Le lacrime mi sono salite subito agli occhi, quando ho visto il fumo alzarsi nel cielo rosa di Parigi. Di nuovo un attentato, di nuovo la Francia – è stato il mio primo pensiero. Un attentato per fortuna non lo era; si trattava invece – molto probabilmente – di un tragico errore umano. Nello stesso giorno in cui, oltre un secolo fa, affondava il Titanic, l’impalcatura dei lavori di restauro ha ceduto e Notre-Dame ha preso fuoco. In meno di un’ora, buona parte della cattedrale è arsa viva.
Viva, perché Notre-Dame è una presenza. Testimone elegante e silenziosa della storia di Francia e, con essa, del mondo: la prima pietra deposta nel buio del medioevo, è sopravvissuta alla Guerra dei Cent’Anni, alla rivoluzione francese, al Terrore, all’invasione nazista. Ha visto l’incoronazione di Napoleone, il rogo degli eretici, ha visto Giovanna d’Arco diventare Beata Giovanna d’Arco. Ha salutato per l’ultima volta Mitterand e De Gaulle.
Ha dato vita, attraverso il genio di Hugo, al Pape des fous, il gobbo Quasimodo. Ha visto Esmeralda sospirare dall’alto delle torri e Frollo precipitarne giù.
Con Notre-Dame brucia il luogo della storia e delle storie.
La flèche simbolo di Parigi si è consumata come un cerino, sorprendentemente in fretta. Ridotta a un tizzone ardente, si è piegata e sbriciolata tra lo sgomento di turisti e parigini. “Non resterà più niente” – ha detto un portavoce della cattedrale; “se cade la grande campana è la fine, la torre non reggerà”. Dopo lo straziante ‘Une Partie De Nous Brûle’, Macron parlava già di ricostruzione, mentre circolava la terribile immagine delle fiamme che divoravano la crociera e i vortici di cenere e detriti turbinavano verso un cielo ormai notturno. Sono andata a letto immaginando i gargoyle avvolti nel fumo, il loro viso in una smorfia più contratta del solito, l’orrore negli occhi.
“E’ la chiesa più bella del mondo” – scrivevo qui. Ho avuto la fortuna di vederla 5 volte e forse non l’avrei fatto più. Cosa avrei trovato l’indomani, una volta aperto il pc?
Notre-Dame è salva, dicevano i titoli. O meglio, è salvo il perimetro, è salva la facciata. La navata è inondata di macerie, che si ammucchiano davanti alla Pietà. Il tetto è collassato e incerto è il futuro dei rosoni, di cui si temeva l’esplosione. La bellissima rosa del Nord, con i suoi 13m di diametro e, al centro, la Vergine e il Bambino, sembra però aver retto. E’ stato risparmiato alle fiamme anche l’organo, così come reliquie preziose come la corona di spine di Cristo, un pezzo della croce e uno dei chiodi. Per una (inquietante) coincidenza, le statue di rame che circondavano la flèche erano state rimosse appena tre giorni prima, destinate al restauro. Gesù, gli evangelisti e gli apostoli – tra cui San Tommaso/ Eugène Viollet-le-Duc, il santo patrono degli architetti col viso del progettista che, nell’800, si occupò del restauro della Cattedrale – erano lassù da 150 anni e, buon per loro, del fumo non hanno sentito nemmeno l’odore.
Non tutto è perduto, insomma. Resta però il fatto che Notre-Dame era una certezza, un punto fermo. Come il Colosseo. C’è sempre stata e credevamo ci sarebbe stata sempre. Invincibile e indistruttibile, da quasi mille anni. Tragica ironia del destino che a piegarla sia stata una calamità di natura medievale, quella delle fiamme. Notre-Dame, che è sopravvissuta alla Guerra dei Cent’anni ma non del tutto alla furia del fuoco del 2019.
Adesso, la parola d’ordine è ricostruzione. Ma come? Si rifarà forse uguale a prima con la consapevolezza che nulla sarà più uguale a prima? Tra le parole di solidarietà e cordoglio provenienti da tutto il mondo – da Trump al Vaticano – mi è piaciuta la positività di Vittorio Sgarbi.
Perché se è vero che Notre-Dame è stata edificata tra il 1163 e il 1344, “opere come questa sono il frutto di secoli di lavoro. Hanno alle spalle un’esistenza plurisecolare di modifiche, abbellimenti, restauri. Se guardiamo alle fiamme di queste ore con il metro della storia, capiamo che nulla è definitivamente perduto […] Sta semplicemente per partire un’altra fase importante nella vita di questo monumento” – dice il critico in un’intervista. “Vedrete, tra dieci anni Notre-Dame sarà più bella di prima”.
E’ vero. Notre-Dame è il risultato di stili architettonici diversi, di restauri in epoche diverse: la stessa fléche è stata apposta ‘solo’ nel 1800. Ogni secolo ci ha messo del suo, rendendola il capolavoro che oggi conosciamo.
Intanto però, Parigi ha già cambiato volto.
Non è un lutto e, soprattutto, non è un 11 settembre.
Però, non versare una lacrima è impossibile.
La foto in copertina è un disegno realizzato dall’artista e architetto Cristina Correa Freile e condiviso sul suo account instagram @dibujosdecristina
I francesi hanno raccolto sangue e lacrime negli ultimi anni. Si sono rialzati e sono ripartiti. Adesso devono raccogliere cenere: sono convinta che ce la faranno e che a breve la “nostra” Notre Dame sarà in piedi più bella che mai. Forse in questo periodo di proteste e di divisioni nel cuore di Parigi, questo episodio calmerà gli animi e farà ritrovare quello spirito patriottico che un po’ manca anche a noi. In bocca al lupo mes amis!
Eh già, dopo tutto quel che è successo, non ci voleva anche questa. Sto seguendo le notizie sulla ricostruzione e… Boh, sono un po’ perplessa, difficile trovare una linea che accontenti tutti. Spero però nulla di futuristico come invece mi è capitato di leggere da qualche parte!