Lanterne di seta, ponti sputafuoco, imperatori eccentrici, templi abbandonati e molto altro: un itinerario breve ma intenso per cogliere le tante meraviglie del Vietnam centrale.
GIORNO 1
# Mattina a Hội An. Hội An è una cittadina delicata e pittoresca, in cui si respira un Vietnam antico. Un tempo vivace porto commerciale, è come se ciascuno dei mercanti passati di qui avesse lasciato indietro un pezzo di sé. Passeggiando per Hội An troverai case coloniali francesi, villette d’influenza cinese. Balconi in legno che si affacciano su templi buddisti e dragoni variopinti che spuntano dietro a un portone, sotto grosse spirali su cui brucia incenso profumato. Troverai un ponte rosso, d’ispirazione giapponese questa volta, il cui ingresso è sorvegliato da una scimmia e un cane di pietra, davanti ai quali brilla sempre un lumicino.
Numerose le botteghe artigianali, così come le sartorie: le sete più belle del Paese si producono proprio qui e si dice che i sarti siano così abili che se ordini un vestito al mattino, la sera lo trovi già bell’e pronto. C’è anche un mercato e, forse, è proprio lì che sta andando quella vecchia che, posato a terra il suo bilanciere, si riposa adesso sul marciapiede di una casa gialla, la porta azzurra. E poi ovunque – ma proprio dappertutto – dondolano lanterne: è la città delle lanterne per eccellenza, Hội An. Ma di questo te ne parlerò tra poco.
# Pranzo a Tra Que. Quello di Tra Que è un villaggio rurale a una manciata di chilometri da Hội An. Se il tempo è bello – nel nostro caso, finalmente il sole splende – noleggia una bicicletta e raggiungilo attraversando campi e risaie (attento ai bufali però)! Una volta arrivato puoi sederti a tavola o, prima ancora, prendere parte a una lezione di cucina: io ho imparato a fare i bánh xèo, una sorta di crepes a base di curcuma, farina di riso e latte di cocco, ripiene di un mix di maiale, gamberi, funghi e scalogno. Ad accompagnare, verdure fresche – carote, cetrioli – ma anche erbe profumate, come basilico, menta e coriandolo. E invece del dessert… che ne dici di un massaggio ai piedi? Per me è stato rigenerante!
# Un salto a Cẩm Thanh (Coconut Island). Di base, l’esperienza è questa: risalire un breve corso d’acqua costeggiato dalle mangrovie, seduti dentro una tinozza (basket boat). Nulla di che, insomma. Stavamo infatti per declinare ma, con la promessa che sarebbe stato ‘molto, ma molto più divertente di quanto potevamo immaginare’, May, la nostra guida, tanto ha fatto e tanto ha detto che ci ha convinti. Forse gli unici occidentali presenti, a farla da padrone erano soprattutto i turisti sudcoreani che, ci assicura May, di Coconut Island vanno letteralmente pazzi. Sarà. Scivoliamo sul fiumiciattolo guidati dal nostro barcaiolo, finchè arriviamo a un tratto aperto, senza alberi.
Su alcune basket boat sono state posizionate casse e altoparlanti: presto nell’aria si diffondono a tutto volume le note della super hit coreana Gangnam Style (e cosa se no) e i barcaioli, come morsi da una tarantola, cominciano una folle danza facendo girare su se stesso il proprio barchino con l’aiuto di un lungo remo. Mica lo faranno con i passeggeri a bordo, vero? Vero?! Non faccio in tempo a farmi venire il dubbio che anche il nostro uomo comincia a vorticare (e noi con lui!): mentre la tinozza gira come una trottola tra risate e schiamazzi coreani, non posso che unirmi ai cori, pensando che: 1) ho mangiato troppi bánh xèo, e 2) che di cose strane me ne sono capitate tante, ma di trovarmi a roteare su di una cesta in mezzo al Vietnam con PSY che urla fortissimo nelle orecchie, mai. Una situazione surreale, giuro. E in fin dei conti – effettivamente – molto, molto più divertente di quanto potessi immaginare.
