Piazza San Marco, dieci curiosità sul Salotto della Serenissima

curiosità san marco venezia
Romantico, misterioso, talvolta macabro: è il passato dell'unica piazza della Serenissima

Sull’unica piazza di Venezia – perchè le altre sono denominate campi o campielli – si affacciano edifici di grande bellezza, custodi di un passato romantico, misterioso, talvolta macabro o semplicemente curioso. Sapevi ad esempio che…

#1. Il Tesoro della Basilica è frutto di un sacco
Splendida nella sua architettura bizantina, immagine di ricchezza e opulenza tanto all’esterno quanto all’interno, la Basilica di San Marco è conosciuta anche come “Chiesa d’oro”, per via degli 8000 metri quadri di mosaici dorati che la rivestono. Celebre il suo tesoro: una collezione di preziosi che Venezia ha accumulato in secoli di scambi e trattative con l’Oriente.

Buona parte di questo patrimonio è però, a detta di molti, frutto di razzie e non di commerci legittimi. Popolo di mercanti e navigatori, i veneziani non sono mai stati belligeranti, eppure, durante la Quarta Crociata, una serie di circostanze consentì al Doge di dettare le condizioni: l’esercito della Serenissima avrebbe partecipato “per amor di Dio”, arrogandosi però il diritto su metà delle conquiste in Terra Santa. Fu in quella occasione, in particolare a seguito del sacco di Costantinopoli del 1204, che il tesoro di San Marco si rimpinguò, aggiudicandosi anche il suo pezzo più pregiato: la Pala d’Oro. Oggi custodita nel presbiterio della Basilica, si tratta di un pannello in oro, argento e pietre preziose (circa 2000 tra perle, rubini, smeraldi, zaffiri e gemme di ogni genere).

Mentre l’ingresso alla Basilica è gratuito, per accedere al Tesoro e alla Pala d’Oro è necessario pagare un biglietto a parte. Se il primo risulta oggi incompleto perchè parzialmente razziato da Napoleone, la seconda non è invece mai stata rimossa, si dice, grazie a un divertente equivoco. Narra infatti la leggenda che, quando i veneziani dissero al Bonaparte che il pannello ‘xe vero’ – ossia autentico – egli intese fosse invece ‘di vetro’ e, giudicandolo un fondo di bottiglia, lo mollò lì.

#2. Anche le reliquie di San Marco furono trafugate
Non solo ori e preziosi: ad essere trafugati furono anche i resti del Santo Patrono della città che, da Alessandria d’Egitto, giunsero a Venezia intorno all’anno 828. L’evento è narrato nei quattro mosaici a lunetta che si trovano sulla facciata della Basilica. Nel primo vediamo una grossa cesta: da fonti storiche sappiamo che dentro c’è il corpo dell’Evangelista, opportunamente coperto di ortaggi e carne di maiale. I doganieri egiziani, riconoscibili dal turbante bianco, allontanano il viso e si turano il naso con le dita disgustati dall’odore e, come previsto, si rifiutano di ispezionare il canestro. Nel secondo mosaico, il Santo, ora ripulito e avvolto in un sudario bianco, compie il suo lungo viaggio in mare per poi arrivare a Venezia dove, nella terza lunetta, lo vediamo attorniato dal Doge e da altri funzionari. All’ultimo mosaico, il compito di raffigurare l‘ingresso dell’Evangelista in Basilica, sotto un cielo di foglia d’oro da 24 carati.

#3. I cavalli di San Marco sono copie (ma gli originali non sono lontani)
Sempre da Costantinopoli proviene la celebre Quadriga Trionfale, i quattro cavalli in bronzo che scalpitano sotto al finestrone centrale della chiesa. Se sali alle terrazze dell’edificio li puoi vedere da vicino: alti quasi tre metri, sono davvero imponenti ma… sono una riproduzione.
Gli originali non sono lontani però: sono custoditi all’interno di San Marco, nel museo della chiesa. Rimossi dal frontale dopo essere stati esposti a oltre sette secoli di intemperie (!), hanno affrontato un lungo restauro e riposano in questa originale scuderia sin dagli anni ’80.

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#4. Il Palazzo Ducale nasconde stanze segrete (e sono terribili).
Colonnati in marmo, ogive snelle e quella facciata color crema che, al tramonto, si mescola con il rosa dei cieli veneziani: il Palazzo Ducale è senza dubbio tra gli edifici più eleganti della Serenissima e anche l’interno non è da meno! Tantissime sono le sale affrescate dai maestri del tempo, una su tutte la Sala del Maggior Consiglio, con il gigantesco Paradiso del Tintoretto. Sede quasi millenaria del potere politico di Venezia, questo edificio è stato però anche luogo di detenzione e tortura: a fare da contraltare ai sontuosi appartamenti di doge e magistrature, c’erano infatti celle anguste e malsane, dove i prigionieri vivevano al limite della decenza.

