Questo post non offre un elenco esaustivo di tutto ciò che puoi incontrare lungo la Route66 in Oklahoma. Le tappe sono tante e, come dicevo qui, variano in base al tempo che hai a disposizione, ai tuoi interessi e… al caso: non è infrequente arrivare a metà pomeriggio in un museo/diner/attrazione qualsiasi e trovarla (già) chiusa. Sono gli imprevisti che caratterizzano qualunque on the road! Goditi la strada così come viene: è il consiglio più grande che posso darti affinchè il tuo viaggio sia speciale.
Qui di seguito, il mio Oklahoma.
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Nickname: Oklahoma, the Will Rogers Highway
Distanza coperta dalla historic route: 432/2448 miglia totali
Interstate di riferimento: I-44 fino a Oklahoma City, poi I-40
Fuso orario: Central Time
Lasciamo il Kansas, lo stato che ha il minor numero di miglia di Route 66 percorribili (appena 13) per quello con che ne ha di più, l’Oklahoma. Qui la 66 racconta la small town America, quella di provincia, con pochi centri abitati ma tanti pascoli, tanti ranch. Le sue 432 miglia sono dedicate a Will Rogers, colorito comico e politicante di origini cherokee, nato proprio qui. Oggi, ai lati della old route scorre un mondo rurale, punteggiato di trading post fantasma, ricordo sbiadito di un’epoca d’oro, e occasionali rimorchi abbandonati, di quelli con su una casa – che, negli Stati Uniti, spostarsi con le quattro mura appresso non è difficile. A conservare lo spirito avventuroso della Mother Road, solo un paio di tartarughe a bordo carreggiata che vediamo impegnate in una lenta e presumibilmente lunga marcia. Appena al di là del confine col Kansas, la nostra avventura ha inizio a…
Commerce – L’attrazione maggiore di questa cittadina è una vecchia pompa di benzina Conoco, nota come Hole in the Wall, al 101 di South Main. Sembra uscita da un libro: una casetta dai muri verdi e i tetti spioventi – la tipica architettura degli anni ‘20 – che si staglia su un muro di mattoni rossi che fanno pendant con la ruggine degli antichi distributori. Davanti ad essa il Dairy King, un ristorante piccino, di quelli mom&pop, a conduzione famigliare. Bianco e rosso, a forma di cottage, con un grosso cono gelato al neon a sovrastare il tetto: entra dentro, si tratta dell’unico esercizio che vende i cookies intitolati alla Route66! Imperfetti e rigorosamente fatti in casa, costano un dollaro l’uno: sono biscotti a forma di scudo, un concentrato di burro e zucchero e tappa mangereccia da non farsi mancare assolutamente (li vedi qui)!
Miami – E’ qui che comincia il breve tratto di strada noto come Ribbon Road. Completato nel 1922, copre una distanza molto ridotta – 15.46 miglia, appena fino al vicino paese di Afton – ma è una chicca da non perdere per chi cerca i tratti più autentici e caratteristici della Route66. Ha una storia curiosa: poiché l’Oklahoma non aveva abbastanza denaro per realizzare una strada a doppia corsia, si decise di asfaltare solo il centro della strada lasciando i bordi sterrati, cosicchè, se due veicoli si fossero trovati a passarvi contemporaneamente, avrebbero avuto due ruote sullo sterrato e due sull’asfalto. Questo tratto, oggi conosciuto come “ribbon road” o “sidewalk road”, faceva parte della US 66 ed è parzialmente percorribile ancora adesso. Non è niente di più di una strada di campagna, ma è comunque una bellissima testimonianza non solo del paesaggio rurale dell’Oklahoma ma anche e soprattutto delle tante facce che la vecchia Mother Road ha assunto nei decenni.
Oltre alla Ribbon, a Miami trovi anche un’antica stazione di servizio completamente restaurata, la Marathon Oil Gasoline Station e il Kuku Burger, l’ultimo punto vendita rimasto negli Stati Uniti di una catena di fast food che, negli anni ’60, ne vantava oltre 200. Un cucù giallo che esce dal tetto, un’ingombrante auto d’epoca azzurra parcheggiata proprio davanti all’insegna ed è già ritorno al passato: per noi era troppo presto per concederci un hamburger ma se tu passi di lì all’ora di pranzo fammi sapere come hai trovato questo posto!
