Hai camminato, riflettuto, chiacchierato, pensato almeno una volta che avresti potuto scegliere un’altra meta: che so, Cuba. Hai lanciato improperi, bucato vesciche, sorriso agli altri pellegrini. Hai seguito conchiglie e frecce gialle, incontrato persone, mucche e qualche gallina. Ma alla fine, eccola: Santiago de Compostela.
E ora?
Innanzitutto, siediti (in Praza do Obradoiro, ovviamente)
Il punto d’arrivo del Cammino è la celebre Praza do Obradoiro, l’enorme esplanade situata nel centro storico di Santiago proprio di fronte alla Cattedrale. Ti potrei elencare i vari edifici che si affacciano su di essa, la loro storia, i loro perché. Ma sai cosa? Non è così importante. Perché lo spettacolo più grande che offre questa piazza è… la gente. Pellegrini da tutto il mondo terminano qui la loro avventura: si abbracciano, respirano a fondo, si danno pacche sulle spalle, qualcuno ha gli occhi lucidi, tanti uno sguardo d’orgoglio. Saranno questi volti, questi momenti da film a plasmare il ricordo che più di altri si instaurerà nel tuo cuore.
Per cui, quando arrivi, siediti. Sì sì, proprio in terra, anche se non sta bene: siediti in mezzo alla piazza, guarda quella splendida manifestazione di umanità tutto intorno a te. Sai perché è così speciale? Perché non c’è un solo volto che, nonostante la stanchezza, non esprima felicità, serenità, pace. Poi chiudi gli occhi – sdraiati pure un attimo, lo zaino dietro la testa, come ho fatto io – e pensa alla tua piccola-grande impresa. Ce l’hai fatta e questo istante è tutto tuo: del film fai parte anche tu (le punte degli scarponi qui sotto sono le mie)!
Poi, deposita lo zaino
In Cattedrale puoi entrare solo con borse e sacche di piccole dimensioni; non certo con i voluminosi zaini del pellegrino. Ecco perché, dopo la meritata sosta nella Praza, prima di fare qualunque altra cosa è bene lasciare il proprio fardello in un deposito o nel luogo dove hai scelto di trascorrere la notte, che sia un dormitorio o un hotel cinque stelle.
Io ho alloggiato presso l’Hospederia di San Martín Pinario, situata a pochi metri dalla Cattedrale. Ex monastero benedettino – ha cessato di esserlo solo a metà del XIX secolo e, ad oggi, è ancora il più grande di Spagna dopo l’Escorial di Madrid – quello di Martín Pinario è un edificio barocco, parte integrante della storia della città: ospita infatti i pellegrini sin dal 1500. Oggi mantiene le linee spoglie e austere del luogo di culto che era: i corridoi lunghissimi, le mura possenti, le camere essenziali come cellette, i letti in ferro battuto. Da vedere i chiostri, piccole oasi di pace, e il grande refettorio, una sala monumentale che accoglie i commensali sotto una volta di mattoni.
Finalmente, entra in Cattedrale!
E’ arrivato il momento più atteso, l’ingresso nella casa del Señor Santiago. Lo scalone monumentale, la pietra mista al vetro, le alte torri laterali e la statua del Santo che capeggia proprio al centro della costruzione: la facciata barocca che dà su Praza do Obradoiro, quella occidentale, è semplicemente grandiosa e, oggi, dopo un lungo restauro conclusosi appena qualche anno fa, è ancor più bella. Sono onesta: mai e poi mai avrei intrapreso il Cammino sapendo di trovare questa meraviglia nascosta dai ponteggi.
Nel corso dei secoli, al loro ingresso in cattedrale, i pellegrini hanno sviluppato una serie di rituali, alcuni dei quali oggi interrotti causa Covid (e non solo). Era ad esempio consuetudine varcare il portone principale oltrepassando il Portico della Gloria. Ne hai mai sentito parlare? Se no, brevemente: si tratta di un porticato posto appena dietro la facciata della chiesa, soluzione pensata già secoli addietro per proteggerlo da umidità e intemperie. Realizzato durante il XII, è considerato un capolavoro del romanico ed è famoso per la quantità e la complessità di figure umane che mette in scena, decine di personaggi scolpiti in un’Apocalisse di granito.
