Alberobello e gli altri: i Borghi più belli della Val D’Itria

borghi belli val d'itria
Locorotondo
Piccolo itinerario tra borghi bianchi, ulivi secolari, trulli e masserie

Ulivi secolari, masserie, muretti a secco e, naturalmente, trulli: il mare non c’è, ma non è poi così lontano. La parte meridionale dell’altopiano delle Murge, una depressione carsica a tratti brulla e a tratti boschiva, è conosciuta come Val d’Itria e ingloba parte delle province di Bari, Brindisi e Taranto. A rendere così apprezzata quest’area rurale sono i suoi paesini: oltre ad Alberobello, divenuto patrimonio Unesco negli anni ’90, tanti altri sono stati inseriti nella lista dei Borghi più belli d’Italia o hanno ottenuto la Bandiera Arancione da parte del TCI, importante riconoscimento di qualità turistico-ambientale. Bianchi e curatissimi, intricati come casbah arabe ma con tutto il calore del Sud: ecco i borghi più belli della Val D’Itria, corredati di qualche nota per gli appassionati del food.

Cisternino (BR)

Una delle primissime immagini che ho della Puglia è quella di un ragazzo – anzi, usiamo pure il termine desueto di ‘garzone’ che qui ci sta bene – che risaliva un vicolo di Cisternino reggendo un vassoio con un enorme taglio di carne sanguinolenta, che, a occhio e croce, poteva pesare quanto il mio trolley Ryan Air. Apperò! – ho pensato.

Dopo questa prima istantanea lievemente surreale, torniamo a noi. Cisternino, dicevamo. Il centro storico è suddiviso in cinque rioni: u’ pantèn, u bùrie o borgo, bére vecchie, scheledd e isule. Non ho la più pallida idea di cosa significhino queste parole ma gioco a cercarle dipinte sulle maioliche che fanno capo alle vie. Mentre cammino, ogni tanto scivolo sulle chianche, le pietre che tantissimi piedi hanno reso belle lucide e, temo, piuttosto pericolose nei giorni di pioggia (anche se l’impressione, in un posto come questo, è che splenda sempre il sole). Di Cisternino, mi è piaciuta l’atmosfera d’altri tempi: la camionetta che scarica le casse di coca-cola davanti alla Torre dell’Orologio, il silenzio dei vicoli bianchi di calce, le logge, gli archi, i vasi di gerani. E pure il signore con la panza, coperta a fatica dal grembiule.

Nota food: A Cisternino sembrano esserci più macellerie che persone e anche le bracerie al fornello non scherzano. Non a caso, è il paese della bombetta, una sorta di involtino di carne di maiale con all’interno del caciocavallo, utilizzato – dicono – per impedire che la carne si secchi in cottura. Da accompagnare possibilmente con le patate cotte sotto cenere.

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Martina Franca (TA)

Proprio un borgo non è dato che conta circa 50.000 abitanti, ma è altrettanto bellina e meritevole di una sosta: in netto contrasto con i trulli della compagna circostante, Martina Franca è una città dall’anima barocca e rococò. Comincia la tua visita in Piazza Maria Immacolata: se non sai come arrivare, chiedi dei ‘Portici’ e tutti sapranno indicarti la strada. In questo elegante salotto cittadino troverai alcuni edifici nobiliari e una lunga sequenza di arcate che, nell’800, ospitavano un mercato di certo molto animato. Appena più in là, nell’adiacente Piazza Plebiscito, i riccioli marmorei della basilica del santo patrono, San Martino.

Da Maria Immacolata si dipanano strade sempre più strette che, abbandonati i colori caldi del barocco, tornano ad essere interamente bianche: il curdunnidd, la zona più antica, trasforma Martina Franca in un piccolo borgo mediterraneo che ci ricorda un po’ la Grecia, almeno fino a quando una voce che chiama ‘Nicòla’ non ci riporta in Puglia.