# Serata a Hội An: E’ quando cala il sole che Hội An offre il meglio di sé. Col cielo che diventa sempre più nero, si accendono le luci di centinaia di lanterne. Di probabile derivazione cinese, è questa una tradizione ormai molto antica, risalente al XIV secolo. In città si contano oltre 30 laboratori che, oltre al Vietnam, esportano con successo i loro prodotti in tutta Asia, Europa e America. Tese tra un balcone e l’altro, struttura in bambù e rivestimento in seta dipinta, le lanterne adornano ogni via della città: al tramonto, fai in modo di trovarti su di un rooftop bar per vedere Hội An che si accende.
Col buio, vai invece sulle sponde del fiume Thu Bon. Troverai piccoli ristoranti, botteghe zeppe di oggetti carini, improbabili banchetti di street food e il più bello degli spettacoli: tanti e tanti sampan che scivolano lenti sull’acqua, ciascuno con la sua lanterna colorata a illuminare la notte. Accanto a quelle di seta ne vedrai anche di carta, a forma di fior di loto. Sono le hoa dang, lanterne che turisti e gente del posto sono soliti adagiare nel fiume: trasportate dalla corrente, portano fortuna. In quanto a me, affacciata a un ponticello, ho osservato a lungo il fluttuare delle luci. Se ci ripenso oggi, quel momento mi ha lasciato dentro una inesplicabile sensazione di dolcezza e, soprattutto, di gratitudine. Inutile dire che Hội An è stata una delle tappe più belle di tutto il viaggio.
GIORNO 2
# Mattina a Mỹ Sơn. Oggi è tempo di spostamenti: percorreremo circa 190 km con alcune tappe intermedie. Ecco la prima! Mỹ Sơn, la ‘bella montagna’ patrimonio UNESCO, è situata in quella che i Vietnamiti definiscono la ‘pentola di fuoco’, una zona particolarmente afosa oltre che umida: meglio dunque visitarla al mattino presto. Mỹ Sơn è un complesso di oltre 70 edifici eretti dall’etnia Cham tra il quarto e il tredicesimo secolo e rappresenta per il Vietnam quello che il sito di Angkor è per la Cambogia, Borobudur per l’Indonesia e Bagan per il Myanmar.
Purtroppo per noi, però, il suo stato di conservazione non è dei migliori: tra templi rovinati al suolo e pietroni sparsi come pezzi di un puzzle, scolpiti nelle rocce possiamo soltanto indovinare le forme, più raramente i visi, di quelle splendide danzatrici celesti che caratterizzano anche l’iconografia Khmer. Gravemente danneggiato dagli assalti delle milizie armate, dagli agenti atmosferici e dalla vegetazione, il sito di Mỹ Sơn è oggi oggetto di restauro, ma i lavori procedono con estrema lentezza. Una curiosità che è anche un avvertimento: le zone circostanti il complesso – forestali – non sono ancora state totalmente sminate.
# Pranzo a Đà Nẵng. Đà Nẵng è una grande città, con tanto di aeroporto internazionale. Apprezzata soprattutto per le sue spiagge, vanta una struttura decisamente bizzarra, il Ponte del Drago, che, teso per 66 metri sul fiume Han, sputa fuoco ogni weekend (Ecco un video)!
Gli appassionati di storia, riconosceranno però in Đà Nẵng la città simbolo della Guerra del Vietnam. Importante base americana, è qui che nel 1965, sbarcarono i primi 3500 Marines dei 500 mila che avrebbero poi preso parte al conflitto, ed è sempre qui che, dieci anni dopo, gli Stati Uniti batterono in ritirata dopo l’arrivo delle truppe nordvietnamite che presto avrebbero conquistato Saigon. Nel mezzo, i disperati boat people che salpavano per sfuggire la sorte, le onde di China Beach su cui i soldati americani facevano surf, la terribile offensiva del capodanno vietnamita (Tết), i bordelli, gli Zippo, le piastrine identificative.
