Cartoline da un weekend a Bologna

weekend a bologna
La Basilica di San Petronio, Bologna
La Dotta, la Grassa, la Rossa, la Turrita. Chiamala come vuoi, ma un weekend basta per innamorartene

La Dotta, la Grassa, la Rossa. Qualcuno vi aggiunge anche “la Turrita”. Bologna è tutte queste cose e anche di più. E’ le persiane verdi, le sfogline, un bicchiere di rosso sincero, i portici e le biciclette – bighe in dialetto. E’ i soccia e i sorbole, gli studenti, le chiacchiere e le corse sotto i portici.

E’ una città che sembra un paese, o un paese che sembra una città.
E per riempirtene irrimediabilmente il cuore ti basterà un weekend.

Giorno Uno

Mercato delle Erbe e Colazione da Gamberini
Mettiamo che ci arrivi in treno, a Bologna. Per raggiungere il cuore della città, non servono taxi: incamminati lungo via Indipendenza, larga e piena di negozi. Quando alla tua sinistra vedrai svettare alta e snella la Torre degli Asinelli, avrai tre opzioni: tira dritto per Piazza Maggiore, svolta in via Rizzoli per raggiungere la torre, oppure, se come me non hai fatto colazione, gira a destra e prendi via Ugo Bassi. Poche centinaia di metri e ti troverai nel dehors della Pasticceria Gamberini – una delle migliori di Bologna – seduto davanti a un cappuccino e un cornetto al pistacchio.

Già che sei in via Bassi, fai un salto al vicino Mercato delle Erbe, non tanto per fare compere ma perché… c’è luogo migliore di un mercato per familiarizzare col delizioso accento bolognese? Qui da inizio ‘900, il Mercato delle Erbe è, oltre che per le orecchie, anche una gioia per occhi e palato: l’isola centrale ospita le tipiche treccole, le bancarelle di generi alimentari, mentre nelle aree laterali trovano posto svariati localini aperti fino a tarda sera.

Piazza Maggiore
Dirigiti ora verso Piazza Maggiore (che no, non è la Piazza Grande cantata da Lucio Dalla, diciamolo subito). Prima di dedicarti agli edifici che la circondano, presta attenzione alla pavimentazione. Forse non te ne sei accorto ma, probabilmente, in questo momento ti trovi sul Crescentone, la piattaforma rialzata (alta più o meno come un gradino) di granito bianco e rosa che ricopre la piazza. Si chiama così perché, dall’alto, ricorda la forma della crescente, una focaccia locale piena di ciccioli e pezzettini di pancetta. Luogo di chiacchiera e di incontro, di gioco e di cinema all’aperto, guai ad attraversarlo in diagonale, se non ti sei ancora laureato: proprio come la salita alla Torre degli Asinelli, l’attraversamento selvaggio del Crescentone è off-limits per chi non ha ancora ottenuto la licenza dell’Alma Mater.

Ora, guardati intorno: sul perimetro di Piazza Maggiore, si affaccia la Bologna medievale. C’è il Palazzo d’Accursio, ossia il palazzo comunale, con la Torre dell’Orologio e, poco più giù, la Fontana del Nettuno che, protagonista del più irriverente dei Sette Segreti, va osservata dalla giusta prospettiva. C’è il Palazzo del Podestà con la Torre dell’Arengo, il campanile civico noto come campanazzo: il 25 aprile del 1945, mentre i carroarmati americani salivano sul Crescentone rovinandone un po’ il bordo, suonò per annunciare la fine della guerra. C’è la facciata signorile di Palazzo dei Banchi, che cela alla vista il Quadrilatero, brulicante intrico di vicoli oggi come un tempo. E poi c’è la Basilica di San Petronio, senza dubbio il mio edificio preferito.

