Con Bologna ho iniziato la mia estate. Sono partita in solitaria da Milano un mattino presto, con un interregionale lento lento che si è fermato a prendere fiato in una quantità di paesini. Ho preso una stanza minuscola ma centralissima, in un hotel con una terrazza panoramica da cui si vedeva bene quanto è storta la Garisenda.
In un weekend ho camminato qualche decina di chilometri, la maggior parte dei quali sotto i portici per cui la Dotta è famosa. Ho mangiato tigelle, piadine e tortellini e ho giocato un po’. Perché chi va a Bologna non può non cimentarsi in una caccia al tesoro leggendaria, alla ricerca di quei Sette Segreti che ormai non sono più un mistero per nessuno ma che da anni continuano a sospingere grandi e piccini per le vie del centro storico. Quale sia l’origine dei Sette Segreti, chi li abbia identificati o raccolti per primo, è forse l’unico, vero enigma: nessuno lo sa. Ma in fondo, poco importa.
Dunque, se ti capita di vedere gente ferma a guardare per aria, a parlare da sola, o a fare qualche passo avanti e indietro con un sorrisetto sul viso, non allarmarti. Non siamo pazzi, probabilmente abbiamo appena carpito un segreto.
Ecco i Sette Segreti di Bologna:
#1. Canabis Protectio
Via Indipendenza, incrocio con via Rizzoli
A Canton de’ Fiori, sotto la Torre Scappi, se alzi gli occhi alla volta potrai leggere la seguente frase latina: “panis vita, canabis protectio, vinum laetitia”, che pressappoco significa “il pane è vita, la cannabis protezione, il vino allegria”. Aspetta, cosa? Lungi dall’incoraggiare l’uso della marijuana, questa espressione si riferisce a tutt’altro: un tempo, la coltivazione e il commercio della canapa (canabis) erano attività molto proficue e, probabilmente, questa piantina ha contribuito a fare la fortuna di Bologna. La protectio è dunque da intendersi come sicurezza economica.
#2. Il telefono senza fili
Palazzo del Podestà, Piazza Maggiore
Siamo a Piazza Maggiore, precisamente a Palazzo Podestà, uno degli straordinari edifici che si affacciano su di essa. Ci portiamo sotto alla Torre dell’Arengo, un crocevia in cui convergono quattro logge (note come voltoni), provenienti dai quattro punti cardinali. Prestiamo attenzione ai pilastri d’angolo che reggono le volte: è qui che avviene un curioso fenomeno acustico! Se ci si posiziona con la faccia rivolta al muro e si parla sottovoce, la persona che si trova all’angolo opposto sarà in grado di ascoltarci e di rispondere. Si tratta di un telefono senza fili a tutti gli effetti, che consentiva una comunicazione a distanza del tutto privata, senza il rischio essere uditi dai passanti. Questo espediente era utilizzato soprattutto dai frati che, in questo modo, potevano ascoltare le confessioni dei lebbrosi evitando così il contatto con i malati.
Non è da escludere che anche qualche banda di ladruncoli approfittasse della conduzione acustica del voltone: per secoli, questo è stato infatti uno dei luoghi più affollati e vivi della città. Sotto la torre dell’Arengo si teneva il mercato locale, c’erano gli uffici dei notai e persino le forche per le pene capitali, una delle quali è ancora oggi visibile. Si trova nel braccio del voltone che dà verso Piazza Maggiore, scelta non casuale in quanto permetteva ai condannati a morte di rivolgere un ultimo sguardo alla Basilica di San Petronio e, dunque, di invocare il perdono divino.
#3. La finestrella
Via Piella, 16
La Bologna medievale era una città d’acqua: i canali che la solcavano, alcuni dei quali navigabili, servivano principalmente per alimentare i mulini. Con i secoli caddero però in disuso, tanto che nella prima metà del novecento vennero quasi tutti interrati. Tutti tranne un paio.
Sul muro rosso di Via Piella, spingi lo sportello che protegge una piccola apertura. Aprirai una finestra su una Bologna dimenticata, che riscopre la sua natura di borgo (foto di copertina). In mezzo a case color pesca e altre tinta senape, scorre allegro il Canale delle Moline, affluente del Canale di Reno, uno dei più grandi della città. Quello della finestrella, sebbene sia il più suggestivo, non è però l’unico scorcio di questo tipo: su via Malcontenti, ad esempio, c’è l’affaccio diretto sulla veduta della finestrella (ma, ovviamente, dal lato opposto), mentre la foto qui sotto l’ho scattata in via Oberdan. E non è tutto: pare che nel centro storico, nei momenti di quiete, si riesca a sentire il mormorio dell’acqua che, nascosta, scorre sotto ai piedi dei passanti.
