Anni fa mi era capitato tra le mani un libriccino di Jean-Claude Izzo, inventore del cosiddetto “Noir mediterraneo”. Il poliziesco non è un genere che amo e, men che meno, scelgo le mie letture in base a titoli o copertine, ma il suo “Aglio, menta e basilico”, mi aveva attratta in modo particolare e ho finito per comprarlo.
Izzo mi ha confermato che no, il noir proprio non fa per me ma, con grande generosità, mi ha aperto le porte della sua città natale, Marsiglia. Da allora, non sono più riuscita a chiuderle. Decisamente atipica nel panorama provenzale forse perché, con tutti i suoi chiaroscuri, provenzale proprio non ci si sente, Marsiglia non ha la solennità di Avignone, l’eleganza di Aix, il garbo di Arles. E’ una città mediterranea e sguaiata, un porto di mare da cui tutti passano e in cui, talvolta, qualcuno si ferma. E’ il simbolo della mixité francese – Dumas l’aveva definita “il punto di incontro di tutto il mondo” – e ospita cospicue comunità nord-africane, rom, spagnole, arabe.
Ghetto di Francia per secoli, oggi parzialmente riqualificata, Marsiglia ha il volto di un marinaio bello e dannato, uno di quei tipi pericolosi, un po’ malinconici: in una parola, irresistibili.
Vera perla del mio viaggio nel Midi, ecco cosa mi è piaciuto di più.
Costeggiare il Vieux Port e la Rive Neuve
Il Porto Vecchio è forse il quartiere che più di ogni altro fa parte dell’immaginario collettivo legato a Marsiglia: barche e barchini a centinaia, ormeggiati tra case dalle tinte calde, i tetti rossi. Ai lati, due forti: Saint Nicolas e Saint Jean, quest’ultimo utilizzato come prigione durante la Rivoluzione Francese. Molti lo considerano una zona prettamente turistica, ma non bisogna dimenticare che è in questa rada che la città ha suggellato il suo legame inscindibile con il mare. E’ qui che è iniziata la sua storia. Caotico, affollato, vivo fino a tarda notte, il Vieux Port me lo sono goduta percorrendo più volte il quai a ridosso della banchina, schivando ragazzi in skateboard e osservando il dondolio degli scafi mentre il cielo diventava rosa e la chiesa di Notre Dame si accendeva. Attirata da aromi deliziosi, ho cenato in uno dei ristorantini affacciati sul molo e, non paga, una volta in hotel me lo sono contemplata per bene dalla finestra – mille luci a rischiarare la notte – con un sorriso grande così, completamente incurante del rumore.
Di fronte al porto vecchio si trova la Riva Nuova, che proprio così recente però non è. E’ una delle tante aree riconvertite della città: luogo paludoso, rimase disabitata fino al 1400, quando vennero costruiti gli arsenali, per poi accogliere, pochi secoli dopo, oltre 20.000 galeotti condannati ai lavori forzati. Oggi la Rive Neuve è un vivace punto di ritrovo, animata da locali e negozi.
Gironzolare tra i mercati
Come il resto della Provenza, anche Marsiglia sfoggia una serie di mercati degni di nota. Te ne suggerisco tre: il Marché aux Poissons ha luogo ogni mattina sul Quai de la Fraternité, proprio a ridosso del Porto Vecchio. E’ anche conosciuto come marché de la criée, ossia degli strilli, quelli dei pescatori che propinano ai clienti il gustoso frutto del loro lavoro notturno. Di tutt’altro tipo e profumo, è il Marché aux fleurs che, proprio come il più celebre mercato nizzardo, propone bouquet e composizioni lungo l’avenue du Prado.
Decisamente il più originale, è il Marché des Capucins, nel quartiere nord-africano di Noailles. Accanto alle baguette e ai classici ingredienti della cucina francese, trovano posto torrette di pane arabo e spezie per insaporire tajine marocchine, grani di cous cous da cuocere lenti, pistacchi, cardamomo e sciroppo di datteri con cui preparare magari l’halwa, dolce medio-orientale che lego all’Oman. Sporgenti da una bancarella, ho visto anche i grossi ‘tubi’ della manioca che, in un attimo, mi hanno riportata in Congo. Crogiolo di idiomi, odori e sapori, Noailles è il vero ventre di Marsiglia: non perderlo!
Visitare Le Panier, senza paura
Vicoli stretti, case alte che rubano la luce, panni stesi, montées gradinate, appartamenti piccoli e accatastati l’uno sull’altro, tant’è che per prendere un po’ d’aria bisogna per forza sedersi fuori, in strada. Ti ricorda qualcosa? Sono sicura di sì: passeggiando nel centro storico di Marsiglia, Le Panier, è impossibile non pensare a Napoli, anche se i Quartieri Spagnoli, bui e meno turistici, sono rimasti nel tempo più fedeli a loro stessi.
