Quando viaggio, cerco spesso di alloggiare in strutture particolari: un campo mobile, un igloo, una tenda beduina, un B&B da cui era era passato Jim Morrison o, semplicemente, un hotel con una storia da raccontare. Con la pandemia, calatami in una dimensione di prossimità, le cose non sono cambiate: in questo post ti racconto di una tipologia ricettiva molto particolare, l’albergo diffuso.
Cos’è un albergo diffuso?
E’ un’idea di ospitalità nata in Italia e che, seppur lentamente, sta prendendo piede anche all’estero. Consiste nel dare nuova vita non solo a case e dimore antiche ma, addirittura, a interi villaggi. Come? Destinandoli al turismo. Obiettivo dell’albergo diffuso è quello di valorizzare tutti quei borghi – piccoli e bellissimi, carichi di valore storico e architettonico – che tuttavia vengono progressivamente abbandonati e che, dunque, dispongono di numerosi edifici chiusi o inutilizzati.
L’albergo diffuso riapre questi immobili adattandoli alle esigenze ricettive, ma senza snaturarli. Il bello è proprio questo: non serve costruire niente di nuovo ma solo rimaneggiare l’esistente, riorganizzare quello che già c’è. Proprio perché non si alloggia in camere tradizionali, questa è una soluzione che si posiziona a metà tra hotel e casa, perché i servizi ci sono tutti – reception, pulizia delle camere, colazione etc. – ma, al contempo, c’è anche quella sensazione di vissuto e di intimità che difficilmente si può riscontrare in una catena alberghiera.
Perché proprio ‘diffuso’?
Perché, a differenza di un hotel che, solitamente, si sviluppa in verticale, l’albergo diffuso ha una struttura orizzontale. Immagina ciascuna casa di un borgo come una camera e l’immobile più grande, o quello più centrale, come la lobby: è qui che ti recherai per il check-in ed è qui che ti verranno consegnate le chiavi della tua camera/casa. Per raggiungerla non dovrai prendere l’ascensore, però: dovrai invece superare il portone che vedi in fondo alla piazza, oppure fare 300 metri e poi girare a destra.
Una delle caratteristiche principali degli alberghi diffusi è che le abitazioni adibite alla ricezione turistica devono essere dislocate all’interno del borgo, vicino ad altre realmente abitate: in questo modo, per il turista sarà più facile sentirsi parte di una comunità viva, di un ambiente autentico e affatto anonimo.
Quali sono i vantaggi dell’albergo diffuso?
Dal punto di vista dell’offerta, questo modello ricettivo dà un forte contributo allo sviluppo del territorio: riapre porte e finestre di dimore dimenticate e riporta il chiacchiericcio nelle vie dei borghi, dando così nuovo impulso alle risorse locali. Per quanto riguarda la domanda, e cioè noi, ci offre la possibilità di vivere un’esperienza diversa, quasi da residente invece che da turista: del resto, l’integrazione con la realtà locale è una parte importante di ogni viaggio, almeno per me!
Qualche esempio:
# Val d’Itria
Sono due le abitazioni che contraddistinguono questo angolo d’Italia fatto di minuscoli borghi bianchi: trulli e cummerse. Se i primi non hanno bisogno di presentazione, forse però non tutti conoscono le cummerse, ossia quelle casette dai tetti aguzzi, rivestiti da lastre di pietra grigia (le chiancarelle). Per la mia prima volta in Puglia, ero molto indecisa: inizialmente avrei voluto dormire a Locorotondo, nell’albergo diffuso Sotto le Cummerse, ma poi ho finito per optare per un più classico trullo, ad Alberobello.
Com’è l’interno di un trullo? L’ambiente è suddiviso in più zone, separate da arcate in muratura; nello specifico, il nostro comprendeva un’area centrale con una piccola cucina e un soggiorno, un’alcova adibita a zona notte e persino un minuscolo cortile rialzato affacciato sui tetti circostanti. E non preoccuparti: se un tempo dentro ai trulli non c’erano i servizi e, per le emergenze notturne, si disponeva di u rnel e u preis – due vasi nascosti sotto al letto – oggi naturalmente il bagno c’è, così come la doccia. 😉
Situato nella zona meno commerciale di Alberobello, il quartiere di Aia Piccola, il nostro trullo si confondeva perfettamente con gli altri e nulla tradiva la sua natura di casa vacanza. Passeggiando per le vie del borgo la sera tardi, tra i coni illuminati, indovinavamo attraverso i salotti accesi, la vita di chi, dentro a un trullo, ci vive per davvero.
