Quanti sono d’accordo con questa affermazione? Già immagino tante mani alzate. Perchè vuoi mettere la sensazione di puro piacere che ti dà una pralina che si scioglie in bocca? O il primo sorso di una birra ghiacciata? Antidoti contro la tristezza, comfort-food per alcuni (senza esagerare, mi raccomando!), in Belgio, cioccolato e birra vengono elevati a un livello tutto nuovo. Rappresentano una parte così significativa del patrimonio storico-culturale del Paese che, durante la pandemia, sono stati dichiarati entrambi beni essenziali: negozi di cioccolatini e beershop sono rimasti aperti persino in lockdown! Ma come approcciarsi a questi due (immensi!) mondi gastronomici in vista di un viaggio in Belgio? Qui di seguito, info, suggerimenti e indirizzi.
Il Cioccolato
I fiamminghi ne mangiano 6kg l’anno a testa. Troppi? Forse nemmeno poi così tanti se consideriamo che quello belga è da molti considerato il migliore cioccolato al mondo. Il Belgian Chocolate Code, garante della qualità, ne spiega le ragioni, riconducibili a tre fattori: la materia prima, ossia fave di cacao selezionatissime; la lavorazione, che prevede l’impiego del burro di cacao in purezza (e non parzialmente rimpiazzato da grassi vegetali); e infine, la struttura, finissima e ricercata.
La passione del Belgio per il cioccolato ha radici lontanissime nel tempo e nello spazio: i primi approvvigionamenti di cacao risalgono al 1800 e provengono dalla RDC (Repubblica Democratica del Congo), colonia belga sino al 1960. Attualmente, il Paese conta oltre 260.000 produttori tra laboratori artigianali e grandi aziende, e ospita alcune tra le principali fiere di settore, nonché la più grande fabbrica di cioccolato del mondo, la Callebaut, nella città di Wieze.
Sapevi che proprio al Belgio si deve l’invenzione della pralina? La prima è stata venduta a Bruxelles… in una farmacia! Pare infatti che nel 1857, tale Jean Neuhaus, ebbe l’idea di ricoprire con un sottile strato di cioccolato le sue pillole amare perché, come dirà anni dopo Mary Poppins, “basta un poco di zucchero…”. Circa mezzo secolo più tardi, il nipote riprese la genialata dello zio, andando però a sostituire la medicina con un ripieno dolce e morbido: diverrà il capostipite di una delle maggiori aziende cioccolatiere del Paese, sulla cresta dell’onda ancora oggi.
Oltre a Neuhaus, tra i brand più noti del Belgio figurano Leonidas, Côte d’Or, Belcolade e Godiva (celebri le sue fragole rivestite di cioccolato!) ma… perché non lasciarsi guidare esclusivamente dai sensi? Passeggiando per le stradine di Bruges, ad esempio, ti verrà voglia di entrare in una cioccolateria più o meno ogni due minuti (sì, ce ne sono davvero così tante!), attirata non solo dai profumi ma anche dalle splendide vetrine. Luccicanti e preziose come gioiellerie, espongono una quantità inverosimile di tavolette, cioccolatini farciti con le creme più diverse, orangette e citronette, tartufi, manon, praline, animaletti fondenti, scarpine al latte, santi patroni (!) nocciolati. Il marchio, insomma, passerà in secondo piano! Molto carino il punto vendita di Dumon (Eiemarkt, 6): piccino, col tipico frontone fiammingo. Come uscito da una fiaba, col suo color biscotto sembra una casetta di pan di zenzero e ben si adatta all’atmosfera dolce e romantica della città.
La Birra
Anche in questo caso, inizio con qualche numero: il Belgio conta circa 11 milioni di abitanti, ha una superficie poco superiore alla Sicilia e… circa 1500 varietà di birra. Propone insomma un’offerta brassicola senza pari in quanto a gradazione, profumo, colorazione e, naturalmente, gusto.
Di lunga data è il legame che unisce la birra al Paese: sin dal Medioevo, la produzione era appannaggio di monasteri e abbazie e fu proprio a partire da allora che la bevanda ambrata raggiunse la bocca di tutti. Era l’epoca delle grandi epidemie – dalla peste al colera – e la birra, bollita e fermentata, era di gran lunga più salutare dell’acqua (un simile aneddoto l’ho sentito anche a Copenhagen: del resto, accadeva lo stesso nell’Europa meridionale, però con il vino!). Sopravvissuta ai secoli e alle guerre, la produzione della birra raggiunge i giorni nostri: nel 2016, l’Unesco dichiara la birra belga patrimonio dell’umanità.