Non che cambiare pelle sia sempre un male, intendiamoci. Abitato prima dai pescatori e poi da immigrati provenienti da tutto il bacino mediterraneo, Le Panier è stato per decenni uno dei luoghi più pericolosi d’Europa: nel suo contesto cupo e fatiscente, criminalità, spaccio di droga e operazioni malavitose di ogni genere (hai presente la French Connection?) erano all’ordine del giorno.
E’ solo nel 2013, a seguito della nomina di Marsiglia a Capitale Europea della Cultura, che aggirarsi in questo quartiere ha smesso di essere un azzardo. Oggi Le Panier ha acquisito un aspetto retrò, fatto di vecchie insegne, botteghe di artisti, balconi fioriti, bassi dai muri in tinta pastello e persiane oltremare. Ma se è vero che questa atmosfera bohemienne ha riempito il quartiere di clichè provenzali che poco appartengono alla città, la sua anima multiculturale è rimasta pressoché intatta. Basta aguzzare vista e udito per rendersene conto: ecco un gruppo di ragazzini che mescola arabo e francese in un’improvvisata partita di pallone in Place de Moulins; un artista afro che si esibisce in un pezzo hip hop, la radio in terra, mentre un gruppo di anziani sorseggia pastis nel baretto alle sue spalle; una donna – l’hijab sul capo, la baguette nella borsa – che scende lenta gli scalini di Rue H. Tasso, l’incredibile vista su Notre Dame de la Garde davanti a lei.
Sentire il soffio del mistral
Il mistral, ossia il maestrale, è un vento che spira da nord-ovest. Mi affascina molto perché, come nei romanzi di Joan Harris, autrice della saga di Chocolat, è molto più di un semplice fenomeno atmosferico: è un personaggio vero e proprio, capace di scombinare carte, piani e destini. Presenza fissa nel sud della Francia, il mistral colpisce in modo particolare la Camargue, ma i suoi strascichi si avvertono talvolta fino a Nizza. E Marsiglia non è affatto estranea al suo soffio, anzi: si dice che qui spiri almeno 110 giorni l’anno, arrivando talvolta a superare i 130 km/h.
Tradizionalmente un vento freddo, in estate il mistral ha il dono di portare sollievo dalla calura, presentandosi come una brezza mite e fresca: di sicuro un toccasana nell’estate incredibilmente afosa che abbiamo vissuto quest’anno.
Guardare partite di pétanque
In giro per la Provenza, soprattutto nei paesini – Mougins, Biot, St.Paul de Vence – è praticamente impossibile non imbattersi in capannelli di signori che, raccolti in un fresco rettangolo d’ombra, lanciano insieme alle bocce colorite esclamazioni in lingua. Ho detto bocce? Sia mai! Sport diffusissimo nel Midi francese, la pétanque presenta numerose somiglianze col gioco delle bocce, ma guai a chiamarla tale. Nata durante l’epoca napoleonica, si gioca con tre boules metalliche (la triplette) e più queste si avvicinano al boccino, più si accumulano punti. La grande differenza rispetto alle bocce, sta nel fatto che, al momento del lancio, non ci si può assolutamente muovere: bisogna rimanere fermi a piedi uniti (à pieds tanqués, appunto), fino a che la palla non tocca terra.
A Marsiglia, in estate, viene allestito sul Quai du Port, proprio di fronte al Municipio, un boulodrome di 12mt per 3, dove tutti possono cimentarsi. Se però desideri saperne di più su questo sport o, perché no, comprare una tripletta originale come ricordo del tuo viaggio, puoi visitare La Boule Bleue, un negozio-museo a ingresso libero decisamente curioso anche per i non appassionati. Lo trovi al numero 4 di Place des 13 Cantons, nel Panier.
Fare acquisti nelle savonnerie
Sparse in tutta la regione, le savonnerie sono vere e proprie boutique: del sapone, naturalmente! Il sapone di Marsiglia autentico è composto dal 72% di olio d’oliva e dal 28% di soda vegetale; non ha odori particolari se non quello… del pulito! Prodotto a Marsiglia sin dal XII secolo, la ricetta originale viene oggi arricchita con le profumazioni del Midi e con ingredienti particolari – miele o fiori essiccati – che lo rendono ancor più gradevole all’olfatto o semplicemente più specifico per alcuni tipi di pelle.
In una savonnerie, potrai trovare pesanti cubi all’olio d’oliva, trecce di saponette multicolore pensate per portare le loro note fiorite nel chiuso degli armadi, cuori con pezzetti di lavanda a fare da scrub sulla pelle, scaglie bianche da mettere in lavatrice, stelle di argan, grezzi tranci di sapone da appendere nella doccia e così via.
Piccola nota a cui tengo molto: ho smesso di acquistare flaconi di sapone liquido parecchi anni fa. L’utilizzo del sapone tradizionale è un modo come un altro di fare la propria parte a salvaguardia dell’ambiente, evitando un inutile consumo di plastica. Anche per questo amo molto le savonnerie.
Assaggiare la bouillabaisse
Inizialmente piatto di scarto dei pescatori, che lo preparavano con la merce rimasta invenduta, oggi la bouillabaisse è una pietanza ricercata e complessa: imitatissima non solo in Francia ma anche nella stessa Marsiglia, sua città natale, questa zuppa di pesce ha regole ben precise che non vanno né trascurate né semplificate.
