Out of Africa, direzione Middle-East

Addio per sempre Angola, comincia un nuovo espatrio. E non vedevo l'ora.

Guardavo Blood Diamond, il film con Di Caprio.
A un certo punto, uno fa: “Questa terra rossa ce l’abbiamo nella pelle. Gli Shona dicono che il colore viene dal sangue sparso combattendo per questa terra”. 
La battuta immediatamente successiva è: “È casa nostra: tu non lascerai mai l’Africa”.

(…)
Ho cambiato canale.

Tra una cosa e l’altra, sono passati cinque anni. Cinque anni, un continente, nove gli stati in cui ho messo piede, due quelli in cui ho vissuto. Indimenticabile quel Congo con temperatura 30° e umidità 90%, guardato con sospetto all’inizio e lasciato con più di una lacrima alla fine. Quel Congo che, nonostante tutto, non posso non ricordare con affetto.

E ci sono stati i safari, tanti, bellissimi. In Botswana, in Sudafrica, in Tanzania. C’è stato il mare delle Seychelles e il deserto della Namibia.

A poco a poco, per quel continente così difficile e impenetrabile ho cominciato a trovare altri aggettivi: aperto, onesto, cordiale, sorridente. Mai arrogante. Nella mia esperienza, almeno.

Poi, l’Angola. Che da quel mal d’Africa così prezioso, che avevo avuto tanta cura di contrarre, mi ha guarita. Non troverai in questo post – nè in nessun altro – i motivi che mi hanno reso insopportabile questo Paese. Così come non è possibile andare d’accordo con tutte le persone che fanno capolino nella nostra vita, allo stesso modo non è possibile amare tutti i luoghi in cui si vive. Alcune cose piacciono, altre no. Altrimenti, delle due l’una: o sei Pollyanna o sei un’ipocrita.

Ma se la mia esperienza con l’Angola è stata quel che è stata, quella in Angola, per fortuna, vanta tutt’altro tenore. E una preposizione, anche se semplice, fa una differenza enorme.

Due cose mi hanno tenuta a galla in questi tre anni.

La prima è stata la corsa. Amareggiata, esasperata, insofferente, ho trovato sfogo nei chilometri. From zero to hero era il mio motto e, in meno di un anno sono arrivata a tagliare il traguardo della Maratona di New York. Molto probabilmente, altrove non avrei mai trovato la spinta per cimentarmi in un’impresa simile, per cui, Angola, questa esperienza – tra le più belle della mia vita – te la devo. E’ tutto merito tuo (oltre che del culo che mi sono fatta in allenamento, ecco).

La seconda, e più importante, è stata il gruppo di expat.
E già so che uno così non lo troverò più.

Le mattine all’Élite e la quantità indefinita di caffè turchi a casa di R.
Le lezioni di inglese e le risate con A., con la voce di lady Gaga che resterà negli annali.
Le corse per il Gold con L. che quando le si è rotta la lavatrice ha usato la mia e se ne è andata con il cesto dei panni sulla testa, come una perfetta zungueira.
Io, S. e tutte le volte che la prof di portoghese ci ha dato buca (voglia di lavorare questa sconosciuta).
Il baby shower azzurro di Z.
I bimbi del compound: Sofia, Lorenzo, Alice, Emma, i gemelli e le loro perle di saggezza.
MariaSole e il babà che il Nama le ha fregato con un triplo carpiato.
Il pettirosso peloso ad acquarello da T.
S. e coño de su madre.
I pranzi al libanese e il sushi praticamente ogni settimana.
La volta che ci siamo scritte nel gruppo Whatsapp direttamente dal bagno, che il sushi mi sa che non era troppo buono (ma ci faceva ridere lo stesso).
La poncha, che due dita ti stordivano più di dieci gin tonic.
I festoni e l’80s party, che ci sono andata con Freddy Mercury.
La volta che io e A. abbiamo trascinato S. sul tavolo a ballare e i camerieri che ci han tirato giù.
Mattarella che è venuto in visita ufficiale ma non ha fatto il selfie con noi.
Il discorso a cui avrei voluto rispondere con la battuta di fantozziana memoria.
La musica angolana e DIO QUANTO ODIO LA MUSICA ANGOLANA.
Le lacrime al Belas, quando ho salutato R., C. e E. (ciao Ele! So che ogni tanto passi dal mio blog!)
B. che aveva sempre una parola dolce per Namastezinho e che, al momento di partire, è stata sulla porta a fare ciao con la mano fino a che il nostro van non si è allontanato.