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Mi piacciono le cose che, imperfette, raggiungono la perfezione. Proprio questo è il caso di San Petronio, la cui facciata – se ne accorge anche il turista meno attento! – è incompiuta. Ultima opera gotica realizzata in Italia, nonché quinta chiesa più grande al mondo, la basilica non venne mai ultimata ma quello che sembrava un difetto, nel corso dei secoli è divenuto il suo tratto distintivo: è bellissima così. Al suo interno, non perdere la Cappella Bolognini: tra i tanti affreschi che la decorano, a catalizzare lo sguardo è un gigantesco demonio blu che divora i peccatori. Niente di nuovo, non fosse che, tra di essi figura Maometto:  sebbene l’artista, Giovanni da Modena, si fosse ispirato a Dante – che inserì il profeta nell’ottavo girone dell’Inferno tra i seminatori di discordie – oggi questa immagine risulta molto scomoda. Proprio a causa di tale rappresentazione, altamente offensiva per la religione islamica, la basilica di San Petronio viene tenuta costantemente sotto osservazione.

Il Quadrilatero
Lasciata la Basilica, ci dirigiamo ora nel Quadrilatero, un reticolo di stradine, vicoli e porticati delimitato da quattro vie: Rizzoli, Archiginnasio, Farini e Castiglione. Un tempo conosciuto come Mercato di Mezzo, era l’area adibita al commercio, dove avevano sede i mercati alimentari e le corporazioni artigiane a cui i nomi delle strade fanno ancora riferimento: Orefici, Calzolerie, Pescherie, Drapperie. Oggi il Quadrilatero conserva il suo carattere popolare e la sua anima enogastronomica: Bologna la Grassa, vive ancora qui. Nel 2021 come nel 1400 (!) si prende posto intorno a tavoli di legno e si socializza; accanto a moderni locali da aperitivo o street food, si trovano trattorie vecchio stile, tante delle quali hanno mantenuto le antiche insegne; l’Osteria del Sole in Via de’ Ranocchi, ad esempio, pare essere la più antica della città. Frequentato in egual misura da giovani e meno giovani, turisti e gente del posto, nel Quadrilatero si fa anche la spesa. Basta voltare l’angolo e ci si imbatte in colorati negozi di frutta e verdura con i prodotti esposti all’esterno, forni e pastifici storici e pescherie succulente, che qualcuno ancora chiama buche, dall’usanza dei vecchi bottegai di tenervi al fresco la merce.

Tra un boccone e l’altro, se sei in zona Quadrilatero non trascurare due edifici:
# la Chiesa di Santa Maria della Vita, che ospita invece il “Compianto del Cristo morto” un gruppo scultoreo di rara potenza, in cui l’artista, Niccolò dell’Arca, riesce nel difficile intento di pietrificare un urlo. Da vedere assolutamente;
# il Palazzo della Mercanzia, ieri sede del foro dei mercanti e oggi della Camera di Commercio, custodisce, regolarmente depositati, alcuni documenti di inestimabile valore per la città: la ricetta e la misura della vera tagliatella, la ricetta del ripieno dei tortellini (da sempre oggetto di discussione) e persino del ragù.

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Santo Stefano e le Sette Chiese
Proprio da Piazza della Mercanzia comincia Via Santo Stefano, che sfocia in una piazza triangolare (per me bellissima!), sulla quale si affaccia il complesso delle Sette Chiese (esattamente laddove in passato sorgeva un tempio pagano dedicato a Iside). Secondo il disegno concepito dal Vescovo Petronio dopo un viaggio in Terra Santa, il gruppo architettonico doveva ricreare i luoghi sacri del Santo Sepolcro, in modo da consentire ai fedeli di pregare sulla tomba di Cristo senza il bisogno di recarsi a Gerusalemme.

Ampliato, distrutto, ricostruito e saccheggiato innumerevoli volte nel corso dei secoli, degli edifici inclusi nel piano originario, ne restano quattro: la Basilica di Santo Stefano e le tre chiese del Crocifisso, del Sepolcro e dei Santi Vitale e Agricola. A questi, si vanno ad aggiungere un chiostro benedettino, il cortile di Pilato con al centro una copia dell’enorme catino in pietra in cui il prefetto si lavò le mani e, infine, la Cappella della Benda così chiamata perché, prima di andare perduta, custodì a lungo la garza di tela utilizzata dalla Madonna durante l’agonia del Signore. Molto suggestivo, è decisamente una delle destinazioni da non perdere in quel di Bologna.