Nota food: E’ originario proprio di Martina Franca il famoso chépecùedde (capocollo): ricavato dalla parte superiore del collo dei suini – allevati allo stato brado in boschi di fragno, una specie di quercia locale – è un salume piuttosto saporito. Dopo qualche giorno sotto sale e aromi naturali, viene immerso nel vin cotto, insaccato in budello, poi affumicato con legno di timo e fragno e, infine, messo a stagionatura in un trullo per circa 5 mesi. Il capocollo di Martina Franca lo troverai in ogni ristorante, ma per una degustazione speciale prenota qui. Se come me non ami i salumi, concediti invece uno stop goloso al Caffè Tripoli. Da assaggiare il bocconotto, dolce di frolla ripieno di crema, crema e amarene, cioccolato e altro ancora: io ricotta e pera!

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Locorotondo (BA)

Abbarbicato su di un colle della murgia barese, Locorotondo è il paesino perfetto. Lindo, intimo e curato, ogni balcone ha un fiore, ogni via un adorno: un dipinto, un rampicante, una madonna che ti rivolge uno sguardo pietoso e amorevole. Nulla sembra essere lì per caso ma, al tempo stesso, nulla appare forzato o frutto di quella artificiosità schiava di Instagram che ho riscontrato altrove. Tutto è lento, immacolato e dolce a Locorotondo, a cominciare dalla sua pianta circolare che non prevede spigoli. A spezzarne la morbidezza, solo gli acuti delle cummerse, i tipici tetti in pietra dalla punta aguzza.

E poi c’è il mare. Bhe, non proprio ma quasi. Non ci credi? Dal centro storico, prendi una di quelle vie che sfogano sulla Val d’Itria, su quelle macchie a metà tra il bosco e la campagna, punteggiate dai trulli. La passeggiata che dà sulla valle i pugliesi la chiamano ‘lungomare’ perché, soprattutto all’alba, si viene a creare quella foschia che, con un po’ di immaginazione, ti fa già sentire la salsedine sulle labbra.

Nota food: Da stappare, una bottiglia di Locorotondo DOC, un bianco secco e delicato ottenuto dai vitigni Verdeca e Bianco d’Alessano.


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Alberobello (BA)

Fiabesco, turistico, storico, romantico: ad Alberobello – borgo patrimonio Unesco che, con oltre 1000 esemplari, vanta la più alta concentrazione di trulli della regione – ognuno appiccica l’etichetta che crede e io penso che, col tempo, se le sia guadagnate un po’ tutte.

E’ vero che l’affollatissimo Rione Monti sembra una specie di parco a tema, tutto souvenir e attrazioni da depennare dalla lista: il Trullo Siamese, la Chiesa Trullo, il Trullo col Terrazzo, il Trullo-Più-Piccolo-di-Alberobello etc. Lasciata però questa specie di Trullandia dove tutto è trulloso, vai altrove.

Fai due passi nel quartiere dell’Aia Piccola: troverai meno gente, meno fiori, chiancarelle – le lastre di pietra calcaree che formano i coni – un po’ sbreccate e muretti a secco non sempre ben allattati (ossia imbiancati). E, dietro alle finestre, invece di negozi di canovacci con la cartina della Puglia e calamite, potrai intuire il calore di cucine e salotti abitati. Insomma, vedrai un’Alberobello certo meno perfetta ma forse, proprio per questo, più autentica e altrettanto bella, se non di più. Sempre in questa zona, ti segnalo due cosine da fare:

* Visitare la casa museo ospitata nel Trullo Sovrano, che offre un interessante spaccato di storia e vita rurale. Sapiente connubio di architettura e arguzia contadina, fresco d’estate e caldo in inverno, si dice che il trullo sia nato per sfuggire a un editto che imponeva una tassa sulle abitazioni a malta. Sebbene oggi sia il simbolo indiscusso della Puglia, il trullo cela ancora qualche segreto; passeggiando per Alberobello, avrai sicuramente notato i simboli dipinti sui tetti e apposti in cima ai pinnacoli: astri, animali, croci. Persino cuori. Il loro significato è tutt’ora incerto: religioso, propiziatorio, astrologico, ornamentale? O soltanto un modo per identificare la propria abitazione, un po’ come i nostri numeri civici?