Come destreggiarsi a fronte di una scelta così ampia? Sebbene le principali categorie di birra siano tre
– Ale, ad alta fermentazione (ossia con lieviti che lavorano ad alte temperature)
– Lager, a bassa fermentazione
– Lambic, a fermentazione spontanea (dunque senza lieviti),
a ciascuna di esse sono ascrivibili decine e decine di stili diversi, che si differenziano per una serie di proprietà organolettiche determinate dal metodo di lavorazione, dagli ingredienti utilizzati e persino dalle condizioni climatiche della zona. Il discorso è insomma estremamente complesso, per questo mi limito a suggerirti due assaggi in particolare:
# Le Trappiste. Sono birre artigianali ad alta fermentazione, prodotte dai monaci all’interno dei loro monasteri. Non filtrate, proseguono la loro maturazione una volta in bottiglia e hanno una gradazione alcolica del 6-12%, dunque piuttosto alta. Sono solitamente scure e vanno servite in coppe larghe e tondeggianti, le quali fanno sì che la schiuma liberi al meglio il proprio aroma.
Perché te le suggerisco: Dei circa 170 monasteri trappisti esistenti al mondo, solo una dozzina continua a realizzare birra. La metà di essi si trova in Belgio! Se vuoi assaggiare le loro produzioni – i proventi della vendita andranno al rispettivo ordine religioso – i brand sono i seguenti: Achel, Chimay, Orval, Rochefort, Westmalle e Westvleteren. In particolare, la Westvleteren 12 (Alc.10.2% vol.) è da molti considerata nientemeno che la miglior birra al mondo. Ha un bouquet di aromi incredibile (caramello, caffè, vaniglia, miele) ed è piuttosto difficile da reperire in quanto la sua produzione è molto limitata. Il prezzo alla bottiglia non è di conseguenza irrisorio; una 33cl può arrivare a costare fino a 20 euro. Tuttavia, ne vale la pena: sorseggiare per credere!
Attenzione a non confondere le birre trappiste con quelle di abbazia. Queste ultime non sono prodotte dai monaci bensì da birrifici industriali, ai quali è stato concesso l’utilizzo di un’antica ricetta o il nome di un’abbazia ormai in disuso (è il caso della nota birra Leffe).
# Le Lambic. Rese particolarmente secche e acidule dalla loro fermentazione priva di lieviti, queste birre ben si prestano a essere addolcite non solo con gli zuccheri ma anche con la frutta fresca (lampone, ciliegia, pompelmo, pesca..). Hanno una gradazione media, solitamente compresa tra il 5% e l’8%.
Perché te le suggerisco: Sono tipicamente belghe, anzi fiamminghe. Per il loro gusto dolce e fruttato, sono ritenute molto indicate per il palato femminile e dunque potrebbero risultare interessanti anche a chi non beve abitualmente birra. (A me, però, non sono piaciute: sono fan delle IPA, tutt’altro genere e decisamente più ‘maschile’).
Se vuoi saperne di più sul mondo brassicolo (per me molto più affascinante di quello del cioccolato), numerosi sono i birrifici aperti al pubblico: a Bruges ad esempio c’è lo storico De Halve Maan, di proprietà della famiglia Maes sin dal 1856. La birra qui prodotta è la Brugse Zot, un’ale che riconoscerai grazie alla caratteristica etichetta col matto (zot). Per trovare il tuo brand preferito puoi optare per un classico pub crawl – perfetto in una città universitaria come Gent – oppure andare alla ricerca di locali che offrono degustazioni, come il minuscolo Bieratelier di Bruges che, in un sol colpo, ti fa provare ben 12 birre (✓fatto!). Da visitare anche i numerosi beershop, ottimi per l’acquisto di un souvenir grazie a centinaia di etichette disponibili.
Un’ultima, doverosa chicca: quale potrà mai essere il trait d’union tra cioccolato e birra? Ma la birra al cioccolato, naturalmente! Non è un’esclusiva belga (l’avevo già incontrata a Modica, in Sicilia) ma visto che siamo qui, perché no? I marchi che la producono sono più d’uno, ma io ho assaggiato quella di Jean de Bruges, un delizioso negozio di cioccolatini situato nel cuore della città. La sua facciata bianca la trovi al numero 16 di Walstraat.
Alla salute! O come dicono qui, op uw gezonheid!