Di questi anni in Angola ho amato tutto ciò che non era Angola. Ho relegato il contesto sullo sfondo, sfocandolo al massimo per mettere in risalto le persone, le azioni, le risate. E il bicchiere mezzo vuoto, travasato in uno più piccolo, si è riempito.

Ho lasciato l’Africa a giugno e trascorso l’estate in Italia. Ho portato il mio cane a passeggiare vicino a un campo di girasoli e letto tanti tanti libri, alcuni dei quali stupendi. A fine agosto – in cerca di cose belle –  ho fatto il mio personalissimo Grand Tour, in giro tra Firenze, Roma e Napoli. Nel frattempo sono accadute una serie di cose spiacevoli, ma ora sono passate.

Pochi giorni fa sono arrivata in un nuovo Paese e, soprattutto, in un nuovo continente.
Come ogni volta, non so se staremo qui qualche anno o qualche mese, nè cosa farò.
Ma è bello avere davanti una una nuova pagina, bianca e pulita.
E poterla scrivere a Muscat, Oman.

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7 Comments

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  1. says: Luna

    Forse alcuni luoghi iniziano a mancarti dopo un po’ che te ne sei allontanata…o forse certi luoghi non ti mancheranno proprio mai.
    certo durissima la vita in Angola. Ma ormai è acqua passata e ti seguirò con curiosità nella tua nuova vita in Oman (che bello!).
    In bocca al lupo per la tua nuova avventura!

    1. says: Cris

      Qualcosa mi dice che l’Angola non mi mancherà mai 😉 Mi mancheranno le persone che ho conosciuto, questo sì, ma le posso rivedere altrove. Inoltre, parte di loro è già stata indirizzata verso altri Paesi proprio come me, per cui anche il gruppo originario si è dovuto sciogliere per forza di cose. Crepi il lupo!!!

  2. says: Lilly

    L’Angola è un Paese “difficile” sotto molti punti di vista.
    In bocca al lupo per questa tua nuova avventura.
    Come sempre ti leggerò qui.

    1. says: Cris

      Ciao Lilly, grazie e crepi il lupo!
      …anche il Congo era un paese difficile e, per certi versi, più dell’Angola. Vuoi perchè era il primo vero impatto col terzo mondo, vuoi perchè ancor più povero dell’Angola e, di conseguenza, con meno opportunità per gli espatriati. Eppure non mi ha mai suscitato l’avversione provata qui (anzi là, ormai).
      Ma comunque, acqua passata. Sono felice di aver messo un punto 🙂

  3. says: Silvia

    Immagino! 😱
    Poi magari anche il poter uscire con maggior tranquillità e sicurezza credo sarà una bella differenza con l’Angola… buone perlustrazioni, allora! 😊
    I parchi americani… eh, cosa te lo dico a fare?! 😉
    Meravigliosi… davvero uno spettacolo incredibile.
    È stato un viaggio fantastico! 😃

  4. says: Silvia

    Ciao Cris!
    Appena rientrata dagli USA (dove poco prima di visitare la zona del Grand Canyon ho letto uno dei tuoi ultimi post sulla Route 66, e allora ho cambiato un pochino l’itinerario per vedere pure un pezzetto di Mother Road!)… che meraviglia!
    E che bella sorpresa, sapere del vostro trasferimento (finalmente!)!
    Sono davvero contenta per te e ti auguro di trovare tutta la bellezza possibile a Muscat: io ancora non l’ho vista, ma da quello che mi hanno raccontato lì non mancheranno storia e poesia!
    Un abbraccio!

    1. says: Cris

      Grazie Silvia! Non ti chiedo se gli USA ti sono piaciuti perché non ho dubbi 😍 !!!
      Io sono qui a Muscat da una settimana e ho visto pochissimo, ma il solo fatto di poter finalmente tenere una finestra aperta senza il timore della malaria è già notevole!