Vinita – A proposito di hamburger, una tappa da segnalare solo per gli appassionati di McDonald’s: proprio a Vinita sorge quello che per svariati decenni è stato il McDonald’s più grande del mondo!
Catoosa – Custodisce una delle tappe più kitsch – ma anche più romantiche – della Route 66: la Blue Whale, una balena artificiale di 24metri. A costruirla negli anni ‘70, e a donarla alla moglie in occasione del loro 34° anniversario di matrimonio, è stato Hugh Davis, ex-direttore dello zoo di Tulsa, OK. Appassionato di animali e proprietario di un laghetto spesso utilizzato dalla famiglia per rilassarsi nel weekend, Hugh pensò bene di realizzare una balena con tanto di scivoli e trampolini, creando così un piccolo parco acquatico che cominciò ad essere sfruttato anche dalla gente del posto. Alla morte di Hugh, la blue whale cadde in disuso, fino a che, anche grazie ad una piccola raccolta fondi, il figlio non riuscì a restaurarla sul finire degli anni ‘80. Oggi, il sorridente cetaceo è già visibile dalla strada ma nulla vieta di avvicinarcisi per una foto o per fare pic-nic sulle sponde del lago: è uno degli stop imprescindibili della Mother Road.
Tulsa – Cittadina tutta (o quasi) dedicata a Cyrus Avery, a cui è stato innalzato anche un memoriale. Fu infatti Cyrus Avery, soprannominato the Father of the Mother Road, a volere che la US 66 passasse di qui: per dare lustro al paese che gli aveva dato i natali, per collegare il suo Oklahoma con i grandi poli di Chicago e Los Angeles.
Stroud – Due sono le istituzioni che raccontano la storia di Stroud e della Strada Madre: il noto Skyliner Motel dalla riconoscibilissima insegna al neon e, soprattutto, il Rock Café (114 West Main Street). Tirato su negli anni ’30 da un gruppo di studenti a caccia di dollari facili, costruito con pietroni di scarto (da cui l’appellativo rock), questo locale è un osso duro: schiacciato dall’avvento dell’Interstate negli anni ‘70, spazzato via da un tornado nel 1999, raso al suolo da un incendio nel 2008, si è sempre rialzato e, oggi come un tempo, continua a servire ai viaggiatori della Strada Madre il vero roadfood, quello autentico, senza tanti fronzoli.
Seduta a un tavolo di legno su cui troneggiava un bottiglione di ketchup e uno di senape, ho ordinato un grande classico: pollo fritto, accompagnato da un contorno che avevo sempre desiderato assaggiare, i mitici pomodori verdi fritti. A servirmeli – ‘Morning, hon! – una cameriera dalla camicia fucsia come il suo rossetto, più vicina ai 60 che ai 50, i capelli cotonati e un accento stupendamente americano.
Arcadia – Nel parcheggio del Pops Soda Ranch troverai ad accoglierti una monumentale bottiglia di soda alta più di 20 metri che già preannuncia l’house special: le bibite gassate, appunto. All’interno del locale, scaffali stracolmi di bottigliette colorate e zuccherose dai sapori talvolta improponibili: si dice ci siano oltre 530 gusti tra cui scegliere! Io, dopo aver propeso a lungo per una soda al burro d’arachidi (ebbene sì), ho optato poi per una cream soda, più esattamente la Frostie che – lo ammetto – ho scelto più che altro per il colore. (A dirla tutta, comunque, era pure buona! Ma del resto a me è piaciuta anche l’Inca Kola in Perù, per cui – forse – non faccio testo). Qui ad Arcadia, appena poco dopo Pops, non potrai fare a meno di notare l’Old Round Barn, un granaio tondo e rosso, costruito a fine ‘800 e divenuto uno dei landmark della 66 in Oklahoma.
Oklahoma City – Benvenuto nella state capital, città di carovane e cowboy. Tre curiosità: 1. Proprio a questi ultimi è dedicato uno dei suoi musei principali, il National Cowboy & Western Heritage Museum; 2. Nel quartiere di Stockyards si tiene il più grande mercato al mondo di bovini; 3. Anche qui c’è una bottiglia gigante, ma di latte: la Giant Milk Bottle troneggia sul tetto di una piccola grocery ma, a dirla tutta… non è poi così grande, una volta vista quella di Pops. Si trova però vicino a quel tempio del tutto che è Wallgreens, dove puoi comprare più o meno qualsiasi cosa di cui tu abbia bisogno, dalle medicine agli snack, ai preziosissimi adattatori (che noi prontamente avevamo dimenticato in albergo a Chicago tipo il secondo giorno di viaggio).
