Route66: cosa vedere in Arizona, il tratto più colorato della Mother Road

Un percorso divertente e variopinto, ricco, ricchissimo di tappe iconiche e di meraviglie naturali

Questo post non offre un elenco esaustivo di tutto ciò che puoi incontrare lungo la Route66 in Arizona. Le tappe sono tante e, come dicevo qui, variano in base al tempo che hai a disposizione, ai tuoi interessi e… al caso: non è infrequente arrivare a metà pomeriggio in un museo/diner/attrazione qualsiasi e trovarla (già) chiusa. Sono gli imprevisti che caratterizzano qualunque on the road! Goditi la strada così come viene: è il consiglio più grande che posso darti affinchè il tuo viaggio sia speciale.
Qui di seguito, la mia Arizona.

Nickname: Arizona, The Golden Road of the Black Mountains
Distanza coperta dalla historic route: 401/2448 miglia totali
Interstate di riferimento: I-40
Fuso orario: Mountain Time

Dopo aver trascorso l’ultima notte in New Mexico nell’hotel delle star, proseguiamo: ancora due stati e potremo dire di aver percorso tutta la Route66! La bandiera dell’Arizona, con i suoi tredici raggi rossi e oro, ci dà il benvenuto: questo sarà un itinerario (e un post!) lungo e colorato, ricco, ricchissimo di tappe iconiche e di meraviglie naturali. Anzi, la prima è proprio una di queste!

Painted Desert & Petrified Forest National ParkE’ l’unico parco nazionale in cui transitava la Mother Road, tratto oggi marcato da una Studebaker del ‘32: immagina cosa doveva essere già allora attraversare questi luoghi! Così com’è tipico della strada più famosa d’America, le roadside attraction e i motel non mancavano neanche in questa zona. Ma mentre le prime oggi non esistono più – parlo di uno zoo che, negli anni ’20, spopolava grazie alla presenza di cuccioli di leone e di una torre d’osservazione per ammirare dall’alto il paesaggio circostante – il motel, ossia la Painted Desert Inn, c’è ancora. E’ stata trasformata in un museo e, attualmente, è un bellissimo edificio in adobe.
Già che sei qui, vale assolutamente la pena visitare il parco: il loop al suo interno è di circa 50km e ti consentirà di vedere da vicino badlands variopinte e desolate e tronchi di alberi pietrificati, risalenti a centinaia di milioni di anni fa!

Holbrook – Se vuoi fermarti a dormire, questo è il posto giusto! Puoi pernottare in uno dei motel più amati e divertenti della Route66: il Wigwam Motel (811 W Hopi Dr), catena popolarissima sin dagli anni ’30, di cui oggi non restano che tre sedi in tutti gli USA, due delle quali ovviamente lungo la Route 66 (l’altra è in California). Perchè è così famosa? Perché le camere sono riproduzioni (in cemento) di tende di nativi americani, sebbene – cosa curiosa – si tratti di teepee (a punta) e non di wigwam (a cupola). Anche se non pensi di fermarti, entra comunque nel parcheggio del motel per darci uno sguardo: ciascun teepee ha davanti all’ingresso un’auto d’epoca.

Sempre in Hopi Dr, appena dietro lo Stan’s Barber Shop – che, uomini! offre ‘men’s military cuts and flattop-style cuts for only $9’ – vedrai un edificio rosa pastello: si tratta del Joe & Aggie’s Café, un ristorante storico che serve Mexican-American food da generazioni. Il suo fiore all’occhiello è una salsa a base di peperoncino rosso e verde: la definiscono ‘pretty hot’. Peccato non averla potuta assaggiare, dato siamo passati di qui la domenica, giorno di chiusura del locale.


Prima di lasciare Holbrook, ancora una sosta al Rainbow Rock Shop, un negozio famoso per due cose: le pietre e i dinosauri. Le pietre: fossili, geodi, petrified wood… ne trovi una quantità spaventosa, accatastati in ogni dove all’esterno del negozio. I dinosauri: sono sette, sono in cemento e li vedi svettare già da lontano. Verdi, gialli, rossi, col collo lunghissimo oppure bassi e tozzi: non sono in vendita però! Anche questo esercizio l’ho trovato chiuso e, date le condizioni in cui versava il cortile, ho ragione di credere che l’attività sia cessata. Spero comunque nel contrario!