# Ragusa Ibla
Una vista superlativa sulla città antica, un verde agrumeto in cui fare colazione o rilassarsi con un libro e – preziosissima in estate quando si superano facilmente i 40° – una piscina turchese. Sono questi i plus de Il Giardino sul Duomo, splendido hotel diffuso situato nel cuore del barocco siciliano, in un angolo tranquillo raggiungibile in auto o, ancora meglio, a piedi, arrampicandosi tra le viuzze del borgo.
Le camere disponibili sono poche ma curatissime, restaurate in modo tale da non stridere con il contesto in cui si calano e dotate di tutti i comfort. Noi abbiamo alloggiato due notti in una superior articolata su due livelli: il bagno al piano inferiore e la camera da letto vera e propria appena sopra. L’affaccio poi, fantastico: spente le lampade in stanza, a gettare un po’ di luce non restava che il profilo della cupola del Duomo di San Giorgio.
# Matera
Dormire in una grotta è un modo veramente speciale per calarsi completamente nell’atmosfera materana e, in città, noterai tantissime strutture che offrono questo tipo di esperienza. Tuttavia, le camere-grotte forse più rinomate di Matera sono proprio quelle di un albergo diffuso, l’hotel Sextantio – Le Grotte della Civita. Situato nella zona più antica dei Sassi, con un superbo affaccio sul Parco della Murgia, questo complesso si compone di ben 18 grotte, tutte originali.
Volte ampie e altissime, pavimenti in pietra irregolari, arredi essenziali: ogni cosa è stata studiata al dettaglio al fine di non snaturare la natura rurale del luogo. Qualche esempio? Lenzuola in lino grezzo, saponi artigianali all’olio d’oliva, una bella vasca da bagno invece di una più moderna doccia e, per finire, mobili autoctoni, recuperati da materiali antichi o restaurati con una diversa destinazione d’uso (una vecchia culla è diventata un vano porta asciugamani, ad esempio). Anche l’illuminazione è stata progettata a dovere: tieni presente che, dato che in un passato non troppo lontano le case-grotta erano concepite quasi esclusivamente come rifugio notturno, le fonti di luce naturale sono ben poche (nel nostro caso, si limitavano a una finestra molto alta, da aprire con un’asta telescopica). A riempire l’ambiente di un chiarore soffuso ci hanno pensato però le numerose candele disposte nella stanza e alcune installazioni non invasive, perfettamente integrate ai muri in pietra.
Oltre alle camere, merita una menzione speciale anche la sala colazioni: in quella che secoli fa era una chiesa rupestre, oggi trovano posto lunghi tavoli di legno e un gran camino che, acceso in inverno, sono certa contribuisca a rendere l’atmosfera ancor più speciale. Tra l’altro, quella di Sextantio è una delle colazioni più ricche che io abbia mai visto: dal dolce (uno su tutti il ricchddugghj, una specie di focaccia all’olio ricoperta di zucchero) al salato (burrate, salumi, quiche di verdure), è un vero inno alla cucina lucana. La signora addetta all’accoglienza in sala, gentilissima, ci ha addirittura fatto preparare qualche assaggino per il tragitto in macchina, dato che eravamo in partenza per la Puglia.
Insomma, se ricreare l’idea di un mondo arcaico in un contesto da cinque stelle sembrava un’impresa difficile, Sextantio ci è riuscito perfettamente e, quando ripasserò a Matera, dormirò di certo ancora qui. Magari nella stessa grotta, la numero 3!
E tu sei già stato in un albergo diffuso? Se desideri prenotare una notte o più in uno di essi, ecco il link all’Associazione Nazionale, dove troverai l’elenco regione per regione.