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Strada Maggiore e Corte Isolani
Continua lungo Via Santo Stefano fino a che non incrocerai via Guerrazzi, alla tua sinistra: prendila, dai un’occhiata alla bella Piazza Aldovrandi e poi dirigiti nuovamente in centro, scendendo lungo Strada Maggiore. Antichissima, quest’arteria conserva l’appellativo di ‘strada’ probabilmente perché fu tra le prime ad essere lastricate. Era la via che portava a Roma, congiungendosi con la via Emilia e poi con la Flaminia e, per questo, possiamo ipotizzare che abbia visto transitare un gran numero di fedeli in pellegrinaggio, nonché papi e re. Ai lati della sua ampia carreggiata, sorgono i principali edifici cittadini, religiosi e non, uno su tutti la bella basilica di Santa Maria dei Servi, con il portico più largo di Bologna. In dicembre, è qui che si tiene la Fiera di Santa Lucia.

Strada Maggiore rivela tanti dettagli del passato di Bologna e va percorsa senza fretta. Cerca ad esempio l’antico basamento in pietra di Torre degli Oseletti e fai caso ai tanti scampoli di Medioevo che punteggiano la via, come il porticato di Casa Isolani che, con le sue altissime colonne di quercia, funge da ingresso alla rinomata Corte Isolani, una via corta corta ma ricca di gallerie d’arte, negozi e ristoranti di lusso.

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La Torre degli Asinelli e la Garisenda
Strada Maggiore ti conduce all’ombra delle Torri, in piazza di Porta Ravegnana. E’ giunto il momento di affrontare quei 498 scalini e salire sulla Torre degli Asinelli! In punta ai suoi 97 metri, incontrerai Bologna la Rossa, dal colore dei suoi tetti. Io però, da quassù ho apprezzato soprattutto i colli, una corona verde e morbida che circonda la città. Se guardi bene, noterai che uno di essi è sormontato da una basilica: lì ci andremo domani – e a piedi – ma per ora non spaventarti, facci solo caso (!). Sebbene non tutti riescano a vedere il mare, come si dice accada durante le giornate più limpide, di certo non può sfuggire l’impressionante numero di torri che punteggiano la città. Edificate tra il XII e il XIII secolo per scopi militari o per puro prestigio sociale, oggi ne restano appena una ventina ma un tempo erano circa 200: prova a immaginare come doveva essere il profilo della Bologna medievale!

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E la Garisenda? Più modesta rispetto agli Asinelli (non arriva a 50 metri), su di essa non è possibile salire ma va comunque ricordata per i suo primato: con un’inclinazione di 4°, è la torre più pendente d’Italia (più di quella di Pisa, sì!).

Giorno Due

Via d’Azeglio, Piazza Celestini e Piazza Galvani
Buongiorno! Oggi, come promesso, si scarpinerà un po’. Ma prima, colazione. Da Piazza Maggiore scendiamo lungo l’elegante via D’Azeglio: canticchia mentalmente Futura di Lucio Dalla, il cui testo scorre luminoso tra i palazzi sopra la tua testa (proprio come Volare a Polignano!) e, quando incroci Piazzetta dei Celestini, cerca un balconcino: vedrai un’ombra che suona il sax. Indovina di chi si tratta? Entra poi in una piccola corte color albicocca, Corte Galluzzi, arriverai in Piazza Galvani: non ti resta che sederti da Zanarini, il salotto buono della città, per fare colazione.

Via Saragozza e i portici di San Luca
Da qui, raggiungi Via Saragozza e percorrila tutta; è una delle arterie più lunghe di Bologna, un’infilata di case addossate le une alle altre, alcune signorili e altre più semplici, ma tutte coloratissime.

