Le atmosfere romantiche di Bruges, regina delle Fiandre

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Bruges al crepuscolo: riflessi sul Rozenhoedkaai
A metà tra lo storico e l'onirico, un itinerario a piedi

“Le facciate delle case, lungo le vie, accostano sfumature infinite: alcune con l’intonaco verde pallido o coi mattoni dal colore spento, rabboccati di bianco; altre invece sono nere: severi disegni a carboncino, acqueforti bruciate cui rimediano gli inchiostri, compensando i toni vicini un po’ troppo chiari. E comunque, da tutto l’insieme, è sempre il grigio che emana, naviga, propagandosi lungo i muri. Il canto delle campane si tenderebbe a pensarlo nero; invece anch’esso, ovattato e disciolto nello spazio, giunge con un suono ugualmente grigio che si trascina, rimbalza, ondeggia sull’acqua dei canali.

E l’acqua stessa, malgrado tutti i suoi riflessi – angoli di cielo azzurro, tegole dei tetti, neve dei cigni che navigano calmi, verde dei pioppi sulle rive – si fonde in percorsi incolori di silenzio. Si verifica, per un miracolo del clima, una compenetrazione reciproca: una misteriosa alchimia dell’atmosfera neutralizza i colori troppo vivaci, riconducendoli a una uniformità di sogno, a un amalgama di sonnolenza grigia”.

E’ con queste parole che, nel suo struggente romanzo Bruges-La-Morte (1892), Rodenbach descrive la capitale delle Fiandre. Il suo lavoro, un viaggio parallelo nell’animo tormentato del protagonista e dentro la città, ha il pregio di essere corredato da numerose fotografie d’epoca che permettono al lettore di constatare come la Bruges di un tempo non sia poi così diversa da quella odierna. Gli scorci sono gli stessi e l’atmosfera pure: più romantica che mai.

Minnewaterpark e Begijnhof
Da molti considerato la porta di Bruges, il parco del Minnewater è un primo, favoloso approccio alla città. Minnewater significa ‘lago dell’amore’: è un bacino canalizzato che emana un’aura dolce e malinconica, su cui scivolano barchette e coppie di cigni. Nelle sue acque, la Bruges di periferia si sdoppia in quel delizioso gioco di specchi che tanto abbiamo amato a Gent e, un ponte di pietra dopo l’altro, rivela il suo assetto medievale. In lontananza, svetta una guglia appuntita. Prossima a bucare il cielo scuro e gonfio di pioggia, è l’unica minaccia in questo angolo di mondo dove tutto sembra perfetto.

Quasi a ridosso di quest’oasi di pace, il Begijnhof. Originari del Basso Medioevo e del nord Europa (celebre ad esempio quello di Amsterdam), i beghinaggi sono quartieri silenziosi, cinti da mura. Nacquero per ospitare confraternite di donne – le beghine – che, vedove o con i mariti al fronte, sceglievano di ritirarsi dalla mondanità per perseguire una vita più spirituale; laiche, non prendevano i voti ma continuavano anzi a gestire il proprio patrimonio. Spesso pervenuti intatti ai giorni nostri, i beghinaggi sono piccoli quartieri sospesi nel tempo. Quello di Bruges conta una trentina di case: identiche le une alle altre, bianche e modeste, sono disposte intorno a un prato dove lunghi alberi spogli attendono di rifiorire. C’è una chiesa sul fondo: una religiosa ne sguscia fuori veloce. L’ultima beghina se ne è andata nel 1928 e, da allora, il complesso ospita un ordine di suore benedettine.

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Rozenhoedkaai e Burg
Lasciato il beghinaggio, prosegui verso il centro costeggiando i canali: vedrai alcuni degli edifici più rappresentativi della città. Il Sint-Janshospitaal – un palazzone in mattoni, le finestre dall’intelaiatura rosso fuoco – ha quasi un secolo di vita ed è uno degli ospedali più antichi d’Europa. Inizialmente gestito da religiosi, in attività fino al 1978, si è preso cura di malati, pellegrini e mendicanti. Anche la Onze Lieve Vrouwekerk, la Chiesa di Nostra Signora, ha origini medievali, ma al suo interno custodisce un inaspettato tesoro rinascimentale: una Madonna con Bambino scolpita da Michelangelo, oggi nota come ‘Madonna di Bruges’. A lato della chiesa, il suggestivo Bonifaciusbrug, un piccolo ponte in pietra: attraversalo e continua verso il Rozenhoedkaai, il “molo della ghirlanda di rose”. E’ in quest’ansa che si riflette l’essenza di Bruges, che il Medioevo rivive con tutte le sue torri, le sue guglie, le sue case rosse. Spera in una giornata serena, senza vento: il Rozenhoedkaai dà il meglio di sè alle luci del crepuscolo, quando il cielo diventa rosa e nulla turba la quiete delle acque, specchio naturale in cui la bella Bruges si ammira da secoli.