Joseph City – Pronti per una delle tappe più acclamate dell’intera Route 66? Ne abbiamo avuto un’anticipazione strada facendo, vedendo apparire di tanto in tanto enigmatici cartelloni gialli con su disegnato un coniglio. Bhè, qui a Joseph City l’arcano si svela, l’attesa finisce: here it is! Eccolo qui il trading post più famoso del mondo, il Jack Rabbit, da cui tutti i viaggiatori finivano per passare, perchè come diceva il suo slogan: “If you haven’t been to the Jack Rabbit, you haven’t been in the Southwest!”.
Ma oggi? Oggi il Jack Rabbit è un negozio di snack, soda e cianfrusaglie come tanti altri, con un grosso coniglio in vetroresina appostato vicino all’ingresso. La maggior attrattiva rimane sempre lui, quel lungo rotolo d’asfalto. Qui che più che altrove è facile capire la lunga, solida storia d’amore che lega gli Stati Uniti, la strada e i billboard e immaginare il traffico che ingombrava quella carreggiata oggi divenuta secondaria. Una tappa per veri nostalgici, insomma!

Winslow – Ci accoglie con un enorme scudo dipinto a terra, all’angolo tra Kinsley e E 2nd Street. Un luogo non certo scelto a caso perchè…


… si tratta del famoso corner cantato dagli Eagles in Take it Easy! Ti ricordi come fa? Well I’m a standing on a corner in Winslow, Arizona / Such a fine sight to see / It’s a girl my lord in a flatbed Ford / slowin’ down to take a look at me… Ed è proprio questa strofa che la cittadina di Winslow ha deciso di immortalare con un bronzo – con tanto di chitarra – e un murales alle sue spalle, su cui, ovviamente, spicca la ragazza della Ford. Dai un’occhiata anche al marciapiede: troverai tantissime targhe, pensieri lasciati da viaggiatori passati di lì negli anni; alcuni sono commoventi (Daisy was in here in 2008, now will be here forever), altri romantici (Ellis e Anne Marie, kissin’ on the corner in 2006): è bello fermarsi a leggerli.

Da vedere, a Winslow non c’è molto altro: puoi fermarti a mangiare un boccone (è qui che ho trovato i tacos più buoni del Southwest!), oppure fare una deviazione per il vicino Meteor Crater, un cratere di 1.200 metri di diametro, generato dall’impatto di un meteorite (che io però non ho visitato, per cui non saprei dirti se ne vale la pena!).

Two guns – Di questo posto, divorato da un incendio negli anni ’70, oggi non rimane praticamente nulla, se non la curiosa storia che lo circonda. Sorto su di un terreno acquistato negli anni ’20 dal veterano Harry Miller, Two Guns era una tappa piuttosto frequentata dagli amanti del macabro. Oltre a uno zoo, Miller aveva aperto al pubblico le porte di una caverna in cui aveva stipato gli scheletri di decine di Apache rinvenuti nei dintorni. Gli affari andavano bene: peccato per la sequenza di disgrazie che colpirono il ‘povero’ Miller, l’ultima delle quali – l’attacco di un puma del suo zoo – lo invalidò a vita.

Twin Arrows – Un vecchio trading post che, di certo, ha visto giorni migliori. Di esso non resta che una baracca sporca di graffiti e le due enormi frecce gemelle, saldamente piantate nel terreno. A conoscerlo sono però in tanti, poiché Forrest Gump, nella sua corsa senza meta, passò anche di qui (oltre che di qui).

Winona – A proposito di canzoni, don’t forget Winona!, diceva la celeberrima Get your kicks (di cui ti parlato in questo post). E noi non ce la dimentichiamo, anche se a dir la verità, a parte uno scenografico ponte di ferro, a Winona non c’è altro.

Flagstaff: Per me, una delle cittadine più belle degli USA. Oscilla tra la modernità – con un buon numero di caffetterie, ristoranti alla moda, negozi di abbigliamento sportivo – e un passato da cittadina del Far West – edifici ottocenteschi, la ferrovia che ci passa proprio in mezzo, il fischio del treno che risuona nella notte. Così tante le cose da fare che ci si potrebbe tranquillamente fermare anche una settimana, magari in inverno, quando aprono gli impianti sciistici. Ecco, Flagstaff mi ricorda un po’ Aspen, splendida città del Colorado che ho visitato qualche anno fa e che vorrei vedere con la neve.

