Ci sono delle tracce sulla spiaggia di Ras Al Jinz. Cominciano in un punto imprecisato nella sabbia e terminano in mare. Sembrano dei cingoli e, in effetti, ad averle lasciate è un “mezzo” che sicuramente non possiamo non definire corazzato. Appartengono a una tartaruga di almeno 100 kg che ha appena deposto le uova e quella che ti racconto qui di seguito – attraverso una serie di Q&A – è l’avventura omanita per eccellenza: non puoi dire di essere stato in Oman se non hai presenziato a questo spettacolo, toccante e meraviglioso al tempo stesso.
La nidificazione: quali specie coinvolge e perché proprio in Oman?
Non sono tanti i posti al mondo in cui è possibile assistere all’intero processo di nidificazione delle tartarughe marine, dalla deposizione alla schiusa delle uova. Grazie a un clima costantemente piacevole e a spiagge e correnti calde, l’Oman è la meta prescelta di ben quattro delle sette specie di tartarughe presenti negli oceani: verde, caretta caretta, embricata e olive ridley. Sceglie il Sultanato, ma solo per nuotare e non per nidificare, anche una quinta specie: la tartaruga liuto, che arrivando a pesare fino a 700 kg, è l’esemplare più grande al mondo.
Tutte queste specie – nessuna esclusa – sono fortemente minacciate e alcune, come l’embricata, più delle altre. Ecco perché quello a cui si ha la possibilità di testimoniare è uno spettacolo prezioso, oltre che affascinante.
Se vuoi vedere le tartarughe in Oman, sappi che un po’ tutta la costa è interessata dal fenomeno: dall’isola di Masirah all’arcipelago delle Daymaniyat (dove con le tartarughe ho avuto la possibilità di nuotare), dal litorale di Muscat alle spiagge del Dhofar. Tuttavia, l’osservatorio privilegiato è la riserva naturale di Ras Al Jinz, un’area protetta di oltre 120 km², a circa 3 ore d’auto dalla capitale. E’ qui che, in stagione, si trova la più importante concentrazione di tartarughe verdi dell’oceano indiano, proprio come quella qui sotto.
Come avviene il processo di nidificazione?
Comincia al tramonto, quando le madri approdano a riva alla ricerca del luogo ideale. Lasciano le onde e avanzano a fatica, scavando un solco nella sabbia. Sono esemplari piuttosto grandi: quella che vedi nelle mie foto, ad esempio, è lunga oltre un metro e, secondo la nostra guida, potrebbe pesare sui 130kg: una bella mole da trascinare su di un terreno così difficile.
Trovato il luogo opportuno – non troppo vicino al mare perchè un’eccessiva umidità potrebbe essere fatale alla covata – la tartaruga comincia a preparare il nido. Scava scava, crea una cavità profonda circa mezzo metro, nella quale, a intervalli di 10-15 giorni verrà a deporre un centinaio di uova alla volta, per un totale di circa 500 a stagione. Il processo di deposizione, a cui abbiamo testimoniato, dura anche 30 o 40 minuti ed è naturalmente molto delicato: per cercare di disturbare la tartaruga il meno possibile è bene posizionarsi dietro di lei e mai di fronte, evitando così che si spaventi e abbandoni l’impresa.
Una volta portata a termine l’operazione – se ti sporgi un po’ riesci a vedere le uova, bianche e tonde come palline da golf – la tartaruga ricopre il buco con movimenti pesanti ma decisi: stai lontano altrimenti è facile che tu riceva un bel po’ di sabbia negli occhi. Fine? Niente affatto: messi al sicuro i suoi piccoli, la tartaruga comincia a preparare un secondo buco proprio davanti al primo, che però non utilizza né riempie: si tratta di uno stratagemma per ingannare le volpi che, vedendo una cavità, cercheranno il ghiotto bottino proprio lì invece che altrove. Le due buche – quella coperta e quella no – si vedono bene in questa foto che ho fatto, nella chiazza di sabbia più scura:
Le uova si schiuderanno dopo circa due mesi: minuscoli e teneri (in tutti i sensi), i tartarughini vengono messi subito alla prova da madre natura. C’è chi, fuori dal guscio, perde subito l’orientamento e si avvia non verso il mare ma verso l’entroterra e, dunque, a morte certa. Chi diventa cibo per volpi, gabbiani e granchi. Chi, pur raggiungendo il mare, cade nelle fauci di un pesce o, sempre più spesso, della plastica. Sono così tante le minacce possibili che è stato calcolato che, su una covata di 1000 esemplari, sono due o tre raggiungeranno la maturità sessuale, dato tanto sorprendente quanto amaro.
