Ci sono luoghi che già sai di amare ancora prima di metterci piede. Di Procida mi sono innamorata molti anni fa, non grazie a Troisi e al suo Postino, ma ad Elsa Morante e al suo Arturo che qui, insieme alla fedele Immacolatella, attendeva un padre non proprio modello. Raccolta, intima, malandrina e, naturalmente, coloratissima: Procida è un’isola piccina, da abbracciare dall’alto dei suoi belvedere, o dal mare, a bordo di un gozzo che si allontana lento da un arcobaleno di case.
Grazie alle sue dimensioni ridotte e ai veloci collegamenti con Napoli o Ischia, quest’isola è la meta perfetta per una gita in giornata: qui di seguito, ti aiuto ad organizzare al meglio il tempo a tua disposizione, suggerendoti un piccolo ma esaustivo itinerario.
Cosa ti serve? Solo un bel sole: certo non sarà difficile trovarlo!
Prima mattina: Marina Grande e Terra Murata
Metti di arrivare verso le 9: poichè non fa ancora troppo caldo, le prime due ore della giornata le puoi trascorrere gironzolando per le stradine dell’isola. Cominciamo naturalmente dal porto di Marina Grande, detto Sent ‘Co (Sancio Cattolico): di sicuro, ancor prima di scendere dal traghetto, avrai adocchiato la fila di case variopinte a cui fa capo una chiesa giallo limone. Si tratta di Via Roma e di Santa Maria della Pietà. Se non hai ancora fatto colazione, fermati al Bar Roma (al 164 dell’omonima via): pare che qui si servano le migliori Lingue di Bue dell’isola! Nate proprio a Procida, sono fragranti scrigni di sfoglia farciti con crema al cioccolato, pasticcera o – la più tradizionale – al limone. Mi raccomando, vanno gustate calde!
Continua la tua esplorazione e muoviti tranquillamente senza cartina: ti renderai subito conto di quanto quest’isola abbia un’identità molto spiccata, nettamente diversa dalle più patinate Capri e Ischia. Vecchie insegne, muri che il sole ha scolorito regalando loro sfumature più tenui, edicole votive che ricordano un po’ i Quartieri Spagnoli, vespe e ape car che, intrepide, affrontano le salitelle. Sì, Procida sembra essersi fermata agli anni ’50.
Nel tuo girovagare ti imbatterai talvolta in arcate e passaggi molto stretti. Non ignorarli ma infilatici dentro: molto probabilmente, dall’altra parte, troverai un casale. Di cosa si tratta? Quel che oggi è una specie di salotto tutto marinaro – un cortile interno su cui si affaccia un gruppo di case – era un tempo un luogo sicuro in cui ci si rifugiava in caso di attacco da parte delle armate saracene. Ecco perché vi si accede solo tramite passaggi angusti che, alla bisogna, potevano essere barricati. Presenti sull’isola sin dal 500, i casali sono tutt’ora abitati e, sebbene vivaci nella gente e nei colori, continuano a dare l’impressione di stare sulla difensiva: un occhio attento noterà che le aperture esterne sono ben poche e le finestre molto piccole. Uno dei casali più belli e variopinti è Casale Vascello.
Recupera ora la cartina e imbocca Via Salita Castello: ti condurrà a Terra Murata, tra le aree più antiche di Procida. Anche se un po’ in pendenza – arriverai a quasi 100 metri sul livello del mare – la camminata è fattibilissima: sali dunque a piedi invece che con i mezzi, anche perchè il percorso regala una serie di panorami niente male, primo fra tutti quello sulla Corricella che, stupendo al tramonto, merita anche al mattino (foto di copertina)!