# Trasferimento a Huế: Ancora due ore d’auto ci separano da Huế, la città che visiteremo domani. Lungo il tragitto facciamo una sosta panoramica a Hải Vân, il passo noto come ‘colle delle nuvole’ che, dalla sua sommità, regala una vista privilegiata sul litorale.
GIORNO 3
# Intera giornata a Huế: Capitale della nazione e sede della dinastia Nguyen sino al 1945, Huế è l’emblema della cultura e della storia del Vietnam. La nostra prima tappa è la Cittadella Imperiale, che ricalca le pianta della Città Proibita di Pechino. Delimitata da un fossato, è protetta da una cerchia muraria di 10km, sui cui spalti si aprono logge e porticati rivestiti di maioliche, le stesse che, una volta all’interno, colorano gli oltre 100 tra padiglioni, templi e residenze. Costruita come un sistema di scatole cinesi, la Cittadella rivela solo nel proprio cuore e cinto da ulteriori mura, il Palazzo del Trono o della Suprema Armonia. Non lontano, il Tempio delle Generazioni, consacrato alle anime dei defunti. Come ti spiegavo qui, in Vietnam il culto degli antenati è da considerarsi alla stregua di una vera e propria religione e, di conseguenza, questo tempio è un po’ l’altare del Paese. Tantissimi i fedeli che lo scelgono per pregare i propri cari.
Scendiamo ora al Fiume dei Profumi, così chiamato per via dei petali che cadono dai rami fioriti protesi sulle sue acque. Una bizzarra imbarcazione dalla testa di drago ci porta alla pagoda di Thien Mu (o della Signora Celeste) che, con i suoi sette livelli, è la più alta del Vietnam. In un padiglione del monastero che sorge alle sue spalle è stata conservata l’auto con cui, nel 1963, il monaco Thích Quảng Đức si recò a Saigon per immolarsi – dandosi fuoco pubblicamente – in segno di protesta alla dittatura cattolica che minacciava di sopprimere il buddismo. Il bonzo bruciò senza battere ciglio e, tra le ceneri, il suo cuore venne ritrovato intatto. Il tragico evento è stato immortalato dal fotografo Malcolm Browne che con questo scatto vinse un Pulitzer: la Austin che qui vedi in bianco e nero, nella realtà è azzurro cielo.
L’ultima tappa della giornata è quella ai mausolei funebri degli imperatori che risiedevano qui a Huế. Ti segnalo in particolare quello dedicato a Khải Định che, deceduto nel 1925, fu il penultimo imperatore del Vietnam. Poco amato dal suo Paese (a cui preferiva la Francia), e disprezzato da mogli (ben 12) e concubine (a cui preferiva la sua guardia del corpo), Khải Định passò alla storia come un regnante dissoluto e vizioso. Appassionato di make-up e della più fine sartoria, dedito al consumo di droghe e al gioco d’azzardo, non era tipo da badare a spese e l’eccentricità che lo contraddistinse in vita, aiuta a comprendere la singolare architettura del suo sepolcro.
Posto in cima a lunghe gradinate – una vera e propria ascesa al cielo – il suo mausoleo nasconde una serie di cortili interni, uno dei quali ospita un esercito in pietra composto da soldati, mandarini, cavalli ed elefanti. La stanza che custodisce la tomba vera e propria lascia invece senza parole per l’eccesso delle decorazioni, un tripudio mai visto in patria prima d’allora. Ogni centimetro è coperto di specchi, ori, maioliche gaudiane che rimandano inevitabilmente al Parco Güell, ceramiche, smalti e altri materiali provenienti da Europa e Giappone la cui composizione è ancora oggi incerta. Al centro, sotto un enorme baldacchino d’oro, lui: impassibile, la statua di Khải Định siede al pari di un faraone tanto ricco quanto solo, murato per sempre nella sua grotta delle meraviglie.
La città di Huế ha il proprio aeroporto: se non hai altri giorni a disposizione da dedicare al Vietnam centrale, in serata puoi prendere un aereo per proseguire il tuo viaggio. Noi ora scendiamo nel sud del Paese.