Tre suggerimenti al volo:
#Un locale – Per restare in tema Route66, ti segnalo il Museum Club, un locale che intrattiene i viaggiatori con spettacoli di musica country sin dagli anni ’30.
#Un ristorante – Il Pizzicletta, che come avrai capito, è un ristorante italiano! No, non sono impazzita:  le recensioni erano super entusiaste e ho pensato che la pizza non poteva poi essere tanto peggio di quella che fanno in Angola no? Bhè, dico la verità: ho mangiato meglio qui che in varie pizzerie del Bel Paese. Gli ingredienti sono di qualità, il vino e la birra pure (c’è la Menabrea!) e la storia del locale ha dell’incredibile: tutto nasce dall’idea di un imprenditore dell’Indiana che, innamorato dell’italia, l’ha girata più volte in bici carpendone i segreti culinari per poi trasmetterli ai suoi dipendenti. Perchè in cucina ci sono solo americani!
#Un hotel – Di hotel storici a Flagstaff ce ne sono un paio: le scale che scricchiolano, il saloon trasformato in un bar, i lettoni in legno, un pezzo d’antiquariato all’ingresso – un pianoforte o una vecchia cassaforte – e… un fantasma che, la notte, si aggira per i corridoi. Gli hotel più famosi in città sono due, il Monte Vista e il Weatherford: noi abbiamo soggiornato in quest’ultimo, ma del fantasma manco l’ombra. E per fortuna.

A questo punto, io ho fatto una deviazione di un paio di giorni: sono tornata (per la terza volta!) in due dei posti che amo di più al mondo, Monument Valley e Grand Canyon. La Mother Road l’ho ripresa a Williams, appena una trentina di miglia dopo Flagstaff.

Proseguiamo, dunque! Nel tratto compreso tra Ash Fork e Seligman, presta attenzione a una serie di cartelli che troverai a bordo carreggiata. A prima vista potrebbero sembrarti frasi senza senso; in realtà si tratta di messaggi ben costruiti, che acquistano un significato solo se letti in sequenza. Si tratta delle pubblicità di Burma-Shave, una crema da barba che andava alla grande nella prima metà del secolo scorso: messaggi curiosi e ironici, accattivanti al punto giusto. Un esempio? Big Mistake (1° cartello) / Many make (2°) / Rely on horn (3°) / Instead of brake (4°) / Burma-Shave (5°). O ancora: He played a sax (1° cartello) / Had no B. O. (2°) / But his whiskers scratched (3°) / So she let him go (4°) / Burma-Shave (5°). A partire dagli anni ’60 però, l’aumento del limite di velocità e la costruzione di nuove highways hanno diminuito l’efficacia di questa fortunata strategia pubblicitaria e, ormai, questo marchio non è più in commercio da un pezzo. Tuttavia, alcuni dei suoi slogan più noti sono stati riproposti a beneficio del turismo: ovviamente, li puoi vedere solo lungo la vecchia Route 66.

Seligman – Comincia qui a Seligman (e proseguirà fino a Kingman) il più lungo tratto originale percorribile della Mother Road. Di questo centro abitato, tanto divertente quanto piccino (nemmeno 500 abitanti), ti segnalo in modo particolare:

#L’Historic Route 66 Sundries. Un locale che, oltre a vendere tazze, felpe, caps, targhe, caffè e gelati, è uno dei tanti ad aver ispirato il film Cars. Davanti alla coloratissima facciata, dove è rimasta impigliata la coda di un aircraft (!), troverai infatti “parcheggiati” alcuni dei protagonisti.

#Il Motoporium. Come dice il nome, un emporio dedicato ai motociclisti. Ma non solo, aggiungo io. Tra memorabilia, T-shirt, cappellini e adesivi per auto e moto, fai un salto al suo interno per osservare da vicino alcuni bolidi d’epoca.
#L’Angel & Vilma’s Barber & Gift Shop. Ricordi che ti ho parlato degli Angeli della Strada (qui e qui ad esempio)? Quelli che hanno dedicato la loro esistenza a tenere vivo il mito della Main Street of America? Bhe, Angel Delgadillo è uno di loro (oggi ha 92 anni!): è stato tra i fondatori della Historic Route 66 Association, ha promosso l’inserimento dei cartelli – quelli marroni – a segnalare il passaggio della vecchia HW 66 attraverso gli Stati Uniti e ha trasformato Seligman, la sua città, in un centro vivace e frequentato, a partire dal suo negozio di memorabilia, il primissimo gift shop interamente dedicato alla Route66. Non male per essere il barbiere del paese, giusto?
#Il Delgadillo’s Snow Cap Drive-in, di proprietà del fratello di Angel – Juan, venuto a mancare nel 2004 – offre hamburger buonissimi ed è… tutto un programma. Posti a sedere solo all’esterno (alla faccia delle intemperie), un menù che ti propone lapalissiani “cheeseburgers with cheese” e “dead chicken”, un tizio che prende ordini propinandoti una serie di scherzi e battute (se non sai l’inglese ti perdi qualcosa!) e un cortile straripante di oggetti a tema 66, compreso un Babbo Natale che fa bella mostra di sé su una Chevrolet bianca del ’36. Una tappa imprescindibile, non soltanto per gli amanti del roadfood!

cosa mangiare sulla Route 66

Peach Springs – Te lo segnalo solo perchè in questi paraggi, nelle giornate limpide, riesci a vedere il Grand Canyon in lontananza!

