Hai presente il film Chocolat? Cerca di evocarne le atmosfere: un villaggio, Lansquenet-sous-Tannes, in cui il tempo sembra essersi fermato. Il vento, non un mero fenomeno atmosferico ma un personaggio a tutti gli effetti, capace di condizionare la vita delle persone, di scompigliare le carte. E poi un fiume, che un giorno vede l’arrivo di una chiatta piena di luci e di musica. Le chitarre le suonano i gitani, popoli nomadi, immorali. Vittime dell’emarginazione sociale fondamentalmente perché diversi e, si sa, del diverso si ha sempre paura. Finchè, complice il cioccolato…
Chocolat è stato girato in Borgogna, ma tutto rimanda alla Camargue, regione umida e inospitale a sud di Arles, coincidente pressappoco con il delta del Rodano. Qui approdò Sara la Nera che, degli zingari di tutto il mondo, è la santa patrona. Qui soffia capriccioso il mistral, a portare via il cappello di un buttero o a sostenere il volo rosa di un fenicottero. Sacro e profano, uomo e natura, superstizione e verità si mescolano – come una delle dolci creme di Vianne – in questo angolo di Francia, terra autentica, indomita, bellissima.
Sono tante le avventure da vivere in Camargue, compresa una gita in battello con musica tzigana in sottofondo. Roux – ahimè! – non ci sarà, ma in compenso potrai…
Cavalcare sulla spiaggia
Cosa c’è di più poetico di una criniera bianca che ondeggia in riva al mare? Estremamente suggestiva, la balade – poche ore o un’intera giornata – è una delle attività più amate. I cavalli camargue sono una razza molto antica che, nel tempo, ha sviluppato caratteristiche proprie per adattarsi al particolare ecosistema locale: zoccoli larghi per muoversi agilmente su terreni acquitrinosi, un manto biancastro che permette di sopportare meglio il sole e attirare di meno gli insetti, una testa grande e squadrata per proteggere il corpo dal maestrale.
E’ un’attività perfetta per chi ricerca il contatto con la natura, ma attenzione: il successo del turismo equestre ha visto nascere numerose pseudo scuderie, esercizi stagionali che, talvolta, dimostrano poca cura nei confronti dei cavalli e nella scelta delle guide (cosa importantissima, dato che nella maggior parte dei casi chi cavalca è un principiante). Prima di prenotare un centro ippico, informati dunque per bene: ne va della tua sicurezza e del benessere dell’animale. Qui sotto, il mio Câlin, termine che in francese significa ‘abbraccio’.
Restare abbagliato dai colori delle saline
Quello a cui danno vita le saline è un paesaggio da cartoon: fiumi rosa, torrenti albicocca, laghetti tinta confetto, altri color glicine. In lontananza, montagne bianche e luccicanti – di zucchero, ti verrebbe da dire in questo contesto – ma, naturalmente, si tratta di cumuli di sale. Pilastro dell’economia locale, la produzione del sale è un’attività antichissima; qui in Camargue, si trovano le saline più grandi d’Europa. Puoi visitarne due: le Salins du Midi, vicino al borgo di Aigues Mortes, a pagamento, e quelle di Giraud, situate all’estremo sud del Parco Naturale Regionale e accessibili gratuitamente. Osserva le loro sfumature dall’imperdibile belvedere e, se lo desideri, passeggia al loro interno, seguendo apposite passerelle in legno.
Piccola nota per gli amanti del food: in tantissimi negozi vedrai barattoli di fleur de sel. Si tratta di una particolare varietà di sale, grossi cristalli simili a paillettes che il vento fa affiorare a pelo d’acqua. Umido, dal gusto più delicato rispetto al normale sale da cucina, il fior di sale è perfetto per esaltare i piatti a crudo o a fine cottura; è ad esempio il tocco dello chef su una bistecca grigliata. Occhio al prezzo però: con un periodo di raccolta molto breve (circa due mesi l’anno), il fior di sale è molto pregiato e raggiunge anche i 20 euro al chilo.
