La Garden Route è una di quelle drive leggendarie, un po’ come la Great Ocean Road in Australia o la Icefields Parkway in Canada. Tra costa ed entroterra, la N2 corre nella regione dei fynbos: così si chiamano gli arbusti, i fiori e i sempreverde che colorano questo angolo di mondo, una delle aree più variegate del pianeta in quanto a vegetazione. Sebbene la Garden Route ufficiale sia limitata al segmento compreso tra Plettenberg Bay e Storm River/Mossel Bay, molti di coloro che fanno un on the road in Sudafrica si trovano a percorrerne un tratto molto più lungo, che include un’altra zona bellissima, il Karoo.
Le tappe lungo il percorso sono moltissime, da scegliere in base al tempo che hai disposizione, alla stagione in cui ti trovi e alle attività che ami di più. Puoi optare per spiagge chilometriche in cui fare surf, riserve naturali dove dedicarti al trekking o ammirare la fauna locale, scegliere qualcosa di più adrenalinico – dal bungee jumping al cage diving, l’immersione in gabbia con gli squali bianchi – oppure, semplicemente, lasciarti trasportare dalla strada e dai suoi panorami, che reputo sempre un’ottima scelta.
Noi abbiamo percorso la Garden Route in giugno, dunque in inverno, e le abbiamo dedicato due giorni: qui di seguito le nostre tappe.
Partiti da Port Elizabeth, il primo stop è stato nello Tsitsikamma National Park, una delle riserve marine protette più estese al mondo. Lo Tsitsikamma segue la costa per oltre 80km ed è un paradiso per i fotografi: tanto blu ma anche tanto verde, onde spumeggianti, litorali lunghissimi, protee e agave in fiore dietro a cui potresti trovare il buffo muso di un dassie. Questa regione conta vari trail naturalistici, alcuni molto lunghi: un’opzione facile, breve e al tempo stesso scenografica è il Mouth Trail, che conduce ad un ponte sospeso dal quale potrai vedere il fiume Storms sfociare nell’Oceano Indiano. Una volta superato il ponte, puoi proseguire per altri 2km lungo il Viewpoint Trail che, come promette il nome, regala altre viste indimenticabili sul panorama circostante.
Ti piacciono le foche? Proseguendo lungo la Garden Route hai due possibilità di incontrarle: nella Robberg Nature Reserve, dove vive una nutrita colonia, oppure – ma ti serve avere più tempo – a Plettemberg Bay, dove puoi prendere un battello per raggiungere un’isola abitata da parecchi esemplari (se sei nella stagione giusta, potesti avere la fortuna di vedere anche qualche balena durante la navigazione).
La nostra prima giornata si conclude a Knysna, dove arriviamo giusto in tempo per un tramonto fantastico: quello a The Heads, dove l’oceano, stretto tra due speroni di roccia, forma la laguna che ha reso questa cittadina così famosa. La sera? Cena a base di ostriche, per cui Knysna è rinomata in tutto il Sudafrica.
Il mattino seguente proseguiamo in direzione di Wilderness e delle sue spiagge, per poi arrivare a George. Ora, puoi decidere se completare la Garden Route, raggiungendo Mossel Bay – dove puoi immergerti con lo squalo bianco – oppure vedere un poco di entroterra. Noi abbiamo deciso di variare il paesaggio e così, lasciata la costa, ci siamo spostati all’interno, nella zona del Karoo. Questa è un’ampia area in parte desertica (Grande Karoo) e in parte ricoperta da praterie (Piccolo Karoo, dove passeremo noi).
Per arrivarci, una volta lasciata la cittadina di George, dovrai superare il bel Outeniqua Pass e poi seguire la Route 62 che viene definita la strada più panoramica del Sudafrica. Tappa quasi obbligata è Oudtshoorn, la capitale dello struzzo! Tutta la zona che circonda questo centro abitato è infatti nota per l’allevamento di questi animali dalla carne saporitissima: ne vedrai scorrazzare un bel po’ e, se lo desideri, puoi anche visitare una fattoria. E poi Calitzdorp, Barrydale, Swellendam: un sacco di cittadine carine, da vedere soprattutto se percorri la Garden Route in inverno e dunque non hai la possibilità di goderti le spiagge.
Poi, un’idea pazza. Di km quel giorno ne avevamo già macinati parecchi ma… niente, ne abbiamo aggiunto un altro centinaio. E tutto per andare al punto più a sud del continente – che non è il Capo di Buona Speranza, come spesso viene erroneamente riportato (basta guardare la cartina per rendersene conto) – ma è Cape Agulhas, dove l’Oceano Indiano si incontra con l’Oceano Atlantico.
Così tanta strada ma… ne è valsa la pena? Per me sì. Cioè, non aspettarti chissà cosa: non ci sono attrazioni particolari da vedere, tanto meno dei locali. E’ un punto aspro, rabbioso, dove gli spruzzi di salsedine ti arrivano in faccia insieme ai tuoi capelli, sbattuti da un vento fortissimo. Nessun litorale sabbioso ma tanti scogli, appuntiti e scivolosi. E’ un punto ostile e desolato quello più a sud di tutta l’Africa, estremo in tutto e per tutto come si addice a quelle tappe che in qualche modo segnano la fine del mondo. Soprattutto se hai la fortuna di non trovare nessuno – quel giorno c’erano solo un paio di pescatori solitari – ti sembra veramente di essere arrivato al limite di un qualcosa, di aver raggiunto una meta speciale.
C’è una targa e non so se è stato solo un caso ma, come puoi vedere bene nella foto qui sotto, sembra che il mare sia stato diviso con un coltello. Da un lato le acque dell’Oceano Indiano, pacate, calme. Dall’altro quelle ruggenti dell’Oceano Atlantico, dalle onde alte, schiumose. E’ qui che i due si incontrano, che mescolano le loro correnti calde e fredde. Insomma, Cape Agulhas è un posto bellissimo secondo me: ripeto, non vedi null’altro che il mare ma… bhè, è qui che ho avuto l’esperienza più magica, più emozionale, più adrenalinica del viaggio lungo la costa. Il cage diving? Lascialo a chi ama dire-che-fa-cose. Se cerchi una sensazione più pura e vera, vieni qui.
Verso sera arriviamo a Hermanus. L’indomani, ci attendono balene e pinguini.