Dopo aver scavato nido e finto nido, la madre riprende la via del mare. Tra tre anni circa, si riprodurrà nuovamente e, cosa straordinaria, dopo aver nuotato anche migliaia di chilometri, tornerà esattamente sulla stessa spiaggia per la nuova cova. Cioè, tre anni (!): e io che ogni volta giro per ore nel Grand Mall di Muscat perché non trovo l’uscita!
Qual è il momento migliore per vedere le tartarughe in Oman?
La nidificazione comincia a estate avanzata e raggiunge il picco in settembre, quando, stando alle guide della riserva di Ras Al Jinz, sono possibili fino a 70 avvistamenti al giorno. Tuttavia, dato il clima piacevole della costa omanita, le tartarughe sono presenti tutto l’anno e – a meno di essere colpiti da particolare sfiga – è pressochè impossibile non incontrarne almeno una anche durante la bassa stagione. Le foto che vedi in questo post le ho scattate il weekend prima di Natale, ad esempio.
Come avviene il tour alla riserva di Ras Al Jinz?
Poiché l’attività di nidificazione avviene al buio, le visite hanno luogo in piena notte (dalle 21.30 in avanti) e prima dell’alba (con partenza tra le 4 e le 5). Si tratta di passeggiate sulla spiaggia della durata di circa 2 ore, in piccoli gruppi guidati. Data la delicatezza dell’evento cui si andrà a testimoniare e per limitare quanto più possibile il disturbo creato agli animali, i divieti sono parecchi: innanzitutto, è tassativamente vietato maneggiare luci di alcun genere; la tua guida sarà l’unica a essere dotata di una torcia a luce rossa. Di conseguenza, se hai intenzione di fare foto, sappi che è proibito l’uso del flash che, nel 70% dei casi, rischia di accecare la tartaruga. E’ inoltre necessario stare in silenzio e, superfluo dirlo, evitare di toccare gli animali.
A meno di non pernottare direttamente alla riserva – che ti prenota il tour in automatico (ne parlo dopo) – è necessario riservare la visita con anticipo, dato che i posti sono limitati. Il tour ideale prevede tre momenti: assistere alla costruzione del nido e alla deposizione delle uova, al difficile cammino verso il mare che la madre intraprende dopo aver nidificato e, infine, alla schiusa. In bassa stagione siamo riusciti a vedere i primi due momenti, mentre i tartarughini ci sono stati mostrati dalle guide, a parte. Anche se molto probabile, va ricordato che, trattandosi di animali salvatici, l’avvistamento non è mai garantito.
Vedere le tartarughe in Oman: meglio il tour notturno o all’alba?
Avendoli sperimentati entrambi, non ho dubbi: l’alba. Questo perché al buio si vede veramente poco (se poi ti becchi una notte senza luna è la fine) e ad illuminare l’attività delle tartarughe è unicamente la lucina rossa in mano alla guida. Al mattino invece, pur cominciando nell’oscurità, tutto il processo diviene via via più chiaro e avrai la possibilità di goderti in modo molto più nitido tutti i particolari che di notte è impossibile notare: le lunghe tracce lasciate nella sabbia, la rena che con tutte quelle voragini sembra una specie di cantiere, la fatica della madre che torna in mare… E anche lo sfondo prenderà vita: la spiaggia di Ras Al Jinz è lunga e bellissima, con formazioni rocciose che mi hanno ricordato un po’ l’Algarve; colorata dalle luci dell’alba poi, diventa ancora più bella.
Qual è il momento più emozionante?
Per me, il ritorno in acqua dopo la deposizione delle uova. Arrancando nella sabbia, valicando le sue stesse buche o quelle scavate da altre prima di lei, la madre tartaruga trascina la sua pesante mole verso riva. Quando comincia è ancora buio: il sole sorge piano, come cadenzato dal suo passo. A seconda di dove ha nidificato, il mare è più o meno lontano e una distanza che l’uomo coprirebbe in un paio di minuti, equivale a una quarantina per lei. Ogni tanto si ferma, come a riprendere fiato, poi riprende. Lascia dietro di sè una scia lunga e cingolata. Ti viene da aiutarla – puri dona!, direbbe la mia nonna 🙂 – perché la fatica che fa è palese.