Guardare da vicino i fenicotteri rosa
Il capo immerso nello stagno alla ricerca di alghe e insetti, le gambe piegate in angolature bizzarre, i fenicotteri sembrano camminare sull’acqua. Il meglio di sè lo danno però in cielo: uno dei momenti più emozionanti del nostro viaggio è stato quando uno stormo di una ventina di esemplari è passato in volo sulla nostra testa, le ali che rivelano le sfumature più belle una volta aperte.
Stretti in enormi colonie, i fenicotteri affollano ogni specchio d’acqua del Parc Naturel Régional de Camargue. Li puoi trovare veramente ovunque ma, se dovessi suggerirti due posti precisi, ti direi l’Etang de Vaccares per la bellezza del paesaggio, e il Parco Ornitologico di Pont de Gau, una piccola oasi che ti permetterà di vedere diversi esemplari a distanza davvero ravvicinata.
Oltre ai fenicotteri che, nonostante la loro natura migratoria si possono osservare tutto l’anno (con una maggiore concentrazione in estate), all’interno del parco, sono presenti tantissimi altri volatili: la Camargue è infatti una sorta di ‘scalo’ obbligato sulle rotte migratorie Europa-Africa. Un occhio inesperto come il mio ha riconosciuto aironi, ibis, cigni e una cicogna (la seconda quest’anno, e pensare che prima d’ora non ne avevo mai viste!), ma ti assicuro che gli appassionati di birdwatching hanno di che perderci la testa!
Assistere a una course camarguaise
Dopo cavalli e fenicotteri, l’altro animale simbolo della regione è il toro. Di certo ti capiterà di vedere diverse manade (allevamenti) allo stato brado: nero, di taglia più piccola rispetto ad altre razze bovine, il toro in questione ha corna impressionanti che tendono a svilupparsi verso l’alto invece che verso l’esterno. Mai utilizzato a scopi lavorativi – impossibile da addomesticare – questo animale viene allevato soprattutto per fini ludici, in particolare per la course camarguaise, spettacolo di tauromachia non violento.
Durante la course, i raseteurs (ossia i toreri) devono cercare di conquistare le coccarde poste sulle sue corna del toro; li aiutano nell’impresa i tourneurs, giovani che hanno l’arduo compito di distrarre il manzo. Caratterizzate da un buon mix di tradizione e adrenalina – oltre che da nessuno spargimento di sangue – queste particolari corride animano le sere d’estate non solo della Camargue ma anche delle zone limitrofe; sono celebri ad esempio gli spettacoli nelle arene di Arles.
Varcare le mura di Aigues Mortes
Relativamente al borgo di Aigues Mortes – nome già di per sè emblematico – avevo letto un articolo che lo paragonava a una cattedrale in mezzo al deserto. Ebbene, l’effetto è esattamente quello. E’ strano vedere una costruzione così massiccia, così pesante, dopo una giornata trascorsa a osservare terreni molli, esili canne mosse dal vento e fenicotteri dalle gambe di vetro!
Circondato da spessi bastioni in piedi sin dal Medioevo, questo borgo (8.000 abitanti circa) dal suo perimetro fortificato non è mai uscito, ma di cose ne ha viste: dalla partenza del sovrano Luigi IX per le Crociate, alla prigionia di Marie Durand, eroina dall’incrollabile fede protestante, rinchiusa per 38 anni in una delle torri della cinta. Se da fuori appare tanto austero, una volta varcate le mura (come sto facendo qui sotto!), Aigues Mortes si rivela un delizioso paesino provenzale, ricco di negozi e brasserie. Da non perdere un giro di ronda sulle mura, con vista panoramica su saline e paludi che si estendono a perdita d’occhio.