Giunto a Porta Saragozza, dove un tempo sorgeva la terza cerchia muraria della città, comincia l’esperienza secondo me più bella e caratteristica che puoi fare a Bologna: salire la strada porticata che conduce al Santuario della Madonna di San Luca. Non è cosa da poco, dato che i portici di San Luca, con i loro quasi 4 km, sono i più lunghi del mondo! Certo serve un po’ di fiato, ma vedrai che sarà poco più che una passeggiata. E poi, una volta a destinazione, vuoi mettere la bellezza del panorama che ti sei conquistato?

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L’Università, ieri e oggi
Ritorna ora in Piazza Goldoni e imbocca via dell’Archiginnasio. Entra nell’omonimo palazzo: non limitarti a dare un’occhiata da fuori, il cortile – stupendo! – è accessibile a tutti. Logge e decori, stemmi e iscrizioni che celebrano docenti e allievi passati: sei nella prima sede dell’università, che è rimasta tale fino al 1838, quando è poi divenuta biblioteca, funzione che riveste tutt’ora.

E oggi, dove si trova l’Alma Mater? Ci andiamo subito: dall’archiginnasio, raggiungi la Torre degli Asinelli, prendi via Zamboni e infilati sotto i portici che conducono all’università, che troverai al n° 33. Via Marsala, Via Mascarella, Via Belle Arti e la vivace Piazza Verdi sono le strade da percorrere per chi desidera immergersi nel cuore del quartiere dell’ateneo più antico d’Italia, fondato nel 1088.

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I canali di Bologna
La Bologna medievale era una città d’acqua: i canali che la solcavano, alcuni dei quali navigabili, servivano principalmente per alimentare i mulini. Con i secoli caddero però in disuso, tanto che nella prima metà del novecento vennero quasi tutti interrati. Tutti tranne un paio. Se sei in zona università, Via Piella non è lontana: sul muro rosso al numero 16, spingi lo sportello che protegge una piccola apertura. Aprirai una finestra su una Bologna dimenticata, che riscopre la sua natura di borgo (foto di copertina). In mezzo a case color pesca e altre tinta senape, scorre allegro il Canale delle Moline, affluente del Canale di Reno, uno dei più grandi della città. Quello della finestrella, sebbene sia il più suggestivo, non è però l’unico scorcio di questo tipo; ne puoi trovare anche in via Malcontenti e via Oberdan.

Il ghetto ebraico
Imbocca ora una traversa di Via Oberdan e raggiungi una via dal nome piuttosto inquietante: Via dell’Inferno. E’ l’arteria principale del ghetto ebraico di Bologna, dove nel 1500, per volere pontificio, vennero segregati gli ebrei prima di essere definitivamente espulsi dalla città per un paio di secoli. Sebbene coloratissimo, ha un che di angusto: finestre piccole e vicoli stretti, oltre a numerosi ballatoi e passaggi coperti. Uno dei due archi in pietra che delimitavano l’ingresso al ghetto è ancora visibile in via Zamboni.

sette segreti di Bologna

Souvenir da Atti & Figli
Ormai è quasi ora di prendere il treno di ritorno. Però c’è ancora il tempo per un ultimo sguardo alle Torri e, soprattutto, per acquistare qualche gustoso souvenir. Visto che il Ghetto è proprio a ridosso del Quadrilatero, rituffati nel più vivace quartiere di Bologna e cerca un pastificio, ma di quelli storici: Tamburini ad esempio, oppure Paolo Atti & Figli, che ho scelto io. Le sue vetrine sono super invitanti e non avrai che l’imbarazzo della scelta: io ho optato per mezzo chilo di tortellini – perfetti ‘ombelichi di Venere’ a base di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, parmigiano reggiano, uova e noce moscata – , il dado Camoscio per farli in brodo, e una torta di riso, specialità culinaria locale che non conoscevo e di cui sono diventata fan. Proverò a prepararla a casa: uova, zucchero, spezie, liquore di mandorle amare, latte e riso – è ottima!

Non ti resta ora che incamminarti verso la stazione: se arrivi con molto anticipo, fermati su una panchina della Montagnola, una grande area verde in centro città, adiacente alla ferrovia.

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Ciao Bologna, alla prossima!

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