Torre Murata, come suggerisce il nome, è una vera e propria fortezza: edificata sul punto più alto dell’isola, comprende un convento, un’abbazia e l’austero Palazzo D’Avalos, ex penitenziario (fino al 1988!) da cui i prigionieri godevano, se non altro, di una vista invidiabile. Proprio come Alcatraz, si dice che qualcuno sia riuscito a evadere gettandosi in acqua ma, ancora come Alcatraz, non si sa se abbia avuto la meglio sul mare. Di Terra Murata colpiscono le case in tufo – le più antiche di Procida – in cui ci si scambia due parole da un balcone all’altro e, soprattutto, il fantastico panorama a strapiombo sul Golfo di Napoli, da non perdere per nulla al mondo.
Tarda mattina: Giro in barca dell’isola
Per ricalcare il profilo di Procida a piedi – piatta come una sogliola, con una superficie di nemmeno 4 km² e un perimetro di poco più di 15 km – mezza giornata è sufficiente. Ma perché farlo a piedi quando lo puoi fare via mare? Il giro dell’isola in barca è una delle esperienze che più raccomando. Puoi optare per tour privati in gozzo – proprio come a Capri – oppure per un tour di gruppo, prenotabile in anticipo (ti consiglio però non più di 8-10 persone alla volta). Della durata di circa 2 ore, incluse un paio di soste per un tuffo, i tour salpano da Marina Grande e dalla Corricella, il borgo marinaro dell’isola: se vuoi seguire il mio itinerario, parti proprio da qui. Da Terra Murata, percorri dunque al contrario via Salita Castello e devia lungo una delle tante stradine – quelle ripide, con le scale – che portano giù, al livello del mare, oppure imbocca Via San Rocco e poi Discesa Graziella: ti troverai al porticciolo.
Salpare dalla Corricella è pura poesia: bellissimo allontanarsi poco alla volta dalla riva, le casette addossate, strette strette le une alle altre. Sai perché sono così colorate? Semplicemente per questioni di praticità: in passato, i marinai le dipingevano per riconoscerle ancor prima di entrare in porto. I più maliziosi sostengono però che questa smania di identificazione avesse un altro scopo e cioè quello di individuare, anche da lontano, movimenti sospetti dietro alle finestre: chissà che faceva la moglie mentre il marito era fuori a pesca?
Circumnavigando l’isola, avrai l’occasione di osservare tutta una serie di grotte e calette e, soprattutto, di visionare le spiagge (te ne parlo poco più sotto): in questo modo potrai decidere dove trascorrere il pomeriggio. Il mare? L’ho trovato cristallino e molto pulito; pensa che secondo la mitologia, le sirene che hanno incantato Ulisse vivevano proprio in queste acque. Io niente sirene ma, come raccontavo qui, solo un incontro ravvicinato con una medusa. Mannaggia a lei!
Pranzo alla Corricella
Il tuo gozzo ti riporterà alla Corricella giusto in tempo per il pranzo (saranno ormai le 13.30 o le 14) e quale posto migliore di questo, così caratteristico, per un boccone: le barchette ormeggiate, le reti dei pescatori ammassate, crocchi di mici in attesa di una lisca di pesce… Ma diamo diamo un’occhiata ai menù: cozze, alici, cicale di mare e, più in generale, pesce freschissimo, alla griglia o in frittura.
Non passa inosservata la presenza del limone, e mica uno qualsiasi: è il cosiddetto limon-pane a farla da padrone. Tipico di Procida (anche se lo ritroviamo un po’ in tutta la zona del Vesuvio), più grande e profumato rispetto ai limoni comuni, questo agrume ha l’albedo (ossia la parte bianca interna) molto spessa, che gli è valsa l’appellativo di ‘pane’. Non essendo troppo aspro, il limon-pane è utilizzato oltre che in granite e dolci (ricordi le lingue di stamattina?), anche per la preparazione di primi e contorni. Io ho assaggiato un gustosissimo piatto(ne) di spaghetti limoni e alici e avrei voluto provare anche l’insalata (tocchi di limone conditi con menta, peperoncino, aglio e cipolla): peccato quel giorno non fosse sul menù!