I cosiddetti pozzi sono le prime e più antiche prigioni di Venezia. Costruite nei sotterranei del Ducale, erano fosse umide in cui venivano gettati i responsabili dei reati più gravi e coloro che appartenevano agli ultimi gradini della scala sociale. Costantemente soggetti all’alta marea e infestati dai topi, i pozzi erano buchi bui e insalubri, in cui si aveva la sensazione di essere sepolti vivi. Agli antipodi dei pozzi c’erano i piombi. Ricavate dal sottotetto, queste celle si chiamavano così per via delle lastre metalliche che ricoprivano il soffitto e che, col sole battente, trasformavano gli ambienti in forni asfissianti. Aria condizionata a parte, le condizioni dei piombi erano però di gran lunga migliori rispetto a quelle dei pozzi: si trattava di celle piccole ma pulite, destinate a crimini di natura politica e dunque al ceto aristocratico.

Se sei interessato a vedere questi ambienti – e secondo me ne vale la pena! – ricorda che non sono inclusi nel tradizionale biglietto d’entrata al Palazzo Ducale (che si limita alle sale affrescate e alle prigioni nuove). Dovrai prendere parte a un tour apposito (questo il mio) che ti consentirà di accedere a stanze solitamente chiuse al pubblico. Oltre a pozzi e piombi, vedrai la Sala degli Inquisitori, la Sala dei Tre Capi con il suo passaggio segreto che si immette nella Sala del Consiglio (ricordo la faccia dei visitatori quando siamo sbucati da quello che pareva un armadio!) e la Sala della Tortura, con tanto di corda pendente dal soffitto. Come funzionava? Il reo veniva legato con i polsi dietro la schiena e poi issato con una carrucola fino allo slogamento delle braccia: inutile dire che, veritiere o meno, le ammissioni di colpa erano parecchie.

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#5. Giacomo Casanova: genio o cialtrone?
La sua fama lo precede: Giacomo Casanova, rappresenta perfettamente la sua città per tutto quel che concerne il suo lato più libertino e misterioso. Scaltro tanto in amore quanto nella vita, è però una figura controversa: quanto di ciò che racconta nelle sue Memorie corrisponde a verità? Rinchiuso nei Piombi con l’accusa di immoralità e raggiro, il Casanova rimarrà in cella per cinque anni, trascorsi i quali riuscirà – caso unico nella storia delle prigioni veneziane – ad evadere. Con l’aiuto di un altro detenuto, Padre Marino Balbi, Giacomo scaverà un foro nel soffitto e, da lì, uscirà per poi calarsi nel cortile di Palazzo Ducale. Vestito di tutto punto, verrà scambiato dalle guardie per un nobile rimasto chiuso per errore nell’edificio, tanto che queste apriranno la porta al suo passaggio. Ormai in piazza, andrà al Florian a prendersi un caffè prima di defilarsi in gondola e raggiungere Parigi, i cui salotti animerà a lungo con la storia della sua evasione.

Andò davvero così? Mentre ci mostrava la cella in cui fu recluso, la nostra guida ha avanzato diversi dubbi logistici ma, in fondo, è bello credere nella sua impresa.

#6. Il Ponte dei Sospiri non ha nulla di romantico
Ormai non è più un segreto per nessuno: questo ponte, di romantico, non ha un bel niente. I sospiri non sono certo quelli degli innamorati che scivolano via in gondola, bensì quelli dei condannati di un tempo che, per raggiungere le prigioni, passavano proprio di qui. Il Ponte dei Sospiri è infatti un breve tunnel coperto che collegava il Palazzo Ducale alle aree detentive: dalle sue grate i malfattori scorgevano la bella laguna per l’ultima volta.

Oggi uno dei simboli più noti di Venezia, il punto migliore per ammirarlo è dal Ponte della Paglia, che mette in comunicazione i sestieri San Marco e Castello.