Tanto per cominciare, va servita in due pietanze distinte: la prima ad arrivare al tavolo è una zuppiera con il fumetto di pesce, brodo denso e corposo; successivamente, sarà il turno del pesce vero e proprio, cucinato come ti dirò tra poco. Dunque se un ristorante ti porta tutto insieme… bhè, già partiamo male. Contestualmente ai due piatti devono essere serviti anche dei crostini di pane abbrustolito, uno spicchio d’aglio, emmenthal grattugiato e abbondante salsa rouille, una sorta di maionese piccante insaporita con aglio, peperoncino e brodo di pesce.
Cosa fare di tutto ciò? Dunque: prendi i crostini e strofinaci su l’aglio, proprio come una bruschetta. Poi spalmaci sopra un po’ di salsa, aggiungi se vuoi un pizzico di formaggio e… affoga il tuo crostino nella tazza di brodo. Raccogli con il cucchiaio e… wow, un trionfo di sapori!
Veniamo ora al pesce. In questo caso risalire alla ricetta originale è più complesso ma, di base, devono essere presenti almeno quattro pesci di scoglio, fondamentali per rendere la zuppa particolarmente gustosa: andranno bene il grongo (simile a una murena), la tracina, lo scorfano, la triglia o il san pietro (oggi i ristoratori tendono a inserire anche aragoste e crostacei che un tempo non erano contemplati). I pesci andranno fatti bollire prima a tutta fiamma e poi a fuoco più basso (da cui bouille-abaisse: bolli/abbassa), insieme a patate e spezie come finocchietto, zafferano e scorze d’arancia.
Insomma, tutto un programma! Come avrai capito, la bouillabaisse è un piatto molto abbondante: se cucinata a dovere, non è necessario ordinare antipasti; avrai a malapena spazio per il dolce. Data la quantità di pescato utilizzata e la complessità d’esecuzione, si tratta di un piatto costoso di cui non tutti i ristoranti potrebbero disporre al momento dell’ordinazione. Per andare sul sicuro, è buona norma prenotarla il giorno prima. Diffida dalle imitazioni, mi raccomando!
Fare trekking tra i calanchi
Conformazione tipica della costa meridionale francese, i calanchi sono canyon antichissimi che, sommersi dal mare milioni di anni fa, oggi si presentano come insenature cristalline, delimitate da lingue di roccia di svariati metri d’altezza. Ogni calanco ha la sua caletta, se non una vera e propria spiaggia, spesso raggiungibile solo a piedi o in barca. Se in Costa Azzurra trovi le imponenti falesie rosse del massiccio dell’Estérel, a Marsiglia c’è addirittura un Parco Nazionale ad essi dedicato! Noto per i paesaggi incontaminati e un’impressionante biodiversità, il Parc National des Calanques attraversa tre comuni, Cassis e Le Ciotat oltre a quello di Marsiglia, e copre un’area marittima di quasi 45.000 ettari distribuiti lungo 20 km di costa.
I sentieri escursionistici sono tantissimi: si arrampicano su per le rocce regalandoti viste favolose sull’azzurro e, arrivati al punto più alto, scendono giù a picco, per concederti un meritatissimo tuffo in mare. La caletta che abbiamo scelto di raggiungere è una delle più spettacolari, la Calanque d’En Vau. Essendo molto stretta, le barche non possono entrarvi e dunque l’unico modo per abbordarla è con un kayak oppure a piedi, soluzione per cui abbiamo optato. Il sentiero parte da Cassis (a circa 30 km da Marsiglia) e, prima di arrivare a destinazione, tocca le insenature di Port-Miou, larga e adibita a porto, e Port-Pin, dove puoi fare un primo bagno o… fermarti.
Da qui in avanti il sentiero diventa infatti molto difficoltoso, una pietraia scivolosa e aguzza sconsigliata a camminatori inesperti. Te la senti di proseguire? Bene! Una volta giunto al belvedere, un balcone naturale a 120mt d’altitudine, potrai poi scendere alla spiaggia (occhio perchè la discesa è sempre più insidiosa della salita!), dove ti attende un mare meraviglioso dal fondale di posidonia. Debitamente appagato… bhè, preparati a fare lo stesso percorso a ritroso per tornare a Cassis; in totale avrai macinato circa 10km e un dislivello niente male.
Se queste sono le cose che mi sono piaciute di più, Marsiglia è ancora tanto altro: il Mucem, un grande museo dedicato alle Civiltà del Mediterraneo; le camminate lungo la Corniche e sulle passerelle sospese sul porto; le chiese – la ruvida Saint Laurent, chiesa di pescatori, la mia preferita –; le isole Frioul e il Castello d’If, da cui fuggì Edmond Dantès in cerca di vendetta.
“Quando non si ha niente, avere il mare, il Mediterraneo, è molto. Come un tozzo di pane per chi ha fame” – scriveva Izzo. Marsiglia, ville maudite, oggi ha molto di più.