Ci sono posti in cui, credo, non mi stancherò mai di tornare. E così, nonostante una bucketlist piuttosto lunga, spesso, mi trovo a pensare che la prima volta in un luogo non varrà mai l’ennesima in altri. In particolare, tendo a capitolare di fronte a Grand Canyon e Monument Valley, due mete che, quest’anno, ho visitato per la terza volta.
Situata nel Colorado Plateau, a cavallo tra Utah e Arizona, la Monument Valley non appartiene in realtà né all’uno né all’altro stato. Da secoli terreno di caccia e di insediamento delle tribù native, oggi è parte della Navajo Nation e, sul suo territorio rosso e aspro, vivono ancora le popolazioni indiane: quei cavalli magri magri che potrebbe capitarti di incontrare nei pressi di una mesa, sono i loro.
La questione indiana, delicata e spinosa, è in discussione da sempre, ma è ancora pura utopia visualizzare la Navajo Nation come il 51esimo stato. Di quest’area – che occupa porzioni consistenti di Arizona, Utah e New Mexico – la Monument Valley è, insieme al Canyon de Chelly e all’Antelope Canyon, la punta di diamante. Tsé Biiʼ Ndzisgaii – “la valle dentro la roccia” – è il nome con cui la conosce la popolazione locale.
La stragrande maggioranza dei residenti è, naturalmente, impiegata nella gestione turistica di questo immenso tesoro che è anche la loro casa. Fermo restando che, se hai un’auto adatta, il Valley Loop lo puoi fare anche in autonomia, ritengo di gran lunga preferibile optare per una guida nativa. Perché? Perché così puoi goderti il paesaggio senza pensare alla strada accidentata, perché se incontri la persona giusta puoi ascoltare storie suggestive e affascinanti e, infine, perché è solo con una guida che puoi penetrare nella Lower Valley, la parte più meridionale del pianoro, inaccessibile ai veicoli privati.
Si comincia con quella vista da cartolina, quella trilogia sacra e indiscutibile che tutti conoscono: il Merrick butte e i due mitten, che ogni volta ti chiedi fino a quando il vento lascerà in piedi i loro pinnacoli.
La jeep scende seguendo quell’unica strada che serpeggia tra cattedrali di roccia, monoliti e mesa, lunghe tavole di pietra. A molte formazioni è stato assegnato un nome; ciascuna di esse, a ben guardare, evoca una forma conosciuta: ci sono le spire in preghiera delle Three Sisters, il mastodontico Elephant Butte, una non meno imponente Camel Rock, l’esile Totem Pole, figurino eroso dal vento, e la tozza sagoma del Thumb, quel pollice che, però, pare anche uno stivale da cowboy. Tra le altre, secondo associazioni più o meno fantasiose, figurano persino Snoopy, John Wayne e Toro Seduto.
Naturalmente, questi non sono i nomi con cui i nativi designano le rocce – è stato l’uomo bianco a chiamarle così – ci tiene a precisare la nostra guida, la lunga coda di capelli argentati che esce da sotto lo stetson.
Tutte queste rocce, così affascinanti singolarmente, lo diventano ancor di più se osservate nel loro insieme: è nella drammaticità degli scorci che risiede la bellezza della Monument Valley e che un viaggio o una semplice deviazione trovano ragione d’essere. Dal John Ford Point alla North Window all’Artist’s Point (il mio preferito), ogni prospettiva è magica e perfetta al tempo stesso. E’ facile capire perché questo luogo continui ad agire come un magnete sull’immaginario collettivo: lo fa sin dagli anni ’30, dagli anni dei western.
Film di cowboy e indiani hanno fatto spesso da sottofondo alla mia infanzia ma mai breccia nel mio cuore o nella mia testa: ricordo esattamente la voce doppiata di John Wayne, ho in mente qualche fotogramma della sua fronte sudata ma non sarei in grado di citare alcuna pellicola di rilievo o di dire di averne vista una dall’inizio alla fine. Peccato, mi sarebbe piaciuto, oggi, poter riconoscere la realtà di quei set.
Ci sono anche delle grotte nella Monument Valley, sai? E’ qui che di solito si scende dalla jeep e ci si sgranchisce un po’ le gambe. E’ dentro questi antri rosso fuoco, la schiena appoggiata a una parete perforata dal vento – un occhio azzurro e simbolico proprio sopra la testa – che le guide si fermano per suonare una melodia con un flauto di legno o intonare un canto indiano, fatto di parole antiche. Ed è un momento prezioso, da portare via con te e custodire.
Quest’anno, per la prima volta, evitando i mesi estivi, ho trovato una Monument Valley inedita.