#4. Panum Resis
Palazzo Poggi, via Zamboni 33
Tra tutti, è forse il segreto meno intrigante. Si dice che in una cattedra di Palazzo Poggi, sede del rettorato dell’Alma Mater Studiorum, sia incisa la frase “Panum Resis”. Inserita nel contesto dell’università più antica d’Europa, questa scritta latina allude al fatto che la conoscenza debba essere alla base (il pane) di tutte le cose e sottolinea dunque l’importanza dello studio e della cultura. Purtroppo, però, sembra che nessuno sia mai riuscito a individuarla.
#5. L’erezione di Nettuno
Piazza del Nettuno
Un segreto burlone. O meglio, burlone fu il Giambologna, lo scultore che realizzò la statua di Nettuno, che domina l’omonima fontana adiacente a Piazza Maggiore. Per sfuggire ai rigidi dettami cattolici o per chissà quale altro motivo, il Giambologna rende il dio romano – conosciuto a Bologna semplicemente come “il Gigante (o “al Żigànt” in dialetto) – protagonista di un irriverente gioco di prospettive.
Se ci posiziona alle spalle della statua, sul lato destro, Nettuno sembra essere superdotato: impossibile non notare il grosso membro in erezione. Peccato che, girando intorno alla statua e osservandola frontalmente, si scopra l’inganno prospettico; quello che si vedeva non era il fallo bensì la mano del dio: tutto fumo e niente arrosto, insomma!
#6. Le tre frecce di Corte Isolani
Strada Maggiore, 19
Ricca di gallerie d’arte, negozi ricercati e ristoranti chic, Corte Isolani è un passaggio coperto che mette in comunicazione due delle principali vie del centro storico: Via Santo Stefano e Strada Maggiore. Su quest’ultima, l’ingresso alla corte coincide con Casa Isolani che, con le sue altissime colonne di quercia, pare un pezzo di medioevo magicamente trasportato ai giorni nostri. L’edificio, disposto su tre piani, prende il nome da una famiglia di mercanti di stoffe originaria di Cipro (da cui l’appellativo “isolani”) stabilitasi in città nel XIII secolo.
Uno dei sette segreti di Bologna si cela proprio tra le travi del porticato d’ingresso. Narra la leggenda che tre briganti fossero stati incaricati da un uomo di uccidere la moglie fedifraga. Al momento di scoccare le frecce, però, ella li colse di sorpresa, presentandosi nuda alla finestra. Persa la concentrazione, gli arcieri non andarono mai a segno e i dardi finirono conficcati nel legno sopra le loro teste. Se nella realtà andò così non lo sappiamo con certezza, ma è pur vero che oggi, sul soffitto di Casa Isolani, le tre frecce ci sono e i passanti si cavano gli occhi nel tentativo di individuarle: io non ho una vista da falco e sono riuscita a trovarne una sola!
#7. Il vaso rotto
Torre degli Asinelli, Piazza di Porta Ravegnana
Che ci fa un vaso rotto proprio in cima alla Torre degli Asinelli? E chi lo sa! Anzi, siccome nessuno è mai riuscito a vederlo, forse nemmeno c’è. E’ questo il segreto più controverso dei sette: insomma, uno sale 498 scalini e poi non trova nulla? Fortuna che a consolare gli animi ci pensa un panorama fantastico: una distesa di tetti rossi, torri e, tutt’intorno, i mitici colli. Peccato per gli studenti che, di tutto questo, non possono godere: proprio come nel caso della Mole Antonelliana di Torino, anche la Torre degli Asinelli è off-limits per chi non si è ancora laureato. Meglio non giocare con la superstizione!
Per il momento, da Bologna è tutto.
Anzi, ancora una cosa: dopo tanto tempo, è qui che ho risentito di nuovo quel rumore. Quello dei trolley trascinati in strada. Ruvido e fastidioso – le ruotine che sobbalzano sui sanpietrini, che si inceppano in una crepa e vengono bruscamente strattonate via – a me è particolarmente caro perchè da sempre lo associo all’estate, alla spensieratezza e, soprattutto, al movimento.
Sarà ancora un’estate italiana, e va benissimo così.
Su questo blog, ci rivediamo a settembre.