#7. I mori della Torre dell’Orologio non battono l’ora esatta
Capolavoro di ingegneria, è secondo me uno degli arredi più preziosi di piazza San Marco. Il suo quadrante blu e oro è decisamente singolare: scolpito con 24 ore (e non 12!), riporta segni zodiacali e costellazioni; la sua lancetta è il Sole e il perno è la Terra che, in base al modello tolemaico, è posta al centro dell’universo. Non manca la luna che, seguendo le proprie fasi, gira cambiando colore. Sopra l’orologio ruota – ma solo il giorno dell’Epifania e dell’Ascensione – un carosello in legno dei Re Magi e, ancor più, su capeggia l’immancabile statua del Leone di Venezia.

In cima alla torre ecco infine i Mori, due statue in bronzo alte più di 2 metri, impegnate a battere le ore con un martello su di una grande campana. Osservali bene: uno dei due ha la barba ed è conosciuto come il “vecchio”, mentre l’altro, imberbe, è il “giovane”. Il più anziano suona l’ora due minuti prima dell’ora esatta, segno del tempo già trascorso, mentre il più giovane la batte due minuti dopo, a indicare il tempo futuro.

#8. E’ meglio evitare di camminare tra le colonne di San Teodoro e San Marco
Di fronte al Palazzo Ducale, in quella che viene denominata Piazzetta San Marco, svettano due colonne di marmo, sormontate dalle effigi dei due patroni di Venezia: l’Evangelista, rappresentato nella tradizionale forma di leone e San Teodoro (o Tòdaro) che, armato come un guerriero, calpesta un drago. Dietro di loro, il molo e il lento dondolio delle gondole.

Oggi così poetico, nel XVIII secolo questo scorcio era in realtà alquanto macabro: era qui che si eseguivano le condanne capitali, tant’è che ancora adesso la gente del posto giudica di cattivo auspicio camminare tra una colonna e l’altra, preferendo invece girarvi intorno. Poichè il patibolo era rivolto verso la Torre dell’Orologio, l’ultima cosa che i condannati vedevano era l’ora: da qui, la minaccia tutta veneziana Te fasso veder mi, che ora che xe!

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#9. Il Campanile di San Marco è una copia
Alto poco meno di 100 metri il campanile assolveva originariamente la funzione di faro e quello che vediamo oggi… non è l’originale! Eretto nel XV secolo, crollò nel 1902 a seguito di alcuni lavori di restauro e, nel giro di un decennio, venne ricostruito esattamente identico al precedente, con l’aggiunta della statua dell’Arcangelo Gabriele in punta. Simbolo molto amato nel mondo – celebre la copia di Las Vegas – il paron de casa (padrone di casa, così come lo chiamano i veneziani), il campanile gioca un ruolo di primo piano durante il Carnevale: è dalla sua vetta che parte il Volo dell’Angelo diretto a Palazzo Ducale.

Durante la mia prima visita a Venezia ci sono salita: oltre a vedere la laguna dell’alto, quassù potrai osservare da vicino le sue cinque campane, a ciascuna delle quali è stato dato un nome e un compito preciso. La Marangona, di quasi due metri di diametro, annunciava l’inizio e la fine del turno di lavoro dei “marangoni”, ossia di falegnami e carpentieri; la Nona suonava a mezzogiorno e mezzanotte, ora in cui si potevano spedire le ultime lettere a Rialto; la Trottiera dava il secondo segnale ai nobili per recarsi alle riunioni del Maggior Consiglio; la Pregadio annunciava le riunioni dei Pregadi, ossia dei membri del Senato; e Maleficio annunciava le esecuzioni capitali di Piazzetta San Marco.

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#10. Puoi bere una tazzina di acqua negra bollente
Su San Marco si affacciano due dei caffè storici più noti d’Italia. Li trovi sotto le Procuratie, gli edifici che avvolgono la piazza su tre lati. Il Caffè Florian – Procuratie Nuove – è stato aperto nel 1720 e vanta tra i suoi clienti illustri il già citato Casanova, ma anche Lord Byron, Goldoni, Wagner… Sul lato opposto, sotto i portici delle Procuratie Vecchie, si trova invece il Gran Caffè Quadri che, sin dal 1775, propone una strana bevanda, tale acqua negra bollente. Ovviamente si tratta del caffè! Ai suoi tavoli si sedettero tanti personaggi noti ma, da grande amante della letteratura francese, ne cito tre in particolare: Stendhal, Dumas padre e Marcel Proust.

Ricchi e decadenti, tutti stucchi e specchi, vassoi in argento e camerieri in livrea, i caffè di piazza San Marco riassumono perfettamente l’atmosfera ricercata e un po’ malinconica della Venezia d’altri tempi, quella che, sono certa tanti come me vanno cercando ancora oggi in laguna.

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