Le isole Lofoten, in inverno

lofoten in inverno
Il villaggio di Sakrisøy, isole Lofoten
Tra picchi innevati e le luci dell'aurora, uno degli on the road più belli d'Europa

Estate o inverno? Le isole Lofoten, splendido arcipelago norvegese situato a 200km dal Circolo Polare Artico, sono una meta per tutte le stagioni. A queste latitudini, però, va da sé che optare per un periodo invece di un altro determini un’esperienza di viaggio radicalmente diversa. Io ci sono stata in febbraio e ho vissuto una settimana magica!
Cosa fare alle Lofoten in inverno?

Un on the road innevato
Famose per la bellezza dei loro paesaggi naturali, le isole Lofoten coprono poco più di 1.200 km². Attraversato dalla Lofast, una strada a scorrimento veloce, l’arcipelago regala uno degli on the road più straordinari d’Europa, caratterizzato da fiordi, spiagge battute da acque gelide, minuscoli paesi di pescatori e, soprattutto, montagne spettacolari. A separare il versante interno da quello atlantico, si trova infatti il cosiddetto Lofotveggen (Lofoten Wall in inglese), una catena granitica che, ergendosi come una muraglia, dà vita a uno scenario pazzesco.

Nonostante i picchi delle Lofoten non siano particolarmente elevati – il più alto è il monte Higravstinden nell’isola di Austvågøy (1.146 metri) – in quanto a bellezza nulla hanno da invidiare alle cime canadesi della famosa Icefields Parkway, ad esempio. Se in estate le montagne si ricoprono di vegetazione, diventando custodi di una natura selvaggia e incontaminata, nonchè mete ideali per il trekking, in inverno assumono invece tutte le sfumature dell’azzurro, del rosa, dell’oro e di tutti quei colori che la luce artica riesce a creare sulla neve. I laghi ghiacciati e le spiagge imbiancate faranno poi il resto: in inverno, le Lofoten sono tutte da godersele alla guida, ma nulla ti vieta di intraprendere anche brevi escursioni in barca per osservarle dal mare.

Assaporare il kos in una rorbu
No, non si mangia. Il kos è una sensazione: un concetto tutto norvegese per certi versi simile a quello danese di hygge. Per comprenderlo, immagina per un attimo come dev’essere vivere qui (non venirci in vacanza!). Il gelo che penetra nelle ossa, la furia degli elementi, un inverno buio e lunghissimo, che sembra non finire mai. Con queste premesse, cosa c’è di più bello del rientro a casa? Sedersi davanti a un camino a chiacchierare con la propria famiglia, leggere un libro rannicchiati sotto una coperta, sprofondare in quella poltrona – che ha ormai la forma del tuo corpo – in compagnia di un dolcino e una tazza fumante. Gioie semplici ma che, in alcuni luoghi della Terra, fanno tutta la differenza del mondo. Ecco cos’è il kos: quella sensazione di felicità che si prova quando ci si sente al calduccio, al sicuro.

Dopo aver trascorso una giornata esposto al freddo polare – o una nottata se sei stato a caccia di aurore – per assaporare il kos non c’è luogo migliore di una rorbu (plurale rorbuer), la tipica casetta in legno, ocra o rosso, diventata uno dei simboli della nazione. Costruite a palafitta sul mare, le rorbuer erano un tempo abitazioni molto spartane, pensate per dare riparo ai pescatori durante la notte. Una stanza con una branda, un’altra per conservare cibo e ferri del mestiere: sprovviste di acqua ed elettricità, le rorbuer non erano certo ambienti confortevoli, ma servivano perfettamente allo scopo, dato che l’alternativa era dormire all’addiaccio riparati dallo scafo capovolto della propria barchetta.

Lontane dall’essere meri rifugi, le rorbuer odierne – ristrutturate o talvolta costruite ad hoc – sono invece ambienti molto curati, dotati di ogni comodità. In genere ciascuna casetta ha una camera da letto, un bagno, un cucinino e, naturalmente, un soggiorno, perfetto per sperimentare il kos. Deliziose le finestre: affacciandoti, vedrai altre casette allineate sul pontile, le montagne innevate (alle prime luci del mattino la neve si tinge di rosa!) e un cielo attraversato da gabbiani in cerca di cibo.

Andare alla ricerca dell’Aurora Boreale
E’ il grande sogno di chiunque si avventuri nelle regioni polari. Tra ottobre e marzo (coordinate molto labili: non si escludono avvistamenti anche in settembre e aprile), può capitare di assistere a uno degli spettacoli più incredibili che la natura possa offrire. L’aurora boreale arriva lenta per poi esplodere senza preavviso: si riversa in cielo come una cascata fulgida, aprendosi in squarci di colore, in scie che si increspano, si avvitano, si srotolano fin dove l’occhio può arrivare. E poi, così come è venuta sparisce, lasciando lo spettatore ipnotizzato, col naso ghiacciato ma ancora ostinatamente all’insù, puntato verso il firmamento nella speranza di vederla ricomparire.