El Reno – Questa città la cito solo perché si definisce la patria dell’onion burger e, solo per questo, si merita una menzione ad honorem. Sai mai che un giorno, in una conversazione qualunque, tu possa fare bella figura sfoggiando questa nozione! :DD
Hydro – Dopo Bob Waldmire in Illinois e Gay Parita in Missouri, ecco un altro angelo della strada, Lucille Hamons. Negli anni ’40, Lucille rilevò insieme al marito una casetta in legno con veranda nei pressi della cittadina di Hydro, con annessa una stazione di benzina. Non sapeva ancora che a quella gas station avrebbe dedicato tutta la sua vita e che lei stessa sarebbe diventata il punto di riferimento per tutti i viaggiatori della Mother Road. Generosa, forse un poco ingenua, Lucille non ha mai negato ospitalità né un piatto caldo ai disperati in fuga dalla Dust Bowl, dalla Grande Depressione. Per dar loro una mano, spesso comprava i pochi beni che avevano, beni di scarso o nessun valore: acquistava per pochi spiccioli le ferraglie su cui viaggiavano, spiccioli che però consentivano ai viaggiatori di proseguire il loro viaggio verso la California in autobus.
E mentre il suo cortile si trasformava in quello di uno sfasciacarrozze, Lucille si guadagnò il tenero appellativo di The mother of the Mother Road. Morì nel 2000, a 85 anni. La sua stazione mi ha messo un po’ di malinconia: attraverso i vetri appannati si intravede un cucinino bianco dalle ante scardinate, una ventola che non gira più a rinfrescare i giorni più caldi e un bancone vuoto. Quel semplice interno racconta una vita altrettanto semplice, quella di una donna che non aveva visto nulla del mondo eppure lo aveva visto tutto: le bastava uscire in veranda e affacciarsi su quel lungo nastro d’asfalto che, un tempo trafficatissimo, ora scivola silenzioso davanti alla stazione con il suo bagaglio di volti e di storie.
Clinton – Come ti avevo già anticipato in altri post, sono tantissimi i musei a tema 66 disseminati lungo i 4000 km che separano Chicago e Los Angeles. Alcuni vale la pena vederli e altri meno ma, se dovessi scegliere di visitarne uno – uno solo – allora opta per l’Oklahoma Route 66 Museum di Clinton. Lo riconoscerai subito per la fiammante Chevrolet d’epoca che fa bella mostra di sé in vetrina! Il museo ha in serbo un vero e proprio viaggio nel tempo: ciascuna sala rappresenta un decennio di storia della Route 66, dagli anni ‘20 a oggi. A ogni epoca sono abbinati una canzone da ascoltare, pannelli che raccontano i fatti salienti dell’epoca, cimeli originali, video e ambientazioni perfettamente ricreate: dai diner con jukebox alle officine meccaniche. Non perderlo per nessun motivo!
Erick – Una tappa carina, di quelle vintage e super confusionarie che piacciono a me. Si tratta del Sand Hills Curiosity Shop (201 S Sheb Wooley St), ex meat market della città, che oggi ospita invece tantissimi memorabilia a tema 66. Cigolanti insegne arrugginite, un vecchio road sign, l’eterna competizione tre Pepsi e Coca Cola a colpi di pubblicità, gli immancabili stendardi delle oil company, latte d’olio per motori e molto altro, il tutto su un pittoresco sfondo di mattoni rossi. Poco più in là, un murales che inneggia all’America: è sbiadito e scrostato, ma lo star-spangled banner si vede ancora.
L’ultima città dell’Oklahoma è Texola, ormai una ghost town; abbandonata da tempo immemore, è sede di un’antica prigione costruita nel 1910. Il suo nome lo preannuncia già: poche miglia e saremo nel Lone Star State, il Texas.
Tutti gli articoli che via via inserirò sulla Route66 li trovi a questo link.