Scoprire il significato della Croce della Camargue
Mi ha attratta subito per il suo aspetto particolare: è una croce che termina con un’ancora sovrastata da un cuore. Tu che leggi la puoi vedere qui, mentre in Camargue la troverai un po’ ovunque: sui tetti delle vecchie case dei mandriani, sulla facciata della chiesa di Saintes-Maries-de-la-Mer e riprodotta in ogni gadget.
Detta anche croix gardiane – la sua forma ricorda il tridente utilizzato dai butteri (gardian) a cui si affida la gestione delle mandrie – essa rappresenta le tre virtù teologali: la croce indica la fede, l’ancora incarna la speranza e il cuore la carità.
Assaggiare le celebri ostriche della Camargue
Alle golose portate della tradizione provenzale, la Camargue aggiunge un piatto d’eccezione: le sue ostriche. Qualità molto carnosa, per me il modo migliore di gustarle è sempre al naturale con qualche goccia di limone, sebbene la vinaigrette allo scalogno venga sempre servita come accompagnamento.
Le acque della Camargue offrono comunque un ampio assortimento di coquillage: scampi, cannolicchi, gamberi, telline e ottime lumache di mare, da gustare con la salsa aïoli, una sorta di maionese all’aglio.
Visitare Saintes-Maries-de-la-Mer, capitale gitana
Se conosci il francese, questo nome ti sembrerà insolito: Maries… al plurale? Ma quante sono? Le Sante Marie, infatti, sono due. C’è poi anche una terza persona, ma ci arriverò a tempo debito. Intanto, il borgo: Saintes-Maries-de-la-Mer è la capitale della Camargue, ma non aspettarti una grande città! Circa 2500 abitanti, casette bianche, un lungomare costantemente sferzato dal vento e una chiesa romanica che una volta era una torre d’avvistamento: come una fortezza, è dotata di merli e feritoie. Intitolata alle Sante Marie, veniamo a loro. Narra la leggenda che Marie Salomé e Marie Jacobé, costrette a fuggire dalla Giudea su una barca senza timone, approdarono qui, alla foce del Rodano, dove poi diffusero il cristianesimo. In chiesa trovi le loro reliquie e, circondata da ex-voto, la statua che le ritrae. Su di una barca, naturalmente.
Rendere omaggio a Sara la Nera
Avevo menzionato un terzo personaggio: è questo il più interessante di tutti. Si tratta di Sara la Nera, Santa Patrona del mondo gitano. Chi fosse, nello specifico non si sa. Probabilmente di origine egiziana, Sara la Nera (o Sara-la-Kali) sbarcò in Camargue insieme alle due Marie; forse era la loro serva, forse una principessa, secondo alcuni persino una delle mogli ripudiate da Pilato. Mai ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa Cattolica, Santa Sara è però venerata da rom di tutto il mondo e occupa un posto d’onore nella chiesa di Saintes-Maries.
La sua effige è custodita nella cripta – che gli zingari chiamano con l’appellativo di ‘ventre della madre’ –, rivestita da una moltitudine di manti colorati e adorna di collane e gioielli, la pelle scurissima. Intorno a lei, decine di ceri accesi, bigliettini con preghiere e ringraziamenti, fotografie e dipinti, tra cui una piccola riproduzione del celebre “Carovana di zingari vicino ad Arles” di Van Gogh, oggi conservato al Musée d’Orsay di Parigi. Santa Sara è la protagonista della più importante festa gitana: il 24 e 25 maggio, accorrono infatti a Saintes-Maries nomadi di tutto il mondo. In questa occasione, la statua della santa viene portata in processione fino al mare dove, per liberarla dal peso delle lacrime e delle suppliche accolte durante l’anno, verrà immersa in acqua e purificata.
Riesco solo ad immaginare l’atmosfera festosa che si crea a Saintes-Maries in questo periodo e chissà che in futuro non abbia occasione di prendervi parte. Del resto, come già raccontavo qui, mio nonno paterno mi ha sempre chiamata così: zingara.