Se segui l’attualità, avrai notato che, recentemente, l’Angola è entrata nelle pagine dei quotidiani in occasione della visita di Mattarella a Luanda, prima volta in assoluto per un capo di stato italiano. Obiettivo del paese è quello di diversificare la propria economia, svincolarsi dal settore petrolifero e creare opportunità d’investimento in nuovi settori: dall’agricoltura al turismo.
Se segui il mio blog, avrai notato che di Angola parlo molto poco, sebbene viva qui da quasi tre anni. Non ti sarà sfuggito che, così come è evidente il mio trasporto quasi amoroso per determinati luoghi, è altrettanto palese la mia insofferenza verso altri (Namibia e Rio de Janeiro? Una volta e sto, grazie). All’Angola, inutile nasconderlo, non mi ci sono mai affezionata, non ho mai avuto voglia di scoprirla, né tanto meno di sottrarre giorni preziosi ad altri viaggi per dedicarli a lei. Insomma, non vedo l’ora di andarmene da qui.
Eppure si parla molto del potenziale turistico di questo paese. Ma cosa c’è da vedere in Angola? Quello che trovi qui di seguito è un piccolo itinerario che da Luanda scende lungo l’oceano per circa 130km. Ciascuna di queste tappe è visitabile in giornata, ma puoi anche pensare di prenderti qualche giorno di fila e fare così un piccolo on the road.
# Luanda
Non è esattamente quella che si definisce una bella città. Bairros e grattacieli, molti dei quali lasciati a metà, ricordo del boom edilizio successivo alla guerra civile; una passeggiata sul lungomare, la Marginal, e una manciata di musei: l’unico che a mio parere vale una visita è quello militare, allestito all’interno della Fortaleza di Sao Miguel, antica sede del governo portoghese.
# Morro da Cruz
Lasciato il trafficatissimo centro della capitale, puoi fare una sosta nella zona di Morro da Cruz, dove trovi il mercato dell’artigianato di Benfica e il Museu da Escravatura. Nel primo puoi acquistare sculture in legno, quadri e coloratissime stoffe africane, compresa la Samakaka, il caratteristico motivo angolano che riporta i toni della bandiera: rosso, giallo e nero. Se però cerchi qualcosa di veramente tipico, allora il Pensador è quel che fa per te: è la scultura emblema dell’Angola e la vedrai riportata praticamente ovunque, a cominciare dalle banconote. Si tratta di un figuro accovacciato, che si prende la testa tra le mani e… pensa. Pensa e ripensa. Pare sia simbolo di saggezza, di segreti acquisiti con l’esperienza.
Il Museo della Schiavitù si trova a lato del mercato ed è stato ricavato dentro una cappella del XVII secolo, nella quale si battezzavano gli schiavi prima di imbarcarli verso le colonie, soprattutto brasiliane. Esposti in sala, tra modellini di navi negriere e qualche utensile, troverai una serie di oggetti da museo degli orrori: fruste, ceppi in ferro, anelli al collo, palle al piede, catene. Un locale piccolo – appena due stanzucce – ma decisamente una grande testimonianza del passato.
# Miradouro da Lua
Letteralmente, il belvedere della luna. Si tratta di un punto di osservazione su di una una gola in cui si ergono bizzarre formazioni rocciose: pinnacoli e spire rosso fuoco che ricordano gli hoodoo del Bryce Canyon, in Utah. Un paesaggio lunare e inospitale, dietro cui, però, spunta la distesa blu dell’oceano. Da vedere al tramonto.
# Parque Nacional do Kissama
E’ il parco nazionale più grande del Paese (circa 10.000 km2) e ospita al suo interno giraffe, antilopi, gnu, eland, zebre e scimmiette. Si dice anche qualche elefante (sebbene a raccontarlo siano davvero in pochi) ma purtroppo nessun felino. Perché una simile scarsità di animali? Perché la maggior parte di essi vennero sterminati durante la guerra civile: quelli presenti oggi sono stati reintrodotti da Sudafrica e Botswana nell’ambito di un programma che, nei prossimi anni, si propone di ripopolare l’area poco alla volta. Dopo un’escursione in jeep, è possibile fare un giro in canoa sul fiume Kwanza, con la speranza di avvistare qualche coccodrillo (ma sappi che le probabilità sono pari a quelle dell’elefante).
Insomma, se sei appassionato di safari e nella tua vita ne hai già fatti un certo numero… non aspettarti assolutamente nulla dal Kissama solo perché si trova in Angola: l’esperienza è del tutto trascurabile e non ricorda neanche lontanamente quella di grandi parchi quali Kruger, Serengeti e Chobe. Ma nemmeno quella di parchi più piccoli come Conkouati in Congo e Addo NP in Sudafrica, se per questo. Unica lancia da spezzare a favore del Kissama è la sua vegetazione: il baobab (che qui si chiama imbondeiro) è l’albero nazionale dell’Angola e qui nel parco ce ne sono numerosi esemplari, mescolati ai bei quiver tree, i cosiddetti alberi faretra.
# Caboledo
Ultima tappa di questo piccolo on the road è Caboledo, un’area costiera balneabile e attrezzata dalla sabbia dorata. A livello di strutture ricettive, sono disponibili un paio di resort con bungalow per chi desidera fermarsi la notte e altrettanti ristoranti dove assaggiare, tra le altre cose, il pesce cucinato all’angolana: puoi provare il calulu (un mix di pesce secco e fresco) o il mufete (pesce grigliato) entrambi serviti con patate dolci, manioca, pomodori e altre verdure. Da provare l’interessantissima varietà di frutta: accanto ai più tradizionali frutti tropicali quali ananas, papaya, avocado e mango, ci sono anche mirangolo, sape sape, loengo, tamborino, anona, lombula, maboque, pitaya, pitanga e soprattutto la múcua, il frutto del baobab. Da bere, un sumo natural con gengibre e hortela (zenzero e menta) o una lattina di Cuca o Nocal, le birre nazionali.
Caboledo è una spiaggia ottima per il surf e ospita una scuola per chi desidera imparare questo sport (io in Angola già mi sono data alla corsa, per cui passo, grazie). Infine, tra luglio e ottobre, tieni d’occhio il mare: potresti vedere qualche balena emergere dalle acque! E’ in questa stagione che le balene scendono verso il Sudafrica e ogni anno usciamo in barca a cercarle: con un po’ di fortuna riuscirai a imbatterti anche in un branco di delfini!
Lontano da Luanda – e dunque con più giorni a disposizione – potresti invece pensare di muoverti nell’entroterra e raggiungere le Quedas de Kalandula che, in mezzo ad una vegetazione lussureggiante, con un’incredibile portata d’acqua e un’altezza di 105m, sono le seconde cascate d’Africa (le prime sono le splendide Victoria Falls, tra Zambia e Zimbabwe). Oppure potresti volare nel sud del Paese, per esplorare gli ambienti desertici a ridosso della Namibia e visitare la cittadina di Lubango, dove non è raro incontrare membri della tribù Mwila (o Mwela), un popolo seminomade che ricorda i vicini Himba.
Esperienze che, forse, mi deciderò a fare anch’io prima di andarmene definitivamente da qui.
Forse.
Ma probabilmente anche no.