I forti del Rustaq Loop (e la stanza del genio)

forti del rustaq loop
Una gita fuori porta da Muscat, alla scoperta dei forti di Nakhal e Al Rustaq e del castello di Al Hazm.

Di forti, castelli o semplici torri d’avvistamento, l’Oman è pieno: pare siano circa un migliaio. Presenza costante del paesaggio, tanto lungo la costa quanto nell’entroterra, ciascuno di essi ha storie interessanti da narrare: di pirati ed eserciti, di carovane e mercanti e persino di geni, proprio (o quasi) come quello di Aladino.

Più di ogni altra cosa, però, i forti dell’Oman testimoniano i trascorsi burrascosi del Sultanato: il suo passato al crocevia degli scambi commerciali tra Europa e Oriente, l’allerta costante nei confronti delle minacce provenienti dal mare e le azioni in difesa delle oasi, preziose allora come oggi.

Non tutti i forti, chiaramente, rivestono la stessa importanza: mentre alcuni sono diventati patrimonio Unesco, altri non sono che pericolanti torri di fango e paglia. Ognuno ha comunque un fascino tutto suo e, anche per questo, negli ultimi anni l’Oman sta investendo molto in opere di ristrutturazione.

Quello che ti propongo oggi è un itinerario piuttosto breve noto come Rustaq Loop, un anello che, considerando Muscat come punto di partenza e di arrivo, si avventura nella regione di Al Batinah e tocca tre forti su una distanza di circa 300 chilometri: Nakhal, Al Rustaq e Al Hazm.

Il forte di Nakhal

Sebbene al momento sia chiuso al pubblico per restauro, gli esterni non impediscono di apprezzare la sua imponente struttura e di notare la particolarità che lo rende diverso da ogni altro forte omanita: è stato innalzato su di un’enorme roccia, diventata – in fase di costruzione – parte integrante della fortezza stessa. Proprio per questo, lo sviluppo dell’edificio è alquanto irregolare e segue i rilievi e le depressioni del masso che ne costituisce la base e che gli conferisce un aspetto ancor più solenne e maestoso. Si dice che il forte di Nakhal risalga all’epoca pre-islamica (jāhiliyya), ossia a oltre 1500 anni fa. Peccato non esserci potuti entrare!

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Il forte di Al Rustaq

Al Rustaq era una delle antiche capitali dell’Oman. La sua posizione privilegiata, ai piedi della la montagna verde, Jebel Akdhar, ma non troppo lontana dalla costa, consentiva all’Imam locale di controllare mare e terra. E lo faceva proprio da questo forte, una costruzione dotata di quattro torrioni dai nomi singolari: la Torre Rossa, quella del Vento, quella dei Demoni e la Torre Moderna.

All’ingresso, ci precede una piccola comitiva vociante: donne e bambini del posto. Se è raro trovare donne omanite in giro da sole, molto più frequente è vederle in gruppo, come in questo caso. Affatto timide, ti salutano guardandoti dritte negli occhi, vestite di colore: qualcuna in nero c’è, ma tante – soprattutto nei villaggi – indossano abaya sgargianti o pastello. Una delle più anziane siede nella sua tunica gialla a ricami scuri accanto a un portone. “Mai” – ci dice. Mai è una delle poche parole arabe che conosco: significa acqua. Ci indica infatti una specie di pozzo di cui non ci eravamo accorti e ci spinge a notare l’idraulica del palazzo: basta infatti scendere una scala e, giù in quelle che sembrano essere le segrete, si trova una sorgente, fonte di vita per gli abitanti del forte.


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Ogni stanza dell’edificio ha una funzione ben precisa: c’è quella dedicata alla preghiera, un’altra alla conservazione dei datteri, un’altra ancora che contiene le pietre tombali dell’Imam e di uno dei suoi successori. Alle pareti si aprono feritoie smilze e finestre più ampie da cui scagliare palle di cannone e, tra i gradini sconnessi o appena prima di una soglia di pietra, si nascondono fessure spietate, dalle quali veniva fatto colare sciroppo di dattero bollente che, proprio come la pece, ustionava fino alla morte il nemico che voleva penetrare le mura.