* Dormire in un trullo. Anche in Puglia, così come in tutta Italia, troverai i cosiddetti alberghi diffusi, dimore antiche che, senza essere snaturate, vengono trasformate in accoglienti strutture ricettive. Tra queste rientrano alcuni trulli autentici, riarredati con gusto e funzionalità. Io ne ho scelto uno in zona Aia Piccola, tranquillo e spazioso: bellissimo rientrare la sera tardi con una distesa di trulli illuminati.

Nota food: Sbaglio o non c’è alcun prodotto tipico specifico di Alberobello? E’ il momento giusto per un piatto di orecchiette, allora!

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Ceglie Messapica (BR)

Quella che oggi si definisce ‘città d’arte e terra di gastronomia’, era circa mille anni fa una cittadella fortificata, dominata dal Castello Ducale con la sua Torre Normanna, tutt’ora visibile. A mio parere meno suggestivo degli altri borghi della Val d’Itria, percezione forse viziata da un cielo grigio, a Ceglie mi sono fermata veramente poco, con l’obiettivo di tornarci in futuro per soggiornare in una masseria e osservare la Puglia all’ombra di un ulivo.

Nota food: Dicono che in Puglia si mangi bene ovunque, ma a Ceglie di più, tanto nelle trattorie quanto nei ristoranti di livello – due su tutti, il famoso Cibus e lo stellato Michelin Antonella Ricci & Vinod Sookar (ex Al Fornello da Ricci) – che, all’altissima qualità delle materie prime, uniscono tecniche d’esecuzione impeccabili. Se come me sei solo di passaggio e non hai tempo di sederti a tavola, non disperare; entra al Caffè Centrale e portati via un po’ di dolcetti di Ceglie: pasta di mandorle locali con un cuore di marmellata di amarena o di uva, glassati oppure no. Sempre presenti nelle credenze cegliesi, le donne di casa non mancavano di abbinarli persino alle bomboniere nuziali e, oggi, sono Presidio Slow Food.

Ostuni (BR)

Da lontano è un quadro: immacolata, adagiata sul suo poggio, sembra impossibile trovare un difetto alla Città Bianca. E una volta nel centro storico – lo chiamano terra, per distinguerlo dalla marina – verrai rapito dagli archi, dal barocco, dalle corti, dai vicoli tortuosi, dalle case dal tetto a terrazza imbiancate a calce. E persino dai gatti, che sembrano disporsi a regola d’arte sulle scalinate.

Insomma, Ostuni è così perfetta di suo che… è un peccato immolarla a Instagram. Lucine, ombrelli, ‘cose’ di ogni genere – dai cuscini sulle scale (?) a orrendi cactus di plastica applicati al muro – messe lì per… già, perché mai? Per migliorare l’estetica della città o solo per renderla più instagrammabile (che, attenzione, non significa bella)?

Fortuna che, per lasciarsi alle spalle questi orpelli inutili, basta infilarsi in una stradina fuori mano, lontano dall’esercito dei selfie tutti uguali davanti alla stessa porticina colorata. Lontano dagli insopportabili ape calessino che, per poter transitare, ti fanno appiattire al muro ogni tre passi (e non troviamo la scusa che sono un’americanata perché, nel 2020, gli americani non c’erano).

Il trucco pesante stona sempre. Soprattutto sulle bellezze acqua e sapone.

Nota Food: Il Borgo Antico Bistrot è un locale famoso per l’aperitivo pugliese: un compendio culinario che include, tra le altre cose, friselle, pèttole, melanzane ripiene, purea di fave e cicoria, burratine, salumi, focacce, polpette e acquasale. Il cibo è buono (anche se non eccelso) ma i tempi d’attesa sono biblici, a meno di non sedersi molto molto presto; in compenso, il belvedere sulla valle è top (ed è l’unico motivo per cui tornerei).

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