Perchè l’aurora è capricciosa e, affinchè si mostri, si deve verificare tutta una serie di condizioni (ne parlo qui). La buona notizia, però, è che le isole Lofoten sono interessate dal fenomeno molto spesso. Per goderti lo spettacolo al meglio, appostati in un luogo buio: la riva di un lago ghiacciato, una spiaggia deserta, una radura in un bosco. Oppure, se non hai intenzione di stare troppo tempo al freddo, opta per un alloggio panoramico: la nostra rorbu sul mare, nel paesino di Ballstad, si è rivelata provvidenziale dato che l’aurora qui sotto è sopraggiunta solo alle tre di mattina!

lofoten in inverno

Vedere l’essicazione dei merluzzi
Per il turista è uno degli aspetti più folkloristici delle Lofoten, per gli abitanti dell’arcipelago è invece uno dei pilastri dell’economia locale. La pesca del merluzzo è una cosa seria e ancor di più lo è la produzione dello stoccafisso (tørrfisk), alimento IGP al pari del Crudo di Parma o dello Champagne.

Pescato tra febbraio e aprile – quando sulle coste dell’arcipelago giunge direttamente dal Mare di Barents anche lo skrei, la qualità più pregiata – il merluzzo artico viene eviscerato immediatamente per poi essere appeso ad essiccare con un procedimento, si dice, identico a quello utilizzato dai Vichinghi: il corpo, tagliato a metà, viene legato in coppia alle code, mentre le teste vengono riunite a mazzi. L’aria di mare poi farà il resto e, in un paio di settimane, garantirà al pesce una salagione completamente naturale.

Nel tuo on the road non ti sarà difficile notare le hjell, le rastrelliere in legno su cui il pesce viene appeso. Le più grandi e imponenti sono quelle che trovi sull’isola di Kuba, nella cittadina di Svolvær: inconfondibile il ‘profumo’ che emanano.

Fare surf (!)
Non tutti sanno che le isole Lofoten sono tra i posti migliori al mondo per praticare il surf, o meglio l’Arctic Surf. Tutto è cominciato negli anni ’60 con un gruppo di pazzi. Perché come altro definire chi monta una tavola in mezzo alle onde con una temperatura di parecchi gradi sotto lo zero, il vento che urla. Eppure, spesso, pazzia e genio vanno a braccetto, tant’è che negli anni, questo sport così estremo, di proseliti ne ha trovati parecchi. Gli Arctic Surfers sono gli appassionati dell’onda gelida: sono quelli che all’orizzonte amano vedere montagne e spiagge ricoperte di neve invece che palme e sabbia dorata; quelli che cavalcano col sole di mezzanotte o sotto le luci dell’aurora boreale.

Unstad Beach è la spiaggia per surfisti più a nord del mondo. Prende il nome dalla cittadina vicina, i cui abitanti, sommati alle pecore, si dice non arrivino nemmeno alla metà degli sportivi che si riversano qui ogni inverno. Come funziona l’Arctic Surf? Esattamente come quello tradizionale; la differenza la fanno i guanti e una speciale muta termica che mantiene costante il calore del corpo e il flusso sanguigno (nei mari artici l’uomo non potrebbe sopravvivere che pochi minuti).

Se vuoi provare, anche in qualità di principiante, a Unstad troverai una vera e propria scuola. Oppure, come noi, puoi limitarti ad osservare questi eroi dell’onda. Sono loro i nuovi Vichinghi.

Una considerazione sul meteo
Il meteo – alle Lofoten ma un po’ in tutta la zona polare – è alquanto ballerino: se l’estate non è affatto garanzia di giornate limpide, figuriamoci l’inverno (cacciatori di aurore mettiamoci il cuore in pace: con il cielo coperto, non vedremo nulla). A questo proposito, mi è rimasta impressa una dedica che ho trovato nel guest book di una rorbu. Scritta in inglese ma firmata da un italiano, diceva più o meno così: “Wind, wind, wind, rain, rain, strong wind, rain, fog, rain, rain, wind, wind, fog, fog, rain. But it’s Lofoten and we loved it! – September 2019”.

A noi è andata piuttosto bene: di giorni come quello descritto (con in più la neve) ne abbiamo trovato uno solo; il resto, a parte un mezzo pomeriggio coperto, sempre cielo terso. Ora, scegliere di fare un viaggio prettamente paesaggistico (o all’insegna della natura, chiamalo come vuoi) e non vedere oltre il proprio naso causa nebbia o neve, o non riuscire a scendere dall’auto per via di una fortissima bora – “in questi casi si deve parcheggiare controvento: un sacco di portiere sono state scardinate nel momento in cui venivano aperte!”, ci ha raccontato una receptionist – è tutt’altro che ideale. Guarda il villaggio di Sakrisøy ad esempio: la foto di copertina l’ho scattata con un cielo senza nuvole; quella qui sotto qualche ora più tardi, alle prime gocce di pioggia. E’ sparito qualcosa, giusto?

lofoten in inverno

Poco dopo la nebbia si sarebbe infittita e le case, nonostante la loro tinta accesa, avrebbero fatto la stessa fine della montagna. Per questo non sono d’accordo con la retorica del ‘basta esserci’; il maltempo può rovinare seriamente la tua esperienza. Che fare allora? Nulla, del resto al meteo non si comanda. Valuta però bene – specie se viaggi in inverno e hai pochi giorni a disposizione – se sei pronto a fare i conti con le intemperie e, non da ultimo, se te la senti di guidare con neve e vento. E poi incrocia le dita: col cielo limpido, il tuo viaggio sarà splendido.

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