioni colorati, berretti e poncho, dipinti e oggetti in legno, alpache morbide e… street food. Che il cibo in Perù è ottimo in tutte le sue declinazioni! Noi abbiamo provato dei panini ripieni di formaggio appena sfornati e il buonissimo choclo con queso y chile, una varietà di mais gigante, bollito e servito con fettine di formaggio e salsa piccante.

Chiudo con quella che secondo me è una delle più impressionanti testimonianze del mondo inca: la fortezza di Ollantaytambo, impressionante oltre che per le dimensioni anche per la storia che racconta. Teatro di un ultimo, decisivo scontro con i conquistadores, la fortezza è rimasta incompiuta a seguito del disperato tentativo di fuga degli Inca: oggi, qui, giacciono grossi blocchi di pietra abbandonati a se stessi, un tempio dimenticato – probabilmente dedicato a Inti – e un altare desolato, dove nessun giovane lama verserà il suo sangue.

Nella fortezza di Ollantaytambo, puoi arrampicarti su di un’alta scalinata che metterà a dura prova il tuo fiato; quando arriverai, goditi il panorama sugli scaloni, circondato dalle Ande: sei a quasi 3000m d’altezza. Ah, ricordi che all’inizio di questo post dicevo che la Valle Sacra era uno specchio della Via Lattea? Ecco, Ollantaytambo riflette la costellazione del lama, ed è stata costruita ricalcandone la forma: osservando la cittadella dall’alto pare sia possibile individuarne la testa, il corpo, gli arti e la coda. O almeno così si dice.

E poi? Nel Valle Sagrado, oltre a svariati musei, vi sono almeno altri due siti che può valere la pena di vedere in quanto testimonianza dell’epoca inca: le saline di Maras e le terrazze concentriche di Moray. Noi per motivi di tempo non ce l’abbiamo fatta: ci aspettava il Machu Picchu e, soprattutto, due trail piuttosto impegnativi: il Camino Inca e la salita al Huayna Picchu.

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