Se non ami il pesce, non disperare e punta sul coniglio: la versione procidana lo serve con pomodoro ed erbe aromatiche. Noi abbiamo pranzato al Bar Graziella (Via Marina Corricella 14), locale storico di Procida (dal 1964) portato alla notorietà dal Postino: è qui che serviva ai tavoli la Beatrice/Cucinotta.
Dopo pranzo, un giro per questo piccolo borgo. Inaccessibile ad auto e motorette, la Corricella è un angolo lindo e relativamente silenzioso: solo il vociare dei pescatori e dei proprietari dei ristorantini che, mai stanchi, decantano agli avventori le prelibatezze della loro cucina. Osserva le case: frutto di un’architettura spontanea, connesse da un intricato sistema di archi, scale e vefi, i balconi di origine araba, sembrano nascere l’una dall’altra, senza un preciso piano regolatore. A delimitarne i confini, solo i colori: rosa, verde, giallo, malva, turchese; tinte pastello o più audaci. Insomma, se è vero che a Procida il tempo pare essersi fermato, alla Corricella ne hai la conferma.
Pomeriggio: In spiaggia
Sdraiarmi al sole non era la mia priorità: ecco perché ho lasciato la tappa in spiaggia per ultima (ma nulla ti vieta di fare l’inverso). Durante il giro in barca, avrai notato che l’isola è ricca di anfratti e insenature, ma ci sono alcune baie più ampie degne di nota: le puoi raggiungere a piedi, in taxi o in bus. Se in questo momento sei alla Corricella, la più vicina è senza dubbio Chiaia: ci puoi arrivare in pochi minuti con una barca-navetta che salpa dal porticciolo, oppure puoi raggiungere la vicina Piazza Olmo e, da lì, scendere una scalinatella di circa 200 gradini. Chiaia è la spiaggia col panorama più bello dell’isola: da qui, vedrai il promontorio di Terra Murata e il caleidoscopio della Corricella.
Di rena nera, a indicare la loro origine vulcanica, sono le altre due spiagge più famose di Procida: la Chiaiolella (o del Ciracciello) e Pozzo Vecchio (o del Postino). La Chiaiolella è tra le più frequentate, nonché una delle meglio attrezzate. Immersa nella macchia mediterranea, con due piccoli faraglioni neri a farle da sentinella (niente però a che vedere con i faraglioni di Capri!), è ottima al tramonto, con il profilo baldanzoso di Ischia che si allunga all’orizzonte. La Spiaggia del Pozzo Vecchio è, invece, tra le più romantiche (sebbene alle sue spalle si trovi un cimitero!) ed è nota come la spiaggia del Postino perché qui vennero girate alcune delle scene simbolo del film.
Se non ti vuoi allontanare troppo dal porto di Marina Grande, puoi optare per la spiaggia della Silurenza o quella della Lingua, situate sullo stesso versante.
Fine giornata: Traghetto di ritorno
Verso le 18 / 18.30 puoi imbarcarti per fare ritorno alla tua destinazione d’origine. La gita a Procida termina qui ma, come è chiaro, ci sarebbe ancora molto altro da fare: raggiungere l’isolotto di Vivara ad esempio, un’area marina protetta accessibile solo su prenotazione, o visitare alcuni musei e case storiche, come quella di Graziella, isolana realmente esistita che ispirò il romanzo di Lamartine.
Quel che più andrebbe fatto a Procida, però, è riscoprire il piacere dell’indugio, del temporeggiare. Procida andrebbe gustata seduti su di un gradino bianco, mentre l’ultimo sole allunga i profili delle case. O in un cortile all’ombra di un limone, pensando a come doveva (deve?) essere una vita semplice, fronte mare. Andrebbe cercata nelle reti dei pescatori, Procida, negli sguardi languidi dei gatti, nel sale che ti si appiccica alla pelle. E poi andrebbe ascoltata: i suoi suoni, te li lascio raccontare da lui.