Anch’esso oggetto di un importante restauro – circa un decennio di lavori – attualmente il Portico si mostra al pubblico come non succedeva da centinaia di anni, vale a dire con tutte le sorprendenti cromie che il tempo aveva sbiadito o ingrigito.
E’ forse per preservare questo suo nuovo aspetto che oggi è severamente vietato fotografarlo o toccarlo. Non solo: una volta di tutti, oggi il Portico lo si può ammirare solo dietro pagamento, tant’è che apposite transenne lo separano dal resto della cattedrale (che resta a ingresso libero). Contestualmente a queste nuove misure, sono andate perse alcune usanze pellegrine: quella di poggiare la mano nell’incavo sotto la statua di Santiago in segno di devozione; di inserirla nelle fauci di un mostro di pietra come prova di fiducia nel Santo e quella di dare tre leggere testate alla scultura di Mastro Mateo, costruttore dell’opera, per ottenerne la sapienza.
Insomma, passi il costo del biglietto, passino le tradizioni perdute. Ma che i pellegrini odierni non possano avere l’onore e la soddisfazione di entrare in cattedrale dalla porta principale come hanno fatto per secoli i loro predecessori, è secondo me un gran peccato.
Dopo aver contemplato il portico, usciamo dunque obbligatoriamente all’aperto. Alla cattedrale si accede dall’ingresso laterale di Praza de Praterias o, in via straordinaria, da quello di Praza de la Quintana, dove si trova la Porta Santa, aperta solo durante gli anni giacobei. Compiere il pellegrinaggio in un anno santo – ossia, quello in cui la festa di san Giacomo (25 luglio) cade di domenica – ha un valore speciale: è un evento che si verifica circa 14 volte ogni secolo. L’ultimo giacobeo è caduto nel 2021, ma Papa Francesco lo ha eccezionalmente esteso al 2022 per via della pandemia.
Una volta in chiesa, non ti resta che andare da lui, Santiago. Ubicata sull’altare maggiore, avvolta in un mantello d’argento e circondata da angeli d’oro, la statua dell’Apostolo è (era) accessibile ai pellegrini grazie a una scaletta posta proprio dietro l’altare, salita la quale i fedeli avevano la possibilità di compiere uno dei rituali più amati del Cammino: l’abbraccio del Santo. Il covid però ci mette di nuovo del suo e, così, Santiago lo stringiamo solo con lo sguardo. Appena sotto l’altare, la cripta: in un’urna dorata, le sue spoglie mortali.
Assisti alla messa del pellegrino e, con un po’ di fortuna, al rito del botafumeiro
La messa del pellegrino si tiene due volte al giorno, alle 12 e alle 19.30, e dà il benvenuto ai fedeli. Due sono i momenti particolarmente toccanti: l’inizio, in cui l’officiante cita la nazionalità e il punto di partenza delle persone giunte a Santiago nelle ultime 24 ore, e il volo del botafumeiro, un gigantesco incensiere che, in uso sin dal Medioevo, serviva originariamente per purificare l’aria dai miasmi dei pellegrini.
Qualche numero: 53 kg di ottone e argento per 1 metro e mezzo di altezza, il botafumeiro pende dalla cupola centrale a 20 metri di altezza e, nel momento in cui viene fatto oscillare, descrive un arco di 60 metri, sfiorando i 70km l’ora. Per metterlo in funzione sono necessari 8 uomini, i cosiddetti tiraboleiros che, dopo averlo riempito d’incenso e carbone, cominciano ad azionare il sistema di corde e pulegge a cui è agganciato. Uno sbuffo profumato, un primo balzo e poi via: poco alla volta, il turibolo prende velocità, ondeggia sempre più veloce, sempre più in alto, quasi a toccare la volta del transetto. La navata si riempie intanto dell’aroma dell’incenso che in breve avvolge tutti i presenti: pesante ma incredibilmente aggraziato, quello del botafumeiro è un volo, una danza: un’esperienza che, sublimata dalle canne dell’organo e dalla voce d’angelo di una suorina, ricorderò per tutta la vita.
Attenzione però: assistere al rituale del botafumeiro non è più così scontato. Se negli anni passati la messa del venerdì delle 19.30 era una certezza, oggi il turibolo viene azionato solo in occasione delle festività principali (Natale, Pasqua etc.) o in caso vi siano gruppi paganti che ne facciano espressa e preventiva richiesta alla cattedrale (il costo è di circa 400 euro). Prima della messa, ai pellegrini naturalmente non è dato di sapere se il botafumeiro verrà attivato. Noi siamo stati davvero fortunati: l’abbiamo visto sia durante la messa serale il giorno del nostro arrivo sia il giorno successivo, alla funzione delle 12.