Finalmente giunge a quel punto in cui la rena comincia a essere più umida; si ferma di nuovo. “Ci sono quasi” – sembra pensare. E forse è solo un’impressione, ma mi pare aumenti impercettibilmente l’andatura, forse facilitata da un terreno più scivoloso, forse perchè consapevole che manca un unico, piccolo sforzo. La spuma l’avvolge e il mare lava via i detriti, rendendo la corazza di nuovo lucida e brillante: pesante sulla terra e leggera nel mare, la tartaruga viene inghiottita dalle onde. Di lei, sotto un cielo ormai rosa, non resta che un solco nella sabbia a ricordo della sua fatica di madre.
Quanto c’è di etico in questa attività? Si tratta di turismo responsabile?
Se vuoi vedere le tartarughe in Oman, c’è anche un’altra ragione per cui consiglio di optare per il tour mattutino. Oltre ad aver potuto osservare ben poco durante la notte, ho avuto la sensazione che il gruppo di visitatori arrecasse disturbo. E’ vero che i flash non sono permessi e che le guide invitano al silenzio, ma c’è sempre qualcuno più furbo degli altri che il flash in faccia alle bestiole lo punta comunque o chi si ostina a portare bambini di due o tre anni che – certo non è colpa loro – ma in silenzio non ci stanno a meno che non dormano. Per cui ritengo che, in primis, sia il visitatore a dover mostrare intelligenza e rispetto.
Detto ciò, personalmente non sono contraria a questo tipo di attività: credo che per avvicinare l’uomo alla natura e ai suoi processi, sia importante permettergli di apprezzarne la bellezza, anche tramite attività di osservazione della fauna. D’altra parte però, ridurre le interferenze con l’ambiente è fondamentale: avendo vissuto 5 anni in Africa, mi è rimasto impresso il bellissimo esempio del Botswana che limita l’afflusso dei visitatori per evitare l’effetto congestione in savana, regalando un’esperienza di safari nettamente diversa da quella di Kruger o Serengeti.
Tornando a Ras Al Jinz, è anche vero che sul web circola un dubbio: durante i mesi clou della schiusa, come può un gruppo di persone che avanza al buio evitare di calpestare tartarughini lunghi pochi centimetri che corrono in ogni direzione? Sempre in Oman, sulle isole Daymaniyat vige il divieto di attracco nel periodo in cui cova e schiusa raggiungono il picco: perché a Ras Al Jinz no?
Vedere le tartarughe in Oman: dove alloggiare?
Sebbene nei dintorni di Ras Al Jinz siano presenti alcune strutture alberghiere, il mio consiglio, per essere subito sul posto ed evitare così di alzarsi alle 4 di mattina (o prima), è quello di dormire direttamente nella riserva, che mette a disposizione semplici stanze oppure luxury eco-tent situate in un punto panoramico da cui si vede la spiaggia. Piacevoli e pulite, noi abbiamo scelto queste ultime. Altra cosa, agli ospiti della riserva viene data la precedenza sui visitatori provenienti dall’esterno: se i turisti sono numerosi, vengono infatti costituiti più gruppi d’osservazione (a Natale ce n’erano ben 9!); in qualità di ospite, verrai inserito di diritto nel primo gruppo evitando così lunghe attese.
Cos’altro fare a Ras Al Jinz?
Come già detto, la spiaggia è bellissima e accessibile al mattino. Se ti piace camminare poi, ci sono alcuni trail escursionistici, tra cui uno brevissimo che parte proprio nei pressi del campo tendato e si arrampica fino a un belvedere eccezionale. Molto carino è anche il museo della tartaruga marina, ricco di informazioni sulle varie specie presenti in Oman. La chicca? Ogni giorno questo museo accoglie dei piccoli ospiti: nell’ultima sala, si trova infatti una vasca in cui nuotano tartarughini che hanno smarrito la via e che sono stati recuperati dai guardaspiaggia: giunta la notte, verranno liberati in mare. Parlando dei dintorni di Ras Al Jinz invece, a meno di un’ora dalla riserva troverai Sur, una cittadina deliziosa che vale decisamente una visita.
Ti piacciono le tartarughe? Allora puoi leggere anche di quando le incontrate alle Maldive e alle Seychelles!
Anche io ho visto le tartarughe in Oman. Ho dormito nella riserva per essere tra i primi fortunati. E’ davvero un’esperienza emozionante. Concordo con le tue considerazioni relative al turismo etico ed ecologico. Spesso si da la precendenza alle esigenze dei turisti e si irrompe prepotentemente in ecosistemi delicati. Ma conosciamo tutti come funziona purtroppo il mondo. Sono i turisti a dover cambiare mentalità.
Già… Tanti si comportano come fossero in uno zoo 🙁 Hai scritto di questa esperienza sul tuo sito? Vado a vedere! E buon anno Paola!