Ogni forte omanita è un labirinto e raggiungere la cima è quasi un sollievo; affacciandosi ai balconi merlati del bastione si ha, oltre alla visuale più bella, anche un’idea concreta del tempo che fu. Immense distese verdi di palme, montagne marroni che il sole scolora nelle ore più calde della giornata. Per il resto, il deserto. Oggi, naturalmente, ci sono anche tanti piccoli villaggi di case bianche a punteggiare l’orizzonte. Eppure, a pensarci bene, il paesaggio non doveva essere così drasticamente diverso da quello che, secoli fa, scrutava il vecchio Imam.

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Il castello di Al Hazm

La stragrande maggioranza delle costruzioni fortificate che vedrai in Oman sono nate a scopo quasi esclusivamente difensivo. Casi molto più rari e isolati sono invece i castelli che, seppur in grado di reggere eventuali attacchi, si distinguono per un’architettura più delicata e armoniosa, soprattutto per quanto riguarda gli interni. In questo senso, due ottimi esempi sono il castello di Jabreen – il mio preferito – e quello di Al Hazm.

La magia di questo posto la si coglie già varcando la soglia: il gate d’ingresso è un pesantissimo portone proveniente da Surat, India, intagliato oltre tre secoli fa e trasportato, dice la leggenda, da 13 cavalli purosangue. Diversamente dai forti, all’interno dei castelli, ogni stanza è stata ricostruita meticolosamente per ricreare l’atmosfera di un tempo: nelle cucine vedrai utensili e dallah, le caffettiere in uso ancora oggi; nelle camere per ricevere gli ospiti ci sono tappeti stesi a terra e cuscini appoggiati alle pareti. Incredibile la freschezza di questi ambienti mentre fuori brucia il deserto!

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E ancora, ci sono libri, ricami, iscrizioni scolpite nelle pareti, raffinati soffitti di legno decorato e… leggende. C’è una stanza buia dove i visitatori più coraggiosi sono invitati ad entrare: si dice che lì risiedano ben 47 jiin, i geni. Icona del folklore arabo, il genio figura non solo nella letteratura ma addirittura nel Corano: Maometto vi dedica un intero sura (capitolo).  Niente lampade da strofinare però: i geni se ne stanno quatti quatti al buio e, quando meno te lo aspetti – boom! – escono allo scoperto. I tre desideri? Nemmeno a pensarci; esistono jinn buoni e jinn cattivi e nessuno può prevedere le loro azioni. Quel che però sembra mettere tutti d’accordo è il fatto che questi esseri sovrannaturali abbiano un terrore folle dei metalli (e dunque di catene e simili): nel caso in cui si avesse l’impressione di venire perseguitati da un genio, pare sia sufficiente gridare “hadid!” (ferro) per liberarsene.  Momentaneamente, almeno.

Per gli amanti del brivido, un’altra sezione da non perdere è quella delle prigioni, antri tremendi in cui i reclusi venivano letteralmente gettati e dimenticati, spesso dopo varie torture. L’impiego di manichini dall’aria sofferente rende quest’area ancor più realistica e, di sicuro, non mancherai di sussultare di fronte allo sguardo spettrale del tizio semi-murato in una buca nel terreno, un’apertura talmente angusta da non consentire nemmeno di sedersi… Meglio salire alle terrazze, cortili sopraelevati su cui si affacciavano le stanze residenziali dell’Imam e della sua famiglia.

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Qualche info in più

# Per percorrere il Rustaq Loop, non serve avere una 4WD: le strade che collegano le cittadine alla capitale sono ottime!

# Evita il venerdì: in questo giorno di preghiera i forti chiudono alle 11 e dunque ti troveresti a corto di tempo. Il resto della settimana, invece, porte aperte fino alle 16.

# Tolto il forte di Nakhal, temporaneamente chiuso per restauro, metti in conto circa 1h30 di visita per ciascuna tappa.

# I biglietti d’ingresso hanno un costo davvero irrisorio. Nel forte di Al Rustaq non troverai però indicazioni né pannelli esplicativi dei vari ambienti; ad Al Hazm ti verrà invece consegnata un’audioguida molto informativa e, all’uscita, troverai ad aspettarti datteri e profumato caffè omanita.

E tu, hai già visitato dei forti in giro per il mondo?

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