Ritira la Compostela
Oggi come un tempo, è solo dietro esibizione della credencial, il passaporto del pellegrino, che viene rilasciata la compostela, l’attestato che dichiara che, per pietatis causa, il fedele ha portato a termine il suo cammino. Se nel Medioevo ricevere la compostela significava ottenere il perdono dei peccati, oggi essa non è che un ricordo prezioso di questa avventura e la sua consegna resta comunque una grande, grandissima soddisfazione! Stampato su pergamena e decorato con i fregi della cattedrale e una miniatura dell’Apostolo, il documento è redatto interamente in latino, nome compreso (io sono diventata Christinam). La puoi ritirare presso l’Oficina del Peregrino, in Rua das Carretas 33, a pochi minuti a piedi dalla cattedrale. Ricorda però che per ottenerla è necessario dimostrare di aver percorso un minimo di 100 km a piedi (o 200 in bicicletta).
Fatti guidare dalla musica per le strade del centro storico
Esaurito il lato religioso, Santiago si colora di Spagna, di allegria in strada e di musica popolare. Esplora il centro storico della città, passeggia per i vicoli medievali alla ricerca di piazze, fontane, arcate medievali. E presta orecchio: nel sottopasso di Praza del Inmaculada ad esempio, quello che si immette in Praza do Obradoiro, probabilmente ti capiterà di sentire le note di una gaita, la tradizionale cornamusa galiziana suonata da un musicista di strada.
E non mancare di assistere alle tunas, spettacoli musicali gratuiti che animano le notti della città. Moderni menestrelli abbigliati in costume medievale, cantano i motivi più classici della tradizione spagnola e latino americana – Guantanamera, Cielito lindo, Que viva españa, tanto per citarne alcuni – scherzando con il pubblico presente e invitandolo a seguirli, perché suvvia, chi non conosce il ritornello di Cielito lindo? La cattedrale illuminata alle nostre spalle, le chitarre, le mascherine abbassate sul mento per cantare più forte: questo è il mio ricordo della tuna di Santiago.
Cerca il Peregrino Escondido in Plaza de la Quintana
Dopo la tua tuna – mi raccomando, se ti sei divertito lascia un’offerta! – fai un salto in Plaza de la Quintana. C’è qualcosa che puoi vedere solo dopo il tramonto, meglio ancora di notte, quando le ombre sono ben definite. Proprio sotto la Torre dell’Orologio, poco distante dalla Porta Santa, noterai la silhouette di un pellegrino, il cappuccio e il bastone ben visibili. Il pellegrino però non c’è: quella che vedi è solo la sua ombra, creata da uno strano gioco di luci. Hai appena incontrato il Peregrino Escondido, il viandante nascosto che, narra la leggenda, dopo averti accompagnato durante il Cammino, resterà con te nel viaggio della vita, guidandoti lungo la retta via nei bivi più difficili.
Compra un souvenir in azabache
L’azabache, in italiano giaietto o ambra nera, è una gemma organica (ricavata cioè da legno fossilizzato) a cui i galiziani attribuivano proprietà magiche, specialmente contro il malocchio. Nota già a fenici, egizi e celti, raggiunse particolare fama durante il Medioevo, quando la sua storia si legò a doppio filo con quella di Santiago e della Galizia in generale. Molti erano infatti i pellegrini che, seppur religiosi, credevano nel suo potere e che, una volta giunti a Santiago, si facevano forgiare un oggetto da conservare come talismano. Ancora oggi, una via della città porta il nome degli antichi orafi che la lavoravano: Rúa da Acibechería, appunto.
Attualmente l’azabache è, insieme all’argento, il protagonista indiscusso dell’artigianato e dell’arte orafa locale. Brillante e malleabile, questa gemma viene utilizzata per creare orecchini, bracciali o pendenti dalle forme più diverse, tra cui spiccano la croce di Santiago, la conchiglia e la higa, un pugno chiuso col pollice stretto fra indice e medio. Questa manina – che tra l’altro ho scoperto essere un talismano diffuso anche in Barbagia – pare proteggere da malocchio, gelosia e invidia altrui. Ne ho presa una piccina: di persone profondamente negative ne conosco almeno un paio.
