Rampe e scale: su e giù per i gradini di Napoli

scale di napoli
La Rampa del Petraio
Regalano scorci incredibili e consentono di scoprire la città con lentezza: sono le vie gradinate, tratto distintivo dell'urbanistica partenopea

Gli ingorghi, gli scooter, i clacson, i semafori bruciati: il primo ricordo che ho della viabilità di Napoli l’avevo raccontato qui. E pensare che la città si può girare benissimo anche a piedi: un vicolo, un vicariello e… un gradino dopo l’altro. Le scale sono infatti uno dei tratti distintivi dell’urbanistica partenopea che, con una topografia fitta fitta, rivela una città ammonticchiata su sè stessa. La loro origine si colloca lontano nel tempo, nel 1500, quando il viceré Don Pedro de Toledo, colui che dà il nome alla celebre via del centro, decise di ampliare la città verso il Vomero e, più in generale, fuori le mura. Cominciò così la costruzione di una serie di vie gradinate, tra cui i celebri Gradoni di Chiaia, quartiere simbolo dell’espansione extra-moenia.

Ad oggi, sono più di 200 i percorsi pedonali che mettono in comunicazione la città alta con il centro storico, le colline con il mare. Restituiscono una Napoli a misura d’uomo e rendono lo spostamento piacevolmente pigro, facendo riscoprire a chi le percorre un ritmo lento, da assaporare passo dopo passo grazie a scorci e prospettive inaspettate. Perché è vero che Napoli ha la stazione metropolitana più bella del mondo, ma anche le vedute sul Golfo non sono proprio da buttare (!).

In questo post trovi tre percorsi gradinati super panoramici; alcuni li definiscono trekking urbano, ma non esageriamo: sono salite (o discese) in fin dei conti molto semplici, e te lo dice una che, dopo aver fatto le scale di Chhomrong (Nepal), sa di cosa parla.

Le Rampe di Sant’Antonio a Posillipo
Collegano Piazza Sannazaro (Mergellina) a Posillipo.

Conosciute anche come ‘e tridici discese, queste rampe sono curve a gomito recuperate da un’antica via greco-romana. Se un tempo avevano il compito di facilitare l’ascesa dei fedeli alla Chiesa di Sant’Antonio, oggi sono molto battute perché permettono di raggiungere il belvedere più famoso della città, quello intitolato appunto all’omonima chiesa di Posillipo.

Salendo, il Golfo di Napoli si schiude alla vista poco alla volta; giunti sul terrazzone lo si vede in tutta la sua bellezza: le gobbe vicine del Vesuvio e del monte Somma, le barche ormeggiate in porto, i bei palazzi di Chiaia e, sospeso sul mare, Castel dell’Ovo.

La Rampa del Petraio
Collega idealmente Castel Sant’Elmo a Castel Dell’Ovo, ossia Vomero a Chiaia.

E’ la mia preferita, nonché la più lunga tra quelle che ti presento in questa pagina: per poterla percorrere – in discesa e con calma – metti in conto almeno mezz’ora. Via Gradini del Petraio si imbocca da via Caccavello, a cui puoi accedere in Funicolare (fermata Morghen) o con la metro (fermata Vanvitelli).

Costruito tra il XVI e il XVII secolo, questo sistema di rampe prende il nome dal pendio su cui venne edificato, un tracciato formatosi grazie al deposito di pietre e ciottoli trascinati a valle dalle piogge. Scendere le scale del Petraio significa immergersi, almeno nel suo primo tratto, in un’oasi silenziosa e colorata, calarsi in una dimensione intima, propria più di un paese di campagna che non di una metropoli di circa un milione di abitanti.

Il primo segmento del Petraio è caratterizzato dalla presenza di tanto verde – vigneti, agrumeti, fiori ai balconi – intervallato da case dalle tinte vivaci: il rosso di Pompei, il giallo dei limoni, l’ocra del tufo. Poca gente, quasi nessuno se si escludono le persone appoggiate alle ringhiere o sedute davanti alle proprie abitazioni. Sembra una di quelle stradine private dove si finisce a volte per caso e dalle quali si esce in punta di piedi, sperando di non aver disturbato nessuno. Un’arcata, un gatto che si ferma all’ombra per leccarsi una zampa e poi l’orecchio, due cappelle votive, i panni stesi su di un filo sottile e, in una teca, le statuette delle anime del purgatorio, figurini che ardono a metà, simbolo del culto tutto napoletano delle anime pezzentelle. Lungo la discesa, la collina scompare gradualmente e il mare si riappropria dei suoi spazi: in lontananza, ecco il blu, il Vesuvio, l’isola di Capri.

Poco dopo, però, ecco anche Corso Vittorio Emanuele che, del Petraio, segna un punto di svolta: la pace quasi idilliaca che ha regnato sino ad ora si infrange irrimediabilmente per lasciare il posto alla Napoli del traffico, delle voci. Cambiano i colori: i ‘vasci’ perdono le sfumature accese e virano sul grigio, acquistando un aspetto più popolare. Giù per Via San Carlo alle Mortelle e Vico Mondragone le strade si fanno sempre più strette e buie, fino a che Via Santa Caterina da Siena sfuma in un’ultima discesa: sono i Gradoni di Chiaia e il mare è lì davanti. L’azzurro è stato riconquistato.

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La Pedamentina
Collega la Certosa di San Martino (Vomero) a Corso Vittorio Emanuele.

Antichissima, è la prima strada mai costruita per arrivare al Vomero. Nel corso della storia cambierà più volte aspetto: da rampa liscia utilizzata per trasportare i materiali per la costruzione della Certosa, diverrà poi una gradinata e una strada attrezzata per proteggere Castel Sant’Elmo dalle aggressioni nemiche. Oggi, però, la Pedamentina, è forse il percorso pedonale più pittoresco di Napoli.

Comincia nel piazzale antistante San Martino e scende per 414 gradini costeggiando terrazzamenti e piccoli agrumeti, oltre agli orti e ai giardini della Certosa. Il Vesuvio e la Napoli più antica rimarranno alla tua sinistra lungo tutto il declivio. Osserva il centro storico: si vedono bene il decumano di Spaccanapoli, la spessa lama che taglia in due la città, piazza Dante, il complesso di Santa Chiara con l’inconfondibile tetto verde e le tante e tante chiese che hanno valso al capoluogo campano l’appellativo di “città delle 500 cupole”.  

Se vuoi spingerti fino a qui, una volta terminata la Pedamentina e arrivata in corso Vittorio Emanuele (ti ci vorrà appena un quarto d’ora), puoi proseguire lungo la scala di Montesanto, raggiungere il quartiere Pignasecca, mangiare un boccone – che qui è d’obbligo – e, in altri cinque minuti, sarai a Spaccanapoli.

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Insomma, se ti piace camminare e non hai paura di fare qualche scalino, Napoli è la città giusta per te! Io, per la prossima volta, mi sono annotata altri percorsi, tutti gradinati ovviamente: la Calata di San Francesco, la Scala di San Pasquale e, soprattutto, la salita Moiarello per arrivare a Capodimonte a piedi.
Ne hai altri da consigliarmi?

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