Sono arrivata a inizio maggio e, come mostrano alcune foto in questa pagina, ad attendermi non c’era il solito sfondo turchino, bensì un cielo cangiante, a tratti latteo, a tratti addirittura minaccioso. Soprattutto, non c’era un terreno spoglio e inaridito dal sole, bensì un suolo chiazzato di fiori che – bianchi, gialli e lilla – coloravano bassi cespugli verdoni.
Non solo: sempre quest’anno e sempre per la prima volta, ho avuto il piacere di dormire all’interno del parco, in quell’hotel che cercavo di prenotare da anni e che era sempre tutto esaurito. E così ho potuto assistere alla quotidiana metamorfosi di mitten e butte, sempre gli stessi eppure così diversi a seconda di come li investe la luce. Infuocati dai raggi del tramonto, si sono tinti d’arancio in un modo che un po’ mi ha ricordato Uluru. Poi si sono confusi col buio della notte, le loro sagome appena visibili, rischiarate solo dai bagliori della Via Lattea (e che Via Lattea!). E infine sono riapparsi il giorno dopo, all’alba, nere silhouette che perdono inchiostro man mano che il sole si impone all’orizzonte.
Sono in molti a dedicare alla Monument Valley non più di una mattina, di un pomeriggio. Perché ci sono escursioni collaterali, certo, ma di fatto si tratta di un giro di una trentina di chilometri. E’ tutto sommato un luogo che puoi depennare facilmente dalla tua wishlist. Perché continuo a tornare allora?
Da qui, diceva John Ford, non ci si riesce ad allontanare facilmente perché è the most complete, beautiful and peaceful place on earth. Credo sia vero. Basta uno sguardo a questi totem di pietra, ritti su piedistalli di terra rossa, per avere uno strano senso di completezza. Nella Monument Valley tutto va al suo posto, niente potrebbe essere migliore di quel che è.
Qualche info pratica
# Posso entrare nella Monument Valley con il National Park Pass? No, perchè il parco si trova in territorio Navajo e dunque non è gestito dal National Park Service. L’ingresso non è comunque proibitivo: appena $20 a veicolo.
# Attenzione al fuso orario: pur trovandosi in larga parte in Arizona, la Monument Valley non ha, nel periodo primavera-estate, il suo stesso fuso. Questo perchè l’Arizona non adotta mai l’ora legale (a differenza degli stati circostanti e della stessa Navajo Nation).
# Dove dormire nella Monument Valley? Alloggiare vicino al parco non è semplice quanto sembra. Le cittadine di Kayenta (se vieni da sud) e di Bluff (se vieni da nord), costituiscono una buona base ma, pur essendo i centri più prossimi, distano in realtà decine di miglia dalla Navajo Nation: non proprio l’ideale. E allora dove andare? Le opzioni sono pochissime: ne ho parlato qui.
# Dove mangiare nella Monument Valley? Al pari dell’alloggio, anche per quanto riguarda il vitto non ci sono molte opzioni disponibili. Sicuramente il The View Restaurant merita una colazione e/o cena, non fosse che per l’enorme sala che si affaccia sui Mitten. Da provare, il taco navajo (o frybread), una pasta lievitata tipica tipica delle popolazioni native, fritta in olio e burro e guarnita con fagioli, chili, sour cream, cheddar, pomodori e chi più ne ha più ne metta. Un macigno ma buonissima! Piccola nota: non pensare di ordinare birra e vino; la Navajo Nation è alcool-free.
# Quali souvenir acquistare nella Monument Valley? Nel trading post accanto al ristorante trovi di tutto, dai cappelli da cowboy ai manufatti indiani. Tra questi spiccano gli acchiappasogni (avevo spiegato qui come “funzionano”), vasi in terracotta dipinti a mano, bigiotteria in argento e turchesi, tappeti (come non pensare al mio amico di Tucumcari) e bellissime bambole kachina, figurine intagliate nel legno che rappresentano entità immortali, punto di contatto tra il mondo umano e spirituale.
# Cosa vedere nei pressi della Monument Valley? Alle tappe da non perdere, prima fra tutte il famoso Forrest Gump Point, ho dedicato questo post.
E tu sei già stato alla Monument Valley? In quali posti al mondo non puoi fare a meno di tornare?
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Ciao. Ammiro sempre le foto che arricchiscono i tuoi post. Sempre impressi nella mia mente. In particolare quelli in cui la natura si erge maestosa, quindi adesso la Monument Valley. E poi adesso, in questo momento ricordo le belle significative foto fatte in Perù: ad esempio , ovviamente, il Macchu Picchu. Grazie. Sempre. Tutto ciò che mi permette di ammirare la natura, che ancora abbellisce il nostro mondo, senza imbruttimenti provocati dall’Uomo, per me è fantastico.
Ciao
Grazie Gin, sempre gentilissima! Anche senza il tipico cielo azzurro sono contenta siano piaciute 🙂 Tu come stai?
Ti abbraccio,
cri