Quello in Perù è stato anche un viaggio nel gusto, cominciato ad Arequipa nel ristorante di Gaston Acurio, proseguito tra piatti di quinoa, alpaca, rocoto relleno, trucha frita e cuy, e conclusosi a Lima che, oltre che la capitale del Perù, è anche una delle capitali mondiali del food.
Di Lima, a essere onesti, non avevo sentito grandi cose. Sapevo però che ha dato i natali a una piccola cernita di chef di fama internazionale e che vanta un discreto numero di ristoranti rinomati nel mondo. Quindi, avendo a disposizione un giorno solo, quale modo migliore di scoprire la città se non attraverso un food tour? Abbiamo scelto un’opzione diurna, dalle 9 di mattina alle 14 circa, in compagnia di un gruppetto di altre 5 persone: non avevo mai fatto un food tour prima d’ora ed è stata un’esperienza interessante e divertente oltre che gustosa! In questo post ti racconto come si è svolto:
Colazione a Barranco
Cominciamo la nostra giornata con una passeggiata nel quartiere di Barranco, il barrio bohemien della città. Quelle che un tempo erano coloratissime case coloniali, oggi sono diventate gallerie d’arte, negozi, locali alla moda e… caffè: sapevi che il Perù è uno dei maggiori produttori mondiali di caffè bio? Facciamo colazione in una tostaduría dove, appunto, i chicchi vengono tostati quotidianamente: per me un espresso accompagnato da due blondies (che poi sono la versione ‘bianca’ dei brownies) a base di patate dolci.
Uno smoothie alla lucuma
Barranco è talmente carino che ci fermiamo ancora un po’: entriamo in un secondo locale, un garden cafè. Con la frutta fantastica che c’è in Perù, un succo fresco è d’obbligo! Qui ci viene offerto uno smoothie di lucuma, uno dei frutti più rappresentativi della nazione. Conosciuto anche come l’oro de los Incas, la lucuma ha una forma bislunga, la polpa dolcissima, di un bel giallo vivo, ed è molto utilizzata nella preparazione dei dessert.
Un giro al mercato di Santa Cruz
Ho già detto più volte quanto mi abbiano affascinata i mercati peruviani (questo il mio preferito) e il piccolo Santa Cruz non ha fatto eccezione (anche se mi dicono che Surquillo è il migliore di Lima). La nostra guida ha preparato per noi un cestino pieno di frutti strani da assaggiare: tra questi, la granadilla, decisamente troppo zuccherina per i miei gusti, la chirimoya, che invece mi è piaciuta molto, il tuna, parente del fico d’India, il pepino, un interessante incrocio tra pera e melone, e l’aguaymanto, che poi è la nostra alkekengi. Inutile dire che l’agricoltura è uno dei settori più importanti per l’economia peruviana e, oltre alle numerose varietà di patate (migliaia) e di mais (decine), ho scoperto che il Paese vanta anche 400 tipi di peperoncini diversi!
Oltre a frutta e verdura, anche il pesce va alla grande e… questo ci porta al pezzo forte del tour: la lezione di cucina!
Cooking class: pisco e ceviche
Qual è la bevanda nazionale del Perù? No, non è l’Inca Kola (anche se il suo vago sapore di bubble gum non mi è dispiaciuto). E’ il Pisco Sour, un cocktail a base di Pisco, un distillato ricavato dall’uva prodotta in appena cinque delle venticinque regioni del Perù: Lima, Arequipa, Moquega, Tacna e Ica. Se vuoi assaggiare il Pisco liscio (che ha una gradazione alcolica del 42%), prova una versione aromatizzata; se invece desideri cimentarti con un cocktail, opta per quello puro (il migliore pare sia il Quebranta).
Dopo la dimostrazione da parte di un barman, tocca a noi: passiamo dietro al bancone per preparare il nostro Pisco Sour. Succo di lime, sciroppo di zucchero, bianco d’uovo per creare la spuma bianca caratteristica di questo cocktail e una lunga ed energica shekerata; due gocce di angostura per decorare et voilà: semplicissimo!
Non ci resta ora che riempire il piatto: di ceviche, naturalmente! Re della tradizione Nikkei (di cui ti parlo poco più sotto), il ceviche (o cebiche) altro non è che pesce crudo affettato e marinato (e quindi ‘cotto’) nel lime e nel leche de tigre, una salsa molto liquida a base di una svariati ingredienti, tra cui fumetto, coriandolo, peperoncino e zenzero. Dopo essere stato mescolato ripetutamente in questa salsa, il pesce comincia a cambiare colore – si sbianca – segno che ‘la cottura’ sta avendo luogo. Si aggiunge a questo punto della cipolla cruda e del peperoncino e si continua a mescolare.