Gira l’angolo: sei nel Burg, il cuore del vecchio borgo. Quella che un tempo era una sorta di fortezza cintata, oggi è una piazza dominata dallo Stadhuis, municipio dalla facciata tutta statue e bassorilievi. La sua imponenza quasi eclissa la Heilig-Bloedbasiliek, la Basilica del Sacro Sangue, come schiacciata in un angolo della piazza. Composta da due edifici distinti, uno superiore e uno inferiore, non ha le sembianze di un tradizionale luogo di culto, ma il suo volto gotico decorato con statue d’oro è bellissimo. Una curiosità: la chiesa superiore custodisce una delle reliquie più importanti della nazione, una fiala in cristallo contenente una pezza bagnata del sangue di Cristo.

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Markt e Beffroi
Era, ed è, la piazza del mercato. Solcando i canali, è qui che confluivano, nel Medioevo prima e nel Rinascimento poi, mercanti provenienti da ogni dove, pronti a scambiare i loro prodotti con il prezioso panno fiammingo. Cuore pulsante della città, ogni mercoledì Markt ospita il mercato settimanale, mentre in inverno si trasforma in un winter wonderland con tanto di pista di pattinaggio sul ghiaccio e stand di dolciumi e decori natalizi. Prima ancora che vestita a festa, vale però la pena vedere questa piazza nell’incredibile bellezza di un giorno qualunque: la fila di casette colorate, i tetti spioventi dai dettagli fiamminghi; i locali gremiti, i boccali di birra dalle forme più diverse che luccicano sui tavoli; e ancora, il profumo dolce dei waffle che permea l’aria, le carrozze ferme, i cavalli in attesa di trasportare il turista dentro una fiaba… E, naturalmente, il Beffroi!

Il Beffroi, la torre civica, è alta 87 metri. Risale al XIII secolo ed è nata come torre di avvistamento. In effetti, ti osserva ovunque tu vada: per quanto riesca a spingerti lontano dal centro storico, ci sarà sempre un punto in cui la vedrai svettare all’orizzonte. Oppure, male che vada la sentirai: al suo interno c’è infatti un carillon dotato di 47 campane che, quando in funzione, risuonano per tutta la città. Sul Beffroi puoi anche salirci, se hai voglia di affrontare 366 gradini. Io non l’ho fatto: ho preferito stamparmelo nella mente così, come un gigante da guardare dal basso, guardiano di quella piazza che non esito a definire tra le più belle del mondo.

Jan van Eyckplein e i Molen
Lasciamo ora il centro città e puntiamo verso nord. Superiamo quella deliziosa cioccolateria che sembra una casetta di pan di zenzero e arriviamo a Jan van Eyckplein, una piazzetta più tranquilla, piccina. L’architettura che la incornicia è sempre squisitamente belga, ma a renderla preziosa è la veduta sul canale Spiegelrei, che scorre alle spalle del monumento dedicato a Van Eyck. Maestro indiscusso tra i Primitivi Fiamminghi, Van Eyck visse proprio qui accanto, al numero 6 di Gouden Handstraat: estremamente prolifico, noi italiani lo ricordiamo in modo particolare per il Ritratto dei Coniugi Arnolfini (1434), un enigmatico olio attualmente conservato nella National Gallery di Londra.

A questo punto, puoi spingerti sin dove correvano le antiche mura della città: andate distrutte, al loro posto si trovano quattro mulini a vento costruiti su altrettante collinette erbose. Non sono pittoreschi come quelli olandesi e a, dir la verità, spezzano un po’ l’incanto medievale di Bruges. Ma è valsa la pena arrivare fin qui non fosse che per il piccolo dedalo che abbiamo attraversato. Dopo piazza Van Eyck, infatti, la folla diminuisce sensibilmente e la città torna ad essere a misura d’uomo. Le strade si fanno silenziose ma non troppo: quel tanto che basta per sentire il rumore dei propri passi sul lastricato, lo starnazzare di un germano reale che si tuffa in acqua, l’incalzare di una calesse lontano, i frammenti di una lingua sconosciuta che penetrano dalle finestre. Non è difficile, in questo contesto, immaginare mercanti a caccia d’affari o pittori in cerca della luce migliore: che spettacolo Bruges!

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Bruges-La-Morte (1892) è un romanzo edito in Italia da Fazi Editore (se parli il francese, ti consiglio però di leggerlo in lingua originale per meglio coglierne le sfumature linguistiche). Autore decadente quasi sconosciuto, Georges Rodenbach è nato in Belgio nel 1855 e, dal 1898, riposa nel cimitero di Père-Lachaise a Parigi, dove ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua breve vita.

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