Stimola il palato al Mercado de Abastos
Mercato storico della città, anima Rúa das Ameas da oltre tre secoli, tutti i giorni eccetto la domenica. Per gli amanti del food è un vero paradiso: verdure (ecco i famosi pimentos de padrón che hai gustato così tante volte lungo il cammino), formaggi tipici della Galizia (tra cui il famoso Queso de O Cebreiro con la sua forma bizzarra), ma anche pane, empanadas, dolci conventuali, carne e pesce. Proprio la mariscada è la regina di Santiago: dopo giorni di polpi e capesante, concediti qualcosa di diverso e, perché no, più ricercato! Lunghe navajas (cannolicchi), zamburiñas (simili alle capesante, ma più piccole), ostriche, berberechos (cardi di mare molto saporiti) e i percebes, tanto brutti quanto gustosi. Assaggiati a Lisbona la prima volta, ne ho preso un bel piattone anche qui!
Prosegui per la Costa da Morte e Cabo Fisterra
E dopo Santiago… si continua. Perchè il punto di arrivo del pellegrino è l’oceano. Il kilometro zero, l’ultimo mojón, non si trova come molti pensano in Praza do Obradoiro, bensì a Cabo Fisterra, sulle spiagge più estreme della Galizia. Lo puoi raggiungere a piedi (qualcuno lo fa: sono appena 90km da Santiago!), in pullman con un tour guidato, o in auto: noi abbiamo noleggiato una macchina e messo a punto un itinerario da compiere in giornata.
Da Santiago, punta verso l’Atlantico: la prima tappa potrebbe essere la cittadina di Noia. Da lì, risali lungo le rías, le tipiche insenature che caratterizzano la Costa da Morte. Così chiamata per via dei numerosi naufragi provocati dalla violenza delle onde, la costa galiziana è tuttavia molto piacevole da percorrere al volante, punteggiata di deliziosi paesini di pescatori (uno su tutti, Muros), spiagge lunghe e dorate e belvedere spettacolari. Certo, una giornata di sole è indispensabile!
Raggiungi ora il punto più occidentale di Spagna: Cabo Fisterra o Finisterre (dal latino finis terrae), dove un tempo si pensava finisse il mondo. Troverai un faro, un bel cruceiro di pietra che guarda e protegge il mare e uno scarpone di bronzo abbandonato su di uno scoglio, monumento all’antica usanza pellegrina di fare un falò delle proprie vesti consunte. Oggi è vietato accendere fuochi ma, accanto allo scarpone, vediamo un paio di calzini logori, che una pietra impedisce al vento di portare via. Puoi farti apporre un ultimo sello sulla credenziale, respirare l’aria che sa di sale e scendere sul bagnasciuga in cerca di una conchiglia da portare a casa, come facevano i pellegrini nel Medioevo.
E’ un luogo molto malinconico, struggente, oltre che il preludio all’ultimissima tappa del nostro viaggio: Muxía. In questa cittadina minuscola, c’è una chiesetta proprio a ridosso dell’oceano, costruita per omaggiare la Madonna, giunta sin qui a bordo di una barca di pietra. I resti della sua leggendaria imbarcazione si trovano sulla scogliera che le sta innanzi: c’è la Pedra dos Cadrís (la vela); la Pedra do Temón (il timone) e la Pedra de Abalar, una mitica pietra oscillante a cui venivano attribuite proprietà curative. Andata distrutta durante un temporale del 2014, i suoi frammenti si trovano oggi all’interno della chiesa. Quando arriviamo c’è una funzione: non sento le parole del prete, vengo rapita dai modellini di galeoni che pendono dal soffitto, dai quadri di nodi marinari che vedo appesi alle pareti. Sento il rumore delle onde e il profumo del mare. E penso che non c’è luogo migliore per terminare questa avventura.
In conclusione, ti lascio il link al video dell’arrivo a Santiago di The Way, il bellissimo film con Martin Sheen dedicato al Cammino. Allora si poteva ancora entrare dall’ingresso principale: vedrai dunque il Portico della Gloria, il rituale della mano – nota come si è formata un’impronta nella pietra – l’interno della Cattedrale e, naturalmente, il volo dell’incensiere. E niente, io mi commuovo sempre.