Hackberry – L’Hackberry General Store è una tappa super kitsch e, dunque, ci piace! Ex stazione di servizio, è stato rilevato e trasformato da uno degli angeli della Route, Bob Waldmire. Oggi si presenta come una stupenda accozzaglia di cimeli arrugginiti: segnali stradali, pompe di benzina, una star-spangled Corvette, maree di adesivi appiccicati ai vetri, drink Coca Cola! e persino una sequenza di cartelli Burma Shave. E sul retro c’è di più: vecchie Buick scrostate, Desoto dalle targhe accartocciate, un pianoforte scordato e… bhè, da vedere, assolutamente!

Kingman – Con i suoi 30.000 abitanti è una città a tutti gli effetti, con un grazioso museo dedicato alla Route66, ospitato in una centrale elettrica ristrutturata. Data la varietà di hotel e ristoranti, ti consiglio di fermarti qui per la notte; due i miei suggerimenti:
#El Trovatore Motel: è uno dei tanti motel storici della Strada Madre, di quelli che rendono il tuo viaggio ancora più speciale. Numerosi murales che corrono lungo la struttura, insegne al neon di grande effetto e una chicca: le camere a tema. La nostra? Tutta dedicata a Elvis!!
#Mr D’z Diner: un locale anni ’50, in stile Happy Days. Giocato tutto sui toni del fucsia e del verde pastello, il Mr D’z, non tralascia nemmeno uno dei ‘grandi classici’ della cucina americana: hot dog, hamburger, valanghe di patatine inondate di salse varie e… il banana split (che, ti assicuro, è una cosa gi-gan-te-sca: una porzione in due è più che sufficiente)! Questo locale non serve alcolici ma, come ci ha proposto il cameriere con un gioioso schiocco di dita we have a root beer!!
Incenerito con lo sguardo da mio marito.
(Se non sai cos’è la root beer puoi leggerlo qui)

Bloody 66 – Si chiama proprio così l’ultimo tratto di strada dell’Arizona, quello che conduce al confine con la California. Perchè questo nome? Perché è una via pericolosa, stretta stretta, che per una decina di miglia, inanella una serie di tornanti su per le Black Mountains; sotto agli strapiombi, cactus spinosi e sterpaglia: il deserto del Mojave. Una strada tanto scenografica quanto ostile: non ci sono guardrail oggi, figuriamoci come poteva essere un tempo! Alla cima – a quel bellissimo punto d’osservazione che è il Sitgreaves Pass – carovane e veicoli ci arrivavano solo con molta, moltissima fatica (e/o un motore fuso). E questo quando, ahimè, non volavano giù dal precipizio.
Data la sua impraticabilità, la bloody 66 è stata abbandonata nel 1952 e rimpiazzata da una carreggiata più agevole; tuttavia, se hai la possibilità (e il tempo di percorrerla, dato che, per ovvie ragioni, dovrai procedere piuttosto lentamente), non fartela scappare. Oltre che da un punto di vista paesaggistico, questo tratto ti dà un’idea ben chiara delle (tremende) condizioni in cui versavano i viaggiatori del secolo scorso.

Oatman – Nata nell’800 intorno a una prolifica vena aurifera, Oatman era una tipica città del Far West, con tutti i clichè del caso: minatori, saloon, bordelli, sceriffi e banditi dietro le sbarre, Winchester e Colt. Era un centro vivace, vivacissimo, scelto addirittura da Clark Gable per trascorrerci la luna di miele con Carole Lombard. Solo che poi la febbre dell’oro è passata e la vena si è esaurita. Oatman cominciò a morire lentamente e, oggi, è una ghost town in piena regola dove, oltre ai turisti, transitano regolarmente soltanto i burros. Lenti e golosi, si dice che questi asini selvatici (ma ormai più che avvezzi alle carezze del passante di turno), siano i discendenti dei ciuchini utilizzati dai minatori.
Su Oatman (e altre città fantasma) trovi più info in questo post.

Topock è l’ultima città dell’Arizona: appena dopo inizia la California e, il nostro viaggio, sta per volgere al termine.

 

Tutti gli articoli che via via inserirò sulla Route66 li trovi a questo link.

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1 Comment

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  1. says: Falupe

    E’, forse, la parte degli States che più mi ha colpito. In parte, è ascrivibile alla mia passione per le dure ruote e questo mondo l’ho sognato da tempo. Stravaganze, colori, vintage e la storica Route 66… come non apprezzarle