Sul tavolo davanti a noi ci sono tutti gli ingredienti; uno chef ci spiega come dosarli ed assemblarli. Prepareremo un ceviche di corvina (una sorta di branzino), ma sono tante le specie adatte allo scopo: trote, polpi… ad Arequipa ho mangiato un ottimo ceviche di ricci di mare, ad esempio. Qualunque sia il pesce, l’importante è che sia freschissimo: pare che i veri peruviani si rifiutino di mangiare questa portata a cena perché il pesce ha ormai mutato il suo sapore!
Il ceviche si accompagna tradizionalmente con una patata dolce e mais bollito insieme a qualche goccia di lime e zucchero. Spesso viene servito anche con le cancha, chicchi di una varietà di mais chiamata chulpe che, una volta sul fuoco, non diventano pop corn ma… arrostiscono e basta!
Il mio ceviche è pronto! Lo vedi nella foto di copertina: forse ci ho messo un po’ troppo lime ma… per essere la prima volta sono soddisfatta.
Pranzo veloce alla Huaca Pucllana, a Miraflores
Nel frattempo ci siamo spostati nel quartiere di Miraflores, il più vivo di Lima in quanto a shopping e vita all’aria aperta, con viste spettacolari sull’oceano. E qui, dunque proprio in centro città, si trova anche un importante sito archeologico: la Huaca Pucllana – che ha grosso modo la forma di una piramide – risale al 500 d.C. ed era un luogo sacro in cui pare si compissero sacrifici (anche umani, stando ai reperti rinvenuti) in onore del Mare, per cercare di placarne l’ira durante il fenomeno di El Niño. Direttamente sulle rovine della Huaca si affaccia uno dei ristoranti migliori di Lima – il Huaca Pucllana, appunto – che offre solo piatti tradizionali e che sarà la nostra ultima tappa.
Purtroppo, ci fermiamo qui solo per un assaggio: quattro appetizer, tra cui capesante gratinate, chicharron de cuy (il pocellino d’india) e causa rellena con palta (l’avocado), e quattro dessert che, non amando troppo i dolci, non posso dire mi siano piaciuti (della serie: tieniti la tua mousse e portami un lomo de alpaca!). Da bere, un altro classico peruano: il chilcano, a base di pisco, lime e ginger ale. A dire la verità questa è stata l’unica parte un po’ deludente del tour dato che sedersi in un ristorante simile e poi limitarsi a un assaggio… è un sacrilegio, suvvia!
Il food tour termina qui ma… non il nostro percorso nel gusto!
Cena: Esperienza Nikkei da Maido
Volevo concludere il viaggio in Perù in modo speciale. Sia io che mio marito siamo amanti del fine dining ma… quale locale scegliere qui a Lima? Avevo pensato al Central, ristorante stellato di Virgilio Martinez, oppure ad Amaz, che vanta una cucina particolarissima perché utilizza ingredienti provenienti dalla foresta amazzonica. E poi invece ho virato sulla cucina di Mitsuharu Tsumura e il suo Maido, eletto a miglior ristorante d’America Latina e settimo al mondo nella classifica 2018.
Nonostante la sua fama, si tratta però di un posto molto easy: puoi andare tranquillamente in scarpe da ginnastica (anche perché io non ne avevo altre!), ma devi avere l’accortezza di prenotare con anticipo. E con anticipo intendo 2 mesi. La cucina è quella Nikkei, che mescola tradizioni peruviane e giapponesi e che ha preso le mosse nell’800 con l’arrivo degli emigrati nipponici a Lima. Un menù di 13 portate con maridaje (accostamento) di vini: ¡riquísimo!
Di questa giornata mi rimane un grembiule e parecchia acquolina in bocca: non so te, ma io tornerei a Lima solo per sedermi a tavola e ci starei un mese intero (!).
E voi, avete mai fatto un food tour o prendereste in considerazione l’idea?
Per me il cibo in viaggio è una parte fondamentale dell’esperienza, potendo cerco di provare qualsiasi cosa!
Anche a me era piaciuta molto la cucina peruviana, anche se non ho provato nulla che possa ricadere nella categoria “fine dining”. Ho vissuto con famiglie del posto, quindi ho provato la cucina “casera”, quella delle mamme, e dei ristoranti da pausa pranzo per i locali: quante cose buone! Ricordo con l’acquilina in bocca i locali di gastronomia «chifa», il mix chino-peruviano importato dagli immigranti asiatici di inizio secolo.