“Stasera c’è un borino”. Esordisce così la cameriera del Caffè. Forse è per questo che la gente in piazza corre: il passo spedito, nessuno sembra perdere tempo. Nonostante il vento però, il mio Capo in B si regge saldo al tavolino e la fetta di Sacher pure (e chi la smuove, quella).
Il ‘Caffè’, con la C maiuscola, è il Caffè degli Specchi e la ‘piazza’ è piazza Unità d’Italia.
La città, naturalmente, è Trieste.
Italiana ma dai tratti ancora inconfondibilmente asburgici, Trieste ha uno spirito unico che la rende uno dei capoluoghi più affascinanti del nostro Paese. Il suo essere terra di confine l’ha svincolata da canoni e regole; nei secoli attirò infatti artisti e intellettuali e divenne l’ambiente ideale per la nascita di movimenti alternativi, sovversivi o d’avanguardia. E dove scambiarsi nuove idee se non al tavolino di un caffè? Perché a Trieste, come a Napoli, il caffè è una religione e, come a Torino, i luoghi in cui lo si sorseggia pure.
Questi locali – saloni d’altri tempi arredati con gusto mitteleuropeo, boiserie in legno e soffitti liberty – hanno segnato l’evoluzione della città e, dunque, non c’è modo migliore di scoprirla se non attraverso di essi. Non il solito pub crawl dunque ma, piuttosto, una passeggiata nella storia.
Caffè degli Specchi
Piazza Unità d’Italia 7
Il nostro itinerario comincia nel salotto buono della città. Piazza Unità d’Italia è la più grande piazza vista mare d’Europa ed è una vera bellezza, soprattutto un attimo prima che diventi buio, quando le luci si accendono e il cielo conserva ancora un po’ di blu. Dopo aver ammirato il panorama sull’Adriatico, prova a voltarti lasciandotelo alle spalle: con gli enormi palazzi – Municipio, Regione e Prefettura – che strizzano l’occhio ai fasti imperiali, ti sembrerà di essere in un angolo di Vienna.
Sediamoci al Caffè degli Specchi. Inaugurato a inizio ‘800, prende il nome dai numerosi specchi che adornavano gli interni, posizionati strategicamente per sfruttare la luce naturale il più a lungo possibile: i lumi ad olio erano pur sempre una spesa. Dei vari specchi originali, sui quali, come da tradizione, era uso incidere gli avvenimenti più salienti dell’epoca, ne restano solo tre; gli altri sono stati depredati o andati distrutti. Il Caffè degli Specchi fu infatti non soltanto ritrovo degli irredentisti ma anche quartier generale della marina britannica durante il secondo dopoguerra. Fino all’annessione di Trieste, l’ingresso agli italiani era consentito solo in compagnia di militari inglesi!
Caffè Tommaseo
Piazza Nicolò Tommaseo 4
E’ intorno a Piazza Unità d’Italia che si sviluppa il Borgo Teresiano, quartiere signorile ed elegante, voluto da Maria Teresa, prima imperatrice d’Austria e madre di Maria Antonietta. Rione antico e carico di storia, è però un esempio di urbanistica moderna, grazie all’ordinato sistema di vie ortogonali che lo attraversa. Prima di fare tappa al prossimo Caffè, però, andiamo verso il mare per una passeggiata sul Molo Audace, il più amato di Trieste. Dominato da una grossa rosa dei venti in bronzo che ricorda l’arrivo dell’Audace, il primo cacciatorpediniere italiano a raggiungere la città nel 1918, il Molo è altamente suggestivo al tramonto (ma secondo me anche quando il cielo è cupo e il mare burrascoso).
Altri 5 minuti a piedi ed ecco il Tommaseo, il locale più antico della città e il primo a introdurre il gelato a Trieste. Ma perché questo forte legame con il caffè? E’ presto detto: quando ancora era parte dell’impero asburgico, Trieste era un porto franco; per questo le prime navi provenienti dall’estero e cariche dei preziosi chicchi attraccarono qui. Tra torrefazioni, attività di import-export ed esercizi per la vendita e il consumo in loco, il settore si affermò velocemente e prosperò nel corso dei secoli. Oggi si calcola che i Caffè a Trieste siano circa uno ogni 300 abitanti, contro la media nazionale di 400.
Antico Caffè Torinese
Corso Italia 2
Poche centinaia di metri separano il Tommaseo dall’Antico Caffè Torinese, adiacente alla bella Piazza della Borsa, secondo salotto del capoluogo friulano. Arredato in stile liberty – bancone e lampadario super scenografici – questo locale racconta le atmosfere del passato pur adeguatosi al presente: oltre al caffè, acquistabile anche in miscele da preparare a casa, c’è grande attenzione a vini e cocktail.
Ma a torniamo al fulcro del nostro itinerario: devi sapere che ordinare un espresso a Trieste è tutto un programma, nel senso che c’è un vero e proprio glossario da padroneggiare. Una delle comande più comuni, ad esempio, è il Capo in B (che ho preso anch’io al Caffè degli Specchi: lo vedi nel bicchierino di sinistra nella foto di copertina). Letteralmente, Capo in B sta per cappuccino in bicchiere. Però, il ‘B’ è un bicchiere ben preciso: è quello a coste che si usava in trattoria per l’ottavo di vino, l’unico che, una volta, aveva un vetro sufficientemente robusto da contenere una bevanda calda. Oggi i bar si servono di bicchieri più moderni, ma sappi che l’originale è questo. Il Capo invece, non è proprio un cappuccino. Lo si intuisce dalle dimensioni e dalla composizione: piccolino, la schiuma molto abbondante. E allora il classico cappuccino in tazza? Quello che il resto d’Italia (e del Friuli!) chiama cappuccino a Trieste si chiama caffelatte (!). Lo so, un bel casino. E le cose si complicano, tanto che non sto io a spiegartele ma lascio la parola a Massimo Cirri, giornalista:
“Il caffè, a Trieste, dopo tanto intreccio con la città, ha generato una lingua propria e difficile: c’è il Nero, caffè espresso in tazzina; il Nero in B, caffè espresso identico all’altro ma servito in un bicchiere di vetro; […] il Deca, caffè espresso decaffeinato in tazzina ed il Deca in B, omologo in bicchiere. Il Gocia indica la variante di una goccia di schiuma di latte al centro del caffè e, intuitivamente, la si può applicare solo al Nero, al Nero in B ed ai due Deca. Il Capo in B Tanta dovrebbe allora indicare tanta schiuma nel latte che macchia il caffè. Ma non ne sono più così sicuro.”
Un dubbio rimane: ma il caffelatte tradizionale, come si chiamerà?
Caffè Stella Polare,
Via Dante Alighieri 14
Anche Trieste ha il suo Canal Grande. Niente di paragonabile a quello veneziano ma comunque molto pittoresco, è una via navigabile che, in altri tempi, permetteva di recapitare le merci dal mare direttamente in città. Su uno dei ponti che lo attraversano, il Ponte Rosso, vedrai una statua. Cappello, occhialini, baffo: è la sagoma inconfondibile di James Joyce che, qui a Trieste, visse per oltre un decennio.
L’irlandese non è il solo scrittore ad aver subito il fascino della città: ricca e multiculturale, Trieste stimolava l’immaginazione degli artisti e pare fossero parecchi i romanzi, o per lo meno le idee che li ispirarono, ad essere stati concepiti davanti a una tazzina. Oltre a Joyce, sono legati a Trieste anche Umberto Saba, Gabriele D’Annunzio, Claudio Magris e Italo Svevo che, di Joyce, oltre che amico, fu anche allievo (d’inglese) e probabile ‘musa’ ispiratrice: le sue origini ebraiche potrebbero infatti aver plasmato il Leopold Bloom dell’Ulisse d’oltremanica.
Il Caffè Stella Polare, situato nei pressi del Canal Grande, ha visto Joyce sedersi a scrivere ed editare il suo “Ritratto dell’artista da giovane”; anni dopo è stato convertito in sala da ballo e, oggi, pur conservando la sua cornice storica, è un locale da aperitivo.
Antico Caffè San Marco,
Via Cesare Battisti 18
Lasciamo ora il centro e spostiamoci nel rione di Barriera Nuova, laddove cominciava la strada che, a fine 700, portava a Vienna. Qui troverai l’Antico Caffè San Marco, il mio preferito. Del San Marco mi piace innanzitutto la sua storia sovversiva: ritrovo di studenti e intellettuali sin dai primi del ‘900, questo Caffè è noto alla cronaca per essere stato, durante la prima guerra mondiale, un laboratorio di produzione di passaporti falsi per consentire l’ingresso in Italia di patrioti antiaustriaci. Distrutto dalle truppe asburgiche, il San Marco restò chiuso a lungo, per poi riaprire negli anni ‘50. Completamente restaurato, oggi è un locale tutto mogano e specchi, con stucchi in oro decorati a foglie e bacche di caffè.
La vera chicca però è il suo piccolo ma fornito bookshop, dove troverai una sezione dedicata esclusivamente a Trieste e agli autori che l’hanno omaggiata. Dopo aver scelto la tua lettura, siediti al tavolo con una bella fetta di torta: magari il rigojanci, un dolce al cucchiaio ungherese e triestino composto da due strati pan di spagna al cioccolato, uniti da una densa crema a base di panna, zucchero e (ancora!) cioccolato.
Caffè Pasticceria Pirona
Largo della Barriera Vecchia 12
Un’ultima tappa golosa e poi via di dieta! Perché in questo localino liberty, è impossibile dire di no a un dolce: un bignè alla crema oppure un presnitz, lo strudel triestino ripieno di fichi, pinoli, uvetta, cioccolata, noci, cannella e altre cosine buone! Tappa fissa della borghesia locale, tra i suoi avventori figurava di certo anche il già citato Joyce che abitava nella stessa strada, appena 20 numeri più su.
Dal Pirona puoi raggiungere agilmente la Città Vecia, ossia la Trieste antica, formata dai quartieri di Cavana, San Giusto e dell’antico ghetto ebraico. In particolare, non perderti la Cattedrale di San Giusto: si trova sull’omonimo colle, accanto ai resti – pensa un po’ – di un anfiteatro romano. Dopo aver visitato gli interni della chiesa e il bellissimo mosaico viola che adorna la cupola dell’altare, sali in cima al campanile: troverai ad attenderti cinque enormi campane di bronzo e una vista speciale sulla città.
Chiudi l’anello tornando a Piazza Unità d’Italia; il